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Il libro Umano troppo umano (1878) suscitò scandalo (in Russia fu proibito). Fu accusato di tradimento da parte del gruppo di Wagner, punto di riferimento di Nietzsche fino a quel momento. Nietzsche era stato presto riconosciuto come giovane promettente da parte del suo docente R. Richter che lo sostenne a Basilea nell’assegnazione della cattedra per l’insegnamento della Filologia. I suoi filosofi ideali erano Schopenhauer e Wagner: il pessimismo cosmico del primo e il romanticismo decadente del secondo.

Wagner lo coinvolse nell’impresa del teatro di Bayreuth. Con il suo capolavoro La nascita della tragedia (1872) Nietzsche aveva indicato nell’arte l’espressione della verità del mondo. Aveva resuscitato ciò che la cultura classica antica aveva dimenticato: il dionisiaco. Il mondo greco aveva fronteggiato il dolore con coraggio e l’aveva trasformato in bellezza: Apollo e Dioniso insieme. Wagner inaugurò il suo teatro con l’Anello del Nibelungo (1876), metafora del mondo moderno e del capitalismo sfrenato: l’oro corrompe gli dei e porta al crollo di Valhalla.

Nietzsche non vide nessuno dei quattro drammi. Andando per i boschi di Bayreuth stava maturando la svolta di Umano troppo umano con dedica a Voltaire. Nietzsche insistette con l’editore perché il libro uscisse in maggio in coincidenza del centenario della morte del filosofo parigino. La dedica al paladino della ragione non poteva che essere un pugno in faccia al romantico Wagner. L’amico Rohde si dichiarò sconcertato: “Come svestirsi della propria anima e diventare altro?”. Wagner dopo poche righe l’aveva messo da parte. Non gli aveva forse insegnato Schopenhauer che la volontà si serve della ragione per la propria volontà distruttiva?

Lui andava al contrario. Tornava all’uomo primitivo che non è istinto ma giudizio, che valuta, magari sbagliando. Non contro ma con la ragione. L’uomo scientifico non è superato dall’uomo artistico, semmai in continuità. Nietzsche stesso si era ingannato: pensava di incontrare in Wagner un rivoluzionario invece si era trovato con un vecchio compiaciuto, complice di ingiustizie, beneficiato da sovrani e ricchi borghesi.

Nietzsche parlava di prospettive, non di giudizi dall’alto: “Imparare a comprendere la necessaria ingiustizia di ogni pro e contro”. Di Wagner (nella prefazione del 1886) scriveva: “L’uomo che ha dato un linguaggio a tutto ciò che nella natura non aveva ancora potuto parlare è in realtà un romantico disperato diventato marcio”.  “Tornare all’uomo finalmente libero dal bene e dal male, dalla morale e dalla religione”. “C’è bisogno di una nuova chimica delle idee e dei sentimenti, di quelle emozioni che esperimentiamo in noi stessi nel grande e nel piccolo commercio della cultura e della società”.

Non c’è niente di eterno, verità assolute. Si parla di “istinti come fatti immutabili dell’uomo”.  “Non si vuol capire che l’uomo è divenuto, e la facoltà di conoscere pure”. “Un tempo lo spirito umano non era occupato dal pensiero rigoroso ma avvolto dalla forma del simbolo, oggi i nostri sensi sono più spirituali”. “Gli antichi sognando di morti che ritornavano, dovevano tenere a bada quegli spiriti maligni, ma erano un’umanità confusa”.

Nietzsche faceva acute analisi del linguaggio: “L’importanza del linguaggio per lo sviluppo della civiltà è nel fatto che l’uomo pose, mediante il linguaggio, un punto che ritenne così saldo da potere, facendo leva su di esso, sollevare dai cardini il resto del mondo e rendersene signore”. Ancora oggi crediamo che dietro le parole ci siano le cose, come etichette che si appiccicano; crediamo che esse suscitino l’identica reazione. Ma è proprio vero che con la parola fuoco tutti intendiamo la stessa identica cosa? O non c’è forse, dietro questa parola, una diversa storia di rapporto con il fuoco, che viene dall’infanzia, dal contesto di vita, dalle abitudini diverse per ciascuno di noi?

Credendo nei nomi come verità eterne, l’uomo ha acquistato quell’orgoglio con il quale si è innalzato al di sopra dell’animale e di avere nel linguaggio la conoscenza del mondo”. “Oggi balena l’idea che gli uomini con questa fede nel linguaggio siano caduti in un madornale errore”. ”La scienza è sorta sulla fede in cose simili, e ha funzionato; ma cerchi e quadrati non esistono nella realtà”. In ciò Nietzsche ha visto in anticipo.

Epitome della conferenza di Carlo Sini (Misano Adriatico 10 aprile 2015)
cura di Mauro Malighetti

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