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A las cinco de la tarde.
Eran las cinco en punto de la tarde.
Un niño trajo la blanca sábana
a las cinco de la tarde.
Una espuerta de cal ya prevenida
a las cinco de la tarde.
Lo demás era muerte y sólo muerte
a las cinco de la tarde.

(Alle cinque della sera. / Eran le cinque in punto della sera. / Un bambino portò il lenzuolo bianco / alle cinque della sera. / Una sporta di calce già pronta / alle cinque della sera. / Il resto era morte e solo morte / alle cinque della sera.) Testo completo

E’ il 1935, Federico Garcia Lorca, giovane ma già affermato poeta spagnolo, scrive un Llanto, un’orazione funebre, per l’amico Ignazio Sanchez Mejias, ucciso da un toro nell’arena di Manzanares, “a las cinco de la tarde“. Pochi mesi dopo, nel 1936, scoppia la guerra civile, F.G. Lorca rifiuta l’asilo offerto da Colombia e Messico per restare nella sua Spagna a sostenere la repubblica contro i falangisti di Francisco Franco.

Rilascia un’ultima intervista, al “Sol” di Madrid: “Io sono uno Spagnolo integrale e mi sarebbe impossibile vivere fuori dai miei limiti geografici; però odio chi è Spagnolo per essere Spagnolo e nient’altro, io sono fratello di tutti e trovo esecrando l’uomo che si sacrifica per una idea nazionalista, astratta, per il solo fatto di amare la propria Patria con la benda sugli occhi. Il Cinese buono lo sento più prossimo dello spagnolo malvagio. Canto la Spagna e la sento fino al midollo, ma prima viene che sono uomo del Mondo e fratello di tutti. Per questo non credo alla frontiera politica.

Troppo. Nell’agosto del 1936 viene rapito a Granada dalle squadre falangiste e all’alba del 19 agosto, a soli 38 anni, viene ucciso. Il suo corpo non è più stato ritrovato. Due le colpe, intollerabili ed imperdonabili agli occhi ciechi iniettati di estremismo nazionalista dei falangisti: di essere socialista e di “praticare l’omosessualità e altre aberrazioni“.

Non si sa a che ora morì, non erano “las cinco de la tarde” e probabilmente nemmeno “de la mañana“. Ma si sa che non c’è un’ora buona per morire, tanto più per le idee e per gli orientamenti sessuali. Scriverà Pablo Neruda: “L’assassinio di Federico fu per me l’avvenimento più doloroso di un lungo combattimento. La Spagna è sempre stata un campo di gladiatori; una terra con molto sangue. L’arena, con il suo sacrificio e la sua crudele eleganza, ripete l’antica lotta mortale fra l’ombra e la luce”.

Nell’arena ci siamo noi…

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