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Dopo la numerosa partecipazione e una vera e propria standing ovation per l’artista che ha aperto sabato 25 settembre la International Organ Concert Series, prosegue il 3 ottobre il festival che ospita grandi nomi internazionali e giovani fuoriclasse all’organo inglese costruito nel 1911 dalla Lewis&Co. ed oggi situato nella casa natale di Papa Giovanni XXIII a Sotto il Monte, paese in cui nacque Angelo Giuseppe Roncalli nel 1881. Ne parliamo con il direttore artistico e promotore dell’iniziativa Fabio Amigoni. L’ingresso è libero. Consigliabile la prenotazione chiamando il Pontificio Istituto Missioni Estere di Sotto il Monte Giovanni XXIII o consultando il sito internet dedicato all’organo.

Si riparte con una nuova edizione e verosimilmente con il pubblico presente.

«Sì, è l’augurio che tutti ci facciamo. Senza il pubblico, inutile negarlo, anche la musica dal vivo ha un sapore diverso. Inizialmente la Concert Series era stata calendarizzata in primavera, come nostro solito, salvo poi, concordemente con gli artisti per via delle condizioni sanitarie imposte dalla pandemia, optare per un periodo diverso e certamente più favorevole alla presenza del pubblico e allo strumento come l’autunno. Ma non vediamo l’ora che di poter riprendere con la primavera del 2022: sarà il segno di un felice ed agognato ritorno alla normalità. Ci dispiace invece che l’edizione della storica Rassegna dell’Isola – con cui da anni condividiamo l’appuntamento di settembre – non si tenga quest’anno per vari motivi, ma siamo grati a PromoIsola, come soprattutto all’Amministrazione comunale di Sotto il Monte, del loro supporto. È un importante riconoscimento della qualità di questo percorso.»

Cosa caratterizza questo Festival?

«In primis la qualità, sia degli artisti che soprattutto dello strumento; sono due elementi che vanno necessariamente insieme. In secondo luogo, un’attenzione esclusiva al talento, sia nei giovani che in artisti talvolta, purtroppo, poco conosciuti dal pubblico italiano, come nel caso di quest’anno con lo straordinario Nathan Laube o come fu con Thomas Ospital prima della sua nomina a Saint-Eustache. Anche lo scorso anno abbiamo invitato due giovani sensazionali, uno dei quali – l’americano Mitchell Miller – ha vinto pochi mesi fa uno dei più importanti concorsi mondiali, St Albans. È davvero bello e soddisfacente.»

Veniamo allo strumento, un’opera proveniente da oltre Manica. Cosa lo rende così speciale?

«Parliamo di uno strumento estremamente caratteristico, per almeno due ragioni: è figlio di una tradizione molto differente rispetto a quella degli organi italiani e non solo, che concepisce l’organo in modo davvero orchestrale. Potremmo dire, è la differenza che passa tra un’orchestra e una banda. Inoltre, questo strumento venne costruito da uno dei massimi esponenti dell’arte organaria britannica di epoca vittoriana – Thomas Christopher Lewis –, la cui eccellenza tonale è facilmente riscontrabile nella brillantezza di suono dei numerosi fondi così come negli splendidi registri coloristici, d’insieme e di assolo. Una bellezza ed una grandiosità di effetto davvero squisiti. Di qui l’idea di dotare la nostra Provincia, terra dei Serassi, dei Bossi e con uno straordinario patrimonio storico, di un organo di eccellenza internazionale, anche nell’esecuzione del più vasto repertorio.»

Una curiosità: cosa pensano gli artisti arrivati in Italia nel suonare su uno strumento inglese?

«Per molti aspetti sono sorpresi, e in modo estremamente positivo. Vedono concretamente l’immagine di un’Italia viva, meno rivolta su se stessa e non così conservatrice come spesso si immaginano. Poi scoprono uno strumento che ha personalità e qualità, due caratteristiche non di poco conto; tu racconti loro l’idea conduttrice di questo progetto – che, in controtendenza rispetto a quanto spesso oggigiorno avviene, non è dettata da mere questioni di mercato per cui all’estero si comprano a prezzi d’occasione strumenti di ogni sorta – ed essi vi scorgono la passione più genuina che anima tutto questo. Le stesse recensioni del CD di Colin Walsh – uno dei massimi organisti britannici nel mondo – sulle più autorevoli riviste straniere di settore sono il miglior tributo a questo lavoro di ripristino e salvaguardia di un patrimonio unico. Certo, poi paradossalmente desta una certa impressione quando dei giovani musicisti, provenienti dai massimi centri di formazione europei e con una varia gamma di strumenti a disposizione su cui crescere, ti dicono ‘chissà quanti studenti verranno qui a studiare’, decisamente sorpresi che nessuno lo faccia. Fingiamo di domandarcelo anche noi e di non avere una risposta… Ciò dovrebbe far riflettere, molto.»

