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I greci usavano due parole per indicare il tempo: aion e kronos. L’aion (ciò che è sempre) indica la durata. Il tempo è vita che ci accompagna, ci sostiene, incessante come il battito del cuore, sempre lo stesso tam tam tam. Stella polare che ritroviamo in alto la sera, sempre lì, come il volto familiare del cielo stellato che accompagna il navigante. Regolare, come il sole che sorge al mattino, la primavera nell’anno, il calendario con gli stessi santi che aggiorniamo per i nostri appuntamenti.

Lo rappresentavano nei miti, come un serpente, a spire, la testa che si morde la coda, la cui pelle muta rimanendo sé stesso. Lo vedevano nei segni zodiacali che si susseguono, nel fiume che scorre e trascina (Eraclito), luna nuova che succede alla piena. “Il tempo tutto toglie, tutto dà”, afferma Giordano Bruno, mutazione incessante, “eguagliamento”, “io che sono nella notte aspetto il giorno”. Come il cervo che perde le corna all’arrivo dell’inverno e che poi rinascono al comparire dell’estate.  “Tutto va, tutto ritorna” diceva Nietzsche, “umori e capovolgimento di umori”.

Il tempo è una catena, un legame che unisce, e l’insieme acquista senso. L’orizzonte che resta anche se noi ci spostiamo, come l’Oceano che circonda la terra, grembo che tutto abbraccia. Tutto si tiene, tutto dentro come nel presepio: non solo Maria, Giuseppe e il bimbo, ma insieme i pastori, gli angeli, i magi che stanno per arrivare, le case dove la gente continua a vivere e lavorare, il castello di Erode dove si trama, la cometa in cielo e gli angeli che cantano “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”.

Il tempo è ruota che gira, uguale, ogni punto alla stessa distanza, in tondo. E’ la verità che rimane nonostante le intemperie, come la logica di Hegel, il principio di non contraddizione di Aristotele, l’essere è e il non essere non è. L’Essere, diceva Leibniz, e non il Nulla. La Verità rimane; non vera in un certo momento e falsa in un altro; altrimenti è opinione, che sono tante e passano; verità incontestabile come la matematica con i suoi principi evidenti, il triangolo con i tre lati, i tre angoli la cui somma è 180°.

Gli antichi vedevano il tempo nel fanciullo che gioca sulla riva del mare, avanti e indietro con il suo secchiello a rinforzare il muro del castello di sabbia contro l’onda incessante che lo minaccia.

Poi c’è il kronos, da kràino (compiere) perciò la parola crinale che una volta raggiunto si è dall’altra parte. E’ il momento della scelta perché i tempi sono maturi. Gli antichi lo rappresentavano come una bilancia, in equilibrio precario, come la giustizia che viene e chiede il conto.

Il tempo crea e distrugge, oppure porta l’inaspettato, mette in luce come gli scavi di Pompei.

Non è più rappresentato nel cerchio ma nella linea, che ha una direzione. Il tempo irrompe come il Messia. Il cristiano guarda avanti con speranza, attende il tempo della parusia. Benjamin lo sentiva con orrore, come nel dipinto di Klee, dell’angelo dalle ali spiegate e la faccia rivolta al passato da cui si ritrae inorridito ma inesorabilmente spinto verso il futuro. “All’ascesa di Hitler che futuro ci aspetterà?” si chiedeva Benjamin.

Il tempo è misura, l’orologio, il numero che misura le quantità. Nella società tecnologica serve per programmare o sincronizzare, con il consumismo serve ad accumulare.

Mentre gli dei sono sempre là, l’uomo è creatura d’un giorno. Nasciamo nella parola e abbiamo bisogno di parole. Noi chiamati rispondiamo. La parola è un dono, il linguaggio lo troviamo, non lo inventiamo. Con il linguaggio ci esprimiamo, comprendiamo e siamo compresi.

Noi esseri finiti, distinti tra distinti. Il tempo ci separa e sentiamo la separazione, la lacerazione, io e tu, il giovane e il vecchio, l’amico e il nemico, la morte e la vita, l’inizio e la fine.

L’adesso divide ciò che era da ciò che sarà. Per i greci è il nùn, l’istante, l’ora che può essere favorevole o fatale. E’ il venire al mondo del neonato che con l’urlo chiede spazio; è la fine che il moribondo invoca e porta a maturazione.  “Tutto è compiuto” dice Gesù in croce. “Requiescat in pace” si recita davanti al defunto.

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