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Chi è Karl Rahner?
E’ stato un influente teologo del Concilio. Tedesco, la sua biografia (1904-1984) percorre il Novecento. L’opera che lo impone è Uditori della parola (1941) in cui riprende lezioni svolte di Filosofia della religione.

Come si colloca l’opera nella teologia del tempo?
Allora la teologia partiva da un capitolo detto Apologetica in cui si discuteva la legittimità di riconoscere Dio attraverso prove, sulla scia delle celebri Cinque vie di S. Tommaso d’Aquino. Si passava poi alla demonstratio christiana, o giustificazione della fede in Gesù di Nazareth, centro della Rivelazione di Dio. Si concludeva mostrando le credenziali che la Chiesa Cattolica aveva di essere depositaria dell’insegnamento di Dio e di Cristo nei riguardi delle altre Religioni e delle altre confessioni cristiane.

Evidentemente tali considerazioni non erano più convincenti all’interno della discussione teologica del tempo. Come si pone il tentativo di Rahner?
Per Rahner più che attenzione alle cose da credere occorre attenzione all’uomo. Parla di potentia oboedientialis di fronte alla Rivelazione: oboedire, in cui è velato il verbo audire (udire), e l’accento è all’ascolto. Nella struttura dell’uomo c’è la capacità di ascolto. L’uomo è spirito (Geist) e vive nella storia. Non può fare a meno della metafisica. E’ l’unico ente in grado di porre la questione sull’Essere. Si pone il perché del perché. “Ogni affermazione che è per un ente determinato si apre sullo sfondo di una precedente conoscenza implicita dell’essere in genere”. E per Rahner l’essere non è un neutro generico, ma il mistero dell’Essere ultimo, o Dio.

E’ chiara la dipendenza filosofica di Rahner da Heidegger. Heidegger in Essere e tempo (1927) aveva posto al centro dell’attenzione filosofica, prima occupata attorno al problema della conoscenza e della coscienza, il tema dell’Essere o tema ontologico.
Sì. Così dice Rahner: l’uomo è aperto a ricevere la comunicazione che l’Essere assoluto fa di sé attraverso la sua parola luminosa, apertura indispensabile perché possa ascoltare tale parola. Tale apertura è il presupposto al nostro interrogarci sulla fede in Cristo. L’uomo è per natura ente aperto ad una possibile Rivelazione. L’uomo non comprende l’essere come estraneo ma è coinvolto in questo essere. Questa apertura condiziona ogni sua conoscenza. Tale apertura all’Essere che è apertura a Dio non è un fatto che può verificarsi qua e là, a suo beneplacito, ma è la condizione che fa essere l’uomo ciò che è ed è sempre presente anche nelle azioni quotidiane.

Senza tale apertura, senza tale domanda sull’Essere, non ci sarebbe Rivelazione
Rahner sottolinea questa possibilità di ascolto della Parola e del silenzio di Dio. Certo, l’uomo è libero di rispondere o meno. Tale apertura è insita nell’uomo e può essere favorita o limitata. A ciò si riconducono le parole di Gesù “chi opera nella verità viene alla luce”. Si aggiunga – altro debito ad Heidegger – la storicità dell’uomo: nella storia l’uomo tende l’orecchio ad una eventuale Rivelazione di Dio come storica è la parola che la esprime.

Su tali considerazioni si spiegano le crescenti obbiezioni, o meglio, accuse che si sollevano da più parti nella Chiesa di oggi che imputano Rahner come responsabile di una deriva nella Chiesa di oggi?
C’è stato un fuoco incrociato su di lui. A lui si imputa la svalutazione della Chiesa, dei sacramenti, della dottrina, lo svuotamento della liturgia, i cambiamenti facili di parole e gesti liturgici. Farebbe credere che il contenuto di fede è legato ad un momento storico, valido ieri ma non oggi, e perciò modificabile. Se la verità della Rivelazione è nella storia e Dio parla nel mondo allora la Chiesa non avrebbe la titolarità nell’annunciare la parola di Dio e quindi non si dovrebbe parlare più di Dio ma la preoccupazione sarebbe solo nel farsi ascoltare dal mondo e quindi nel confondersi col mondo. Essere uomo o donna? Essere giudeo o greco? Essere nato mussulmano o cattolico? Avere una tradizione cattolica o protestante? Tutte domande che passerebbero in secondo ordine, rispetto alla costituzione ontologica dell’uomo, di ogni uomo, essere storico, aperto all’Essere.

Che critica si può fare all’impianto filosofico di Rahner?
Aristotele che parlava di potenza e atto avrebbe obiettato: capisco il vedere dall’atto di vedere, ma come capisco la Rivelazione senza l’atto che mi dice la Rivelazione? Oppure l’altro grande teologo del ‘900, il protestante Karl Barth avrebbe detto a Rahner: tu dici che l’uomo ha lo sguardo diretto alla possibile Rivelazione, ma la Rivelazione non è Rivelazione se non è totalmente inattesa. Inoltre ogni attesa è già una manipolazione dell’uomo e perciò una forma di idolatria.


A cura di Mauro Malighetti, da una lezione di Giovanni Salmieri  del 16/4/2020 (il link)

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