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Hanno cominciato rallegrando le domeniche dei degenti nella casa di riposo del paese. Nei giorni feriali infermiere, nel fine settimana attrici di sketch divertenti declinati nel particolare bergamasco di Vertova: meno pesante, con una gorgia più aperta, senza strascichi consonantici tanto da farsi intendere anche dai milanesi in visita ai parenti. Era il 1983. Adesso, dopo 33 anni, il Gruppo dialettale vertovese è uno dei più attivi in Bergamasca con una caratteristica che lo rende unico: è formato esclusivamente da donne che coprono un ventaglio anagrafico che va dai 40 in su. La leader carismatica è Rachele Paganessi. Con lei calcano le scene Terri Adami, Teresina Donini, Andreina Radici, Graziella ed Esmeralda Guerini, Luisa Nodari, Dorina Mistri, Caterina Ratti, Marina Brioli, Graziella Merelli, Laura Bassi e Antonella Bosio. Insieme hanno fatto del teatro dialettale il loro hobby. Di maschi neanche l’ombra a parte l’autista Adilio il quale, con il suo camioncino, le scorrazza con piacere da un palcoscenico all’altro. “Siamo “operative” dall’autunno alla primavera. Dove ci chiamano noi andiamo, impegni personali permettendo. L’ultima fatica è stata al teatro di Cene il 28 marzo con una commedia brillante in tre atti di Carlo De Santis e Pier Paolo Zanoli intitolata Angel de Nòm e de Fato”.


Un sodalizio semplice costruito sull’amicizia e la stima reciproca e naturalmente sul martedì consacrato a giorno di prova in una struttura messa a disposizione dal Comune. “E’ stato Don Luciano Ravasio, allora curato di Vertova – ricorda Paganessi – a proporci “quando eravamo più giovani” di fare qualcosa per far divertire gli ospiti della casa di riposo. La prima rappresentazione andò bene e da allora non ci siamo più fermate. L’obiettivo è far ridere la gente “senza farci ridere dietro” con testi classici del repertorio dialettale bergamasco. Canovacci “puliti” senza doppi sensi volgari capaci di generare buon umore. Una formula che piace al nostro affezionato pubblico che ci solletita sempre a continuare magari rispolverando qualche vecchio successo rappresentato negli anni passati”. Se chi le ospita garantisce una ricompensa questa va tutta in beneficenza, alle esigenze della parrocchia, dell’oratorio e alle suore del paese impegnate in missione. Come dicono loro “lo stipendio è gratis”. L’unico dispiacere per il gruppo è il non avere un teatro in paese dove esprimersi. “C’è quello dell’oratorio, ma è fuori norma. Restiamo in attesa che arrivino i soldi per riportarlo all’originale splendore”.

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