Sigari e champagne. Potrebbe essere il titolo di un film tra Buster Keaton e John Wayne. Potrebbe. Invece appare la summa (analisi) politica di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti la pronuncia nell’aula del Parlamento israeliano davanti a tutte le autorità istituzionali di quel Paese e in diretta mondiale su tutte le tv e social media. Analisi espressa nel merito di una supplica al Presidente dello Stato di Israele in favore del Premier Benjamin Netanyahu accusato di corruzione dalla giustizia del suo Paese e condannato dalla Corte Internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità (passibile di essere arrestato fuori dai suoi confini).
“Netanyahu merita la grazia per quanto ha fatto per il suo popolo. In fondo le accuse contro di lui sono una questione di sigari e champagne“. Applausi scroscianti. “Mi ha chiesto molte armi – prosegue il Tycoon -. Tante di esse non le conoscevo neppure. Lui le ha usate bene!“. Applausi scroscianti.
Analisi agghiacciante che fa da cornice al Trump Show, in un giorno di giusta euforia e di ubriacatura collettiva dove tutto e il contrario di tutto si può dire e, persino, si può fare. Va bene. Ma da statisti che hanno il dovere di essere esempio e simbolo di rettitudine, onestà, capacità oltre che responsabilità decisionale per il bene comune e di tutti, il cittadino o l’uomo comune si attendono serietà intellettuale e trasparenza comportamentale.
Invece in un giorno abusato di storicità (perché la storia la fanno i posteri – di manzoniana memoria- non i protagonisti della cronaca) ma anche di giusta felicità per l’epilogo di una illogica quanto disumana sopraffazione delle armi (dei potenti) su popolazioni inermi, prevalgono salamelecchi elogiativi, luoghi comuni scontati, ipocrisia mascherata da diplomazia. Una fiera delle vanità ad uso e consumo di media affamati di audience spesso condotti da giornalisti incompetenti anche nell’eloquio verbale quanto spregiudicati, all’interno della quale accanto ad un doveroso quanto atteso atto di accordi di pace (? Tregua non è pace) si confondono interessi finanziari, supremazie militari, esaltazioni ideologiche, persino suprematiste. Cerimonie ufficiali e paludate dove i protagonisti son tutti fighi, che rischiano di apparire come fiere o sagre di fine stagione. Un contesto ornato da squilli di trombe e esaltazioni (esalazioni) pirotecniche che stride atrocemente: “Armi usate bene” e decine di migliaia di vite umane (civili non militari!) falciate senza ragione.
Davvero la ratio humana sa mettere insieme orrende carneficine e osanna per uomini potenti di dollari air Force one carri armati? Davvero si allestiscono parate per i (soliti) potenti accanto a macerie di città fantasma completamente rase al suolo? Da una parte pochi eletti costantemente sotto i riflettori dei media che li osannano a prescindere, dall’altra poveracci nullatenenti che si aggirano nella polvere lasciata da case, negozi, scuole, ospedali, piazze polverizzato.
Lo spettacolo deve continuare? In tutto questo “horror show” dove non si butta via niente, ahimè, si parla ancora di premio Nobel per la pace. Ridicolo essendo stato assegnato tre giorni prima. Non sa di assurdo parlarne? Ancor più in prospettiva futura. Eppure nella mega festa della Piazza degli Ostaggi di Tel Aviv straripante di folla entusiasta per la liberazione finalmente degli ostaggi, campeggiava un enorme e ben visibile, dall’aereo Force One in atterraggio, striscione di benvenuto: Premio Nobel per Trump.
Lo stesso personaggio che poche settimane fa ha decretato Ufficio della Guerra il precedente Ufficio della Difesa. Se anche la parola Pace perde valore e significato non ci resta che Trump.



