Biondi immobiliare

L’istinto imprenditoriale viaggia sempre con un pizzico di sana incoscienza che porta a non considerare tutti i rischi connessi ad un’attività. A maggior ragione se si decide di aprire un negozio nel cuore piacentiniano di Bergamo nel bel mezzo della crisi quando tutti professano di starsene a bocce ferme. Laura Natali, invece, ferma non è stata e nel 2009 ha inaugurato l’omonima boutique in via Monte Grappa 5 a Bergamo, sul “retro” dei portici del Sentierone. Un passo in avanti dopo l’outlet a pochi metri di distanza, in via Zelasco. La prima novità, che ha un po’ scompigliato le carte nelle abitudini commerciali della zona, sono state le aperture in pausa pranzo. Mossa astuta che le ha permesso di intercettare notai, avvocati, commercialiste, bancarie e segretarie che ruotano lungo via XX Settembre e dintorni. “Mangiano e poi vengono a vestirsi, a praticare un po’ di shopping therapy, ad abbigliare la loro femminilità, a sentirsi donne”. Mentre parla il portatile sul banco “pompa” “The River” di Bruce Springsteen. “Mi rilassa – dice  – E’ una voce che mette a proprio agio”. Un po’ come la sua: competente senza superbia e accogliente senza soffocare. Dove nove anni prima c’era una jeanseria e un bookshop giuridico, adesso sono le vetrine di Laura Natali ad irretire i passanti in un centinaio di metri quadrati di squisita raffinatezza declinata in tessuti, cromatismi e naturalmente impeccabili façon. Il valore aggiunto è dato dal suo brand con cui “tagga” pull e giacche: invenzioni di Laura Natali introvabili nei latifondi dell’abbigliamento di Amancio Ortega e Erling Persson e che non hanno nulla da invidiare ai paradisi elitari delle grandi griffe. Laura Natali non vende solo abiti femminili bensì introduce alla maieutica dello stile. Non è tanto la maison che conta quanto la vestibilità del capo: “L’abito è un’emozione che vuole raccontarsi”. Forse sta in questo, ovviamente insieme al tanto lavoro, a un know-how allenato e al coraggio della sperimentazione, il segreto di un successo cristallino. Complici sono le sue “bambine”, commesse “veramente dedite al lavoro che svolgono con tanta passione con un modo discreto di accogliere”.  Le clienti di Laura Natali vanno dai 35 anni in su in prevalenza bergamasche. Ma ci sono anche eccezioni che danno una sferzata di appagamento alla professione. “Penso a quelle due giovani che volevano un guizzo di eleganza per la discussione della tesi di laurea. Oppure a quel gruppetto di donne belghe che due volte all’anno fanno capolino nel mio negozio”. Cosa indosso? Cosa mi consigli? Con cosa abbino questa gonna? Sono i dilemmi quotidiani che Laura Natali è chiamata a sbrogliare. Nell’antica Grecia c’erano gli oracoli, sul Sentierone c’è Laura Natali con i suoi vaticini discreti che rifuggono ricette di un abbigliamento sfacciato. Nel vestire ci sono due regole. La prima segue l’istinto. La seconda è un precetto anglosassone preso a prestito dall’architettura: “less is more”. “Non si deve  perseguire l’opulenza e la complessità nel vestire. Al contrario, il miglior risultato, si ottiene ispirandosi al concetto dell’essenzialità”. Nel futuro immagina di aprire un negozio a Londra in un quartiere come Chelsea, Belgravia oppure Pimlico. “Non che sogni di vestire la regina bensì le persone normali che vogliono ben figurare”. Mentre racconta “prossime incoscienze” controlla sul tablet il suo profilo Instagram. “L’aggiornamento del social è la prima cosa che faccio la mattina presto quanto so che le mie potenziali clienti stanno facendo colazione. Posto fotografie dei nuovi arrivi, di nuove creazioni. Potrebbe sembrare un passatempo da ragazzine, ma ha la sua efficacia. Sa quante donne arrivano in negozio e mi indicano sullo smartphone un abito postato?”. Cosa impensabili quando aveva 14 anni e cominciava a lavorare come apprendista nella Boutique Moretti a Spirano. Di giorno in negozio e di sera composta sui banchi del “Vittorio Emanuele” per prendere il diploma in ragioneria. “Perchè alla sapienza dei tessuti occorre accompagnare l’accortezza dei conti”. Laura Natali sorride, beve il suo caffè amaro e si perde nei suoi pensieri fatti di tweed, spigati d’inverno, lini, ottoman, piqué e plumetis. Dice di essere sposata con il suo lavoro. Non c’è motivo di contraddirla.

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