L’edizione di quest’anno si conferma ancora una volta degna delle migliori attese…

«Faccio una premessa: finalmente! Tutti loro avevano già il nostro invito in edizioni precedenti, ma per diversi motivi, tra cui la pandemia, abbiamo sempre dovuto rimandare. Stiamo parlando di tre formidabili interpreti che non solo hanno già ottenuto prestigiosi incarichi e si sono ampiamente distinti nell’universo del concertismo, ma che certamente saranno i primissimi protagonisti del panorama organistico del prossimo futuro.»

Ha paerto il festival l’organista francese Marle-Ouvrard sabato 25 settembre…

«Organista titolare della chiesa di Saint-Eustache a Parigi dal 2015 insieme con Thomas Ospital, succedendo al celebre Jean Guillou, Marle-Ouvrard è conosciuto per l’eccezionale dimestichezza nell’arte creativa dell’improvvisazione e per il suo eclettismo musicale. Eppure, chi lo ha sentito suonare soprattutto all’organo della chiesa di St Vincent-de-Paul di Clichy-la-Garenne lo apprezza ancor più nelle vesti di interprete: raffinato, con una poesia intensa soprattutto nel repertorio romantico e tardo-romantico. Anche per questo gli abbiamo chiesto un programma all’insegna dei grandi autori francesi – come Franck, Widor e Vierne –, arricchito da una curiosa proposta come lo Scherzando de Concert di Gabriel Pierné, un compositore purtroppo raramente eseguito in concerto; un programma accattivante che sicuramente ben si sposa con l’estetica dello strumento.»

Il secondo appuntamento sull’organo Lewis, domenica 3 ottobre con l’americano Nathan Laube.

«Un talento smisurato e soprattutto uno di questi musicisti che, oltre ad una sensazionale maestria tecnica, mostrano un bagaglio culturale ed una curiosità davvero importanti. Stiamo parlando di un artista che già da almeno un decennio è la massima espressione dell’American Guild of Organists, con un curriculum di prim’ordine e con una naturalezza ed una profondità musicale che destano impressione. Un aneddoto: quando nel 2016 inaugurò il celeberrimo Harrison&Harrison del King’s College di Cambridge venni sommerso da messaggi di importanti amici organisti ed appassionati lì presenti che mi dissero di invitarlo quanto prima. Ci sono voluti cinque anni perché le nostre strade si incrociassero, ma oggi abbiamo il privilegio di regalare al nostro pubblico questo straordinario virtuoso e una performance che sarà sicuramente di grande caratura; tra l’altro Nathan Laube, oltre ad essere anche un ottimo pedagogo – successore di Lohmann alla Hochschule di Stoccarda –, è un finissimo trascrittore. Sarà una serata formidabile.»

Gran finale da uno dei luoghi simbolo del Regno Unito, Westminster Abbey.

«Abbiamo il gran piacere e l’onore di presentare al pubblico italiano per la prima volta Peter Holder, classe novantuno e certamente uno dei più talentuosi organisti inglesi della nuova generazione. La nomina a Sub-Organist dell’Abbazia di Westminster ad ottobre 2017, dopo aver ricoperto dal 2014 l’incarico presso la Cattedrale di St Paul, è la conferma di una straordinaria carriera iniziata presso altri rilevanti centri britannici della musica quali la Cattedrale di St Albans, Southwell Minster e il Royal Hospital Chelsea. Non ricopri certe posizioni di prestigio mondiale a trent’anni, tra tanta competizione, se non hai determinate qualità. Dispiace che siano rare le opportunità di ospitare in concerto interpreti di questo calibro – come lo stesso Daniel Cook, nostro ospite nel 2017 – per via del grande impegno quotidiano che svolgono in questi grandi centri della musica; come dispiace il fatto stesso, ad essere sinceri, che siano poco conosciuti al pubblico italiano un po’ più sensibile ad altre mode o provenienze. Chi conosce il mondo musicale inglese, sa benissimo quanta vitalità, quanta qualità vi siano e quanti giovanissimi eccellenti e di livello, pur senza etichette o palmarès, già si esibiscano regolarmente nei principali centri della musica. È questa la bellezza che al nostro Festival piace scoprire e valorizzare.»

Qualche anticipazione sulle prossime proposte.

«Anzitutto qualcosa a cui tengo molto per tante ragioni: la seconda registrazione di Colin Walsh, un amico ed un estimatore di questo progetto, che eseguirà due capolavori, due pietre miliari del repertorio per organo: una bella sfida. Poi l’edizione del 2022 con una grandissima interprete e la solita attenzione ai giovani emergenti.»

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