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Anche in tempo di coronavirus si fanno incontri. Ad esempio nel parco del quartiere di Loreto a Bergamo fermi ad osservare una pianta. Al mio commento: sarà un abete rosso?No” mi sento rispondere da chi ci ha appena superato con la bici e qualche metro più avanti si ferma. “È una Cupressacea, della famiglia dei cipressi. Come quella” e mi indica un maestoso albero tutto giallo “che è un gimko, se vuole una lontana parente delle altissime sequoie. Questa è una pianta che ama l’acqua. A Montisola l’ho vista immersa nell’acqua. E’ un’interessante forma d’albero più semplice e longeva dei soliti alberi che abitualmente conosciamo”. Cerco di raccogliere quel che ho sentito di botanica:

Sono diversi dagli alberi con fiore e frutto?”.
Si. Diciamo che nella classificazione tradizionale – adesso si classificano secondo il Dna – le Cupressacee sarebbero gimnosperme rispetto alle angiosperme, quelle del fiore. Queste piante si arrangiano a disperdere il seme”.

Un po’ come le felci?
In certo senso. Le felci sono ancor più semplici. Disperdono i semi sotto forma di polverina che una volta arrivata sul terreno, a certe condizioni, danno vita alla pianta. Le cupressacee hanno delle bacche che già forniscono un’assistenza o nutrimento nella crescita”.

Si possono definire piante primitive?
Sono longeve. Hanno trovato una loro formula di sopravvivenza. Si possono dire primitive rispetto alle forme più complesse con fiore e frutto. Il fiore richiede l’incrocio tra la parte maschile (pistillo) e quella femminile (ovulo) e in ciò sono aiutate dagli insetti.”

“Scusi, chiede mia moglie, ma lei è un professore di botanica?”
“Diciamo che sono un appassionato e insegno anche ai bambini. Organizzo laboratori nella scuola elementare, in questo momento in una scuola di particolare forma sperimentale ispirata a Maria Montessori. Proprio stamattina abbiamo osservato delle forme di fungo nell’orto che abbiamo impiantato”

Fortunati questi bimbi, in tempi come questi di scuola a singhiozzo e a distanza e dove si sente parlare di ricerche in internet, videochiamate o conferenze. E’ una benedizione quella di uscire dalla classe e toccare foglie e erbe, annusare terra e fiori nel parco di Loreto a Bergamo. “Si, hanno un gran bisogno di natura, di capire la vita delle piante, la loro difficoltà a crescere per tante situazioni ambientali. Si appassionano. Basta un lombrico che spunta dalla terra e la lezione si sposta in un’infinità di altri interrogativi”.

E ci parla delle alghe marine che per prime si sono avventurate sulla terra ferma. Dei licheni, quelle macchie rossicce o comunque colorate che troviamo sulle pietre o sulle cortecce degli alberi. Dei funghi che noi andiamo a cercare sempre nello stesso posto perché lì rimane il micelio cioè i filamenti che tengono il fungo aggrappato alla terra e si diramano sotto a rete. Anche i funghi hanno spore che si disperdono, ma non è detto che come toccano terra ricrescano magicamente. Quella rete di fili si diffonde, si intreccia, si scambia, e solo a certe condizioni dà origine al fungo.

Insomma, grazie maestro!

Un gimko a sx e una cipressacea a dx

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