A partire dallo scorso mese di marzo l’homo sapiens ha perso il titolo di entità più intelligente presente sul pianeta Terra. A detenere quel titolo, adesso, è il server su cui gira il software di AI, intelligenza artificiale, ChatGPT versione 4.5. A sostenerlo (pur mantenendo il giusto distacco scientifico) sono due esponenti del Dipartimento di scienze cognitive dell’università della California a San Diego, Cameron R. Jones e Benjamin K. Bergen. Hanno sottoposto al test di Turing vari software, tra cui diverse versioni di ChatGPT, insieme ad alcune persone. Poi hanno fatto analizzare i risultati ad altri esseri umani.
E una delle macchine ha dato risposte decisamente più umane rispetto a tutti gli umani partecipanti. Poiché questi risultati erano quantomeno sorprendenti, i due ricercatori hanno ripetuto il test. Volevano verificare che non ci fossero errori, o distorsioni di qualche tipo. Non ce n’erano.
Il 73% delle volte una macchina ha convinto gli esaminatori di parlare come un umano, più volte delle altre macchine e, soprattutto, più volte degli altri umani coinvolti nell’esperimento. I due docenti di San Diego hanno pubblicato il loro studio sul sito web ArXiv, al link https://arxiv.org/pdf/2503.23674. Il documento è in inglese. In italiano lo ha sintetizzato Kiro sul sito web MelaMorsicata, al link https://www.melamorsicata.it/2025/04/03/chatgpt45-supera-test-turing/. Il test di Turing, in sintesi, mette in relazione un esaminatore e due soggetti, uno umano e uno meccanico. L’esaminatore non vede i soggetti, e può fare domande; sulla base delle risposte è chiamato a stabilire chi è l’umano tra i 2.
Negli anni ’50 del ’900, ai tempi dello stesso Alan Turing, i test duravano pochi minuti, perché si capiva subito dove fosse la macchina. Nei decenni successivi è diventato più complicato, nel senso che il numero delle domande necessarie è aumentato con il miglioramento della capacità di calcolo dei computer. Dopo alcune centinaia di domande, per porre le quali erano necessari almeno diversi giorni, non sempre gli esaminatori riuscivano a stabilire dove fosse la macchina. Significava che la macchina si era dimostrata intelligente? Forse sì, visto che non era stata scoperta. Ma forse no: un umano esaurito fisicamente è diverso da un umano sconfitto. La macchina era riuscita a eludere più che a convincere.
Ma dopo quello che è successo a San Diego, i dubbi sull’effettiva acquisizione dell’intelligenza da parte delle macchine… be’, aumentano. ChatGpt non si limita a eludere tirandola in lungo, bensì convince in tempi ragionevoli. Che poi si trattasse soltanto di intelligenza. Ma come la mettiamo con l’autocoscienza? Cioè, si può essere intelligenti senza avere coscienza di sé?
Sul nostro pianeta ci sono numerosi esempi di animali che dimostrano coscienza di sé (magari difendendosi furiosamente quando subiscono attacchi fisici) pur senza sembrare granché intelligenti. Noi umani, se abbiamo capito bene, abbiamo entrambe le doti: siamo intelligenti e abbiamo autocoscienza. Com’è la questione, per queste macchine che sono in grado di imitare le manifestazioni dell’intelligenza? È interessante questo mondo, in cui le domande sono più delle risposte.