“Basta testi sessisti“. Così ha scritto in una lettera qualche giorno fa Gino Cecchettin, padre di Giulia, la giovane studentessa uccisa a novembre 2023 dall’ex fidanzato Filippo Turetta. L’appello era rivolto a musicisti e case discografiche: “Le parole che scegli, i messaggi che trasmetti – scrive Cecchettin – arrivano a migliaia di giovani, e lasciano tracce. Ti invito a considerare la possibilità di lasciare da parte quei contenuti che – consapevolmente o no – possono alimentare una cultura della sopraffazione“. In altre parole il Cecchettin auspica più attenzione da parte degli autori, i quali dovrebbero comporre i testi politicamente corretti, stando attenti a tutte le pluralità da non urtare, e dando anche un occhio a non andare a provocare istinti violentissimi nel profondo dell’animo umano perché nel suo inconscio potrebbe annidarsi un serial killer inconsapevole.
Stando alle parole di Cecchettin dovremmo ripudiare oltre 2.000 anni di storia letteraria e circa un centinaio di storia cinematografica. Dovremmo bandire Da Madame Bovary di Flaubert e Basic Inscist di Verhoeven, o cancellare Sei un mito degli 883. Penso che negli odierni stati di diritto nessuno può limitare la libertà di lavoro altrui nel campo delle arti letterarie cinematografiche o musicali. Lo stato di diritto parte dal presupposto che le responsabilità sono personali e non generalizzate. I delinquenti, i violentatori e gli assassini sono sempre esistiti, fanno parte della natura umana. Non siamo tutti uguali e non lo saremo mai.
Non ci sarà mai una legge o un decreto che sarà in grado di proteggere tutti dal male. Ci si deve convivere. Ci si deve fare i conti tutti i giorni, in ogni ambito, sia lavorativo che ricreativo o sociale.
L’unica maniera per tentare di avere un controllo totale sarebbe quello dello stato di polizia a scapito delle libertà personali, ma credo che gli italiani avrebbero qualcosa da dire al riguardo.
Istituire una caccia alle streghe che colpevolizzi autori musicali, registi o romanzieri che raccontano spaccati di storia quotidiana non è certo indice di modernità culturale. Anzi è il contrario. E’ un rifiuto di guardare in faccia alla realtà che spesso dimentichiamo, ma è fatta di libertà e responsabilità e scelte, che sono personali.

Se bastassero testi non sessisti per evitare la violenza
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