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Adro, da atrum fosco, forse perché un tempo boscoso. Sull’autostrada lo si vede sulla sinistra andando a Brescia una volta superato Palazzolo: la Parrocchiale di San Giovanni Battista, la Torre e sopra l’antica pieve di S. Maria Assunta e il monte da cui si può godere il Sebino.

Adro si trovava sulla via romana che congiungeva Bergamo e Brescia, sul percorso “La via delle gemelle”, che è stato inaugurato con le due città Capitale italiano della cultura 2023. Del nuovo cammino ho ritrovato l’indicazione sul colle della Chiesa denominata “al castello” perché sorta come cappella del castello che sorvegliava il territorio, sempre sotto minaccia di invasori o di vendette tra Guelfi e Ghibellini. Vi si arriva lungo una suggestiva via a gradoni fino all’arco di entrata che porta ancora i segni della scanalatura del ponte levatoio. I feudatari furono per un po’ gli Zadri.

In alto viene spontaneo fermarsi a guardare la cittadina di Adro, cominciando dalla suggestiva fioritura del giardino sottostante e l’ortaglia di pomodori quasi in maturazione, quindi gli olivi, il campo sportivo, il giallo delle case, il profilo scuro del Montorfano. A fianco è il Cimitero che perpetua l’usanza di seppellire i morti vicino alla chiesa, Chiesa di Maria Assunta affrescata secondo racconti o leggende nate presto attorno all’infanzia di Gesù e la madre.

Fu chiesa madre per molti secoli poi passata in secondo ordine dall’attuale parrocchiale sul finire del Seicento, chiesa che costò fatiche alla cittadinanza. I ricchi sborsavano, i poveri vi lavoravano una volta cessato il già duro lavoro dei campi, gratis appunto, tanto che è rimasto il detto “laurà per la césa de àder”. L’altare è opera dei Fantoni richiesti anche qui ma non sono da meno i sei altari laterali. Ci sono continui richiami al Santo protettore tra cui la lunetta sopra l’altare maggiore, una Decollazione, genere di morte che la Rivoluzione francese rese più desiderata, visto la nuova tecnica introdotta.

Sulla piazza e vicino alla bella fontana in stile neoclassico dell’architetto e ingegnere bresciano Rodolfo Vantini  un incontro mi riporta ad esperienze giovanili. Parlo con un signore che mi hanno indicato, più preparato a rispondere alle mie domande. Tiene occhiali scuri, per proteggere i suoi occhi “capricciosi” e il discorso scivola, tra il Palazzo Dandolo sede del Comune e la pala del Cifrondi della chiesa, su una comune passione, quella per il cinema. Appena ho accennato al mio paese di origine mi ha parlato della sala che gestiva negli anni ’60, “una delle due sale cinematografiche poco distanti tra loro, la mia di 900 posti che si riempivano anche con il  cineforum”. Era il momento dei kolossal come Ben-Hur. Due sale in competizione come due mondi contrapposti, da una parte si falcidiavano le pellicole per le scene audaci, dall’altra dove  si respirava più libertà e il sesso era meno tabù, senza arrivare agli spettacoli di luci rosse. Rimbalzavano nomignoli tra paulocc e balabiòtt, cicia candele e palpot. Poi al tempo del “disgelo” si cominciò a collaborare e magari a programmare lo stesso film incaricando l’aiutante operatore ad andare e venire con le pizze della stessa pellicola, su e giù dopo i vari tempi. Con i cineclub si aprì un’altra storia. “Contavamo mille e cinquecento tessere e andavano a ruba con la gente che veniva anche da lontano, perché si può dire che il cinematografo era il centro del paese”.

Mi parla del Museo d’arte sacra, aperto il sabato e la domenica, oggetti preziosi, tessuti per le celebrazioni, calici e gonfaloni. Ci sono crocifissi, grandi per le processioni che richiedevano forzuti, e crocifissi piccoli che si tenevano in casa e nel momento supremo erano esposti, da baciare, quando il prete arrivava per “l’estrema unzione”, chè la morte era un atto pubblico, un addio o arrivederci anche ai bambini.

Una signora si aggiunge. Si parla di tesori da preservare, di bellezze da salvaguardare, “e il tempo c’è, senza aspettare la pensione”.  Mi dice di andare alla Chiesa di Santa Maria in Favento appena fuori paese: “Troverà la strada in ciottolato, un’oasi verde con la frescura degli alberi e le panchine per il picnic”. Poi rivedo i filari della Franciacorta che già hanno l’aria di vendemmia.

Link utili:
Comune di Adro
Mangiare a Adro


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