Biondi immobiliare

Nel 2022 il Pil mondiale, cioè la ricchezza prodotta dalle attività umane, è stato di 110˙000 miliardi di dollari americani (100˙000 miliardi se calcolati in euro). Ma la ricchezza umana totale è circa 8 volte tanto: 1,3 milioni di miliardi di dollari. Di fronte a queste cifre, com’è possibile che ci sia la povertà?

La risposta che trovano gli economisti è la cattiva distribuzione del denaro. Secondo i dati del Fmi, Fondo monetario internazionale (riportati da Stefano Caselli in un articolo del Corriere della Sera cartaceo dello scorso 26 giugno) l’1% più ricco della popolazione mondiale possiede il 45% di quei soldi, mentre il 50% più povero ne possiede solamente l’1%.

Va detto che in effetti una parte consistente della ricchezza non è immediatamente spendibile, perché è in qualche modo investita. Circa 420˙000 miliardi sono destinati ad attività immobiliari, e 870˙000 miliardi sono impegnati in prodotti finanziari.

C’è però una parte definita «liquida», ovvero soldi immediatamente spendibili, che i proprietari , i super ricchi, preferiscono tenere fermi. Il valore di questa parte è 190˙000 miliardi… ben superiore ai 110˙000 miliardi del Pil.

Fino a una decina di anni fa le cifre erano un po’ inferiori. Nel 2010 il Pil mondiale è stato di 66˙000 miliardi e la parte liquida tenuta ferma era di 52˙000 miliardi. Poi c’è stata la pandemia da Covid 19 ed è scoppiata la guerra in Ucraina. Nonostante tutto la ricchezza mondiale è aumentata, ma la povertà non si è risolta.

Nell’articolo di Caselli è citato un libro che potrebbe contenere qualche soluzione. L’autore è Mark Carney, economista che è stato governatore della Banca del Canada tra il 2008 e il 2013 (nel 2008 ci fu la crisi finanziaria mondiale, nel 2013 il Canada fu il 1° Paese del Mondo a tornare a livelli economici pre crisi) e poi governatore della Banca d’Inghilterra.

Tra gli argomenti del libro (una recensione si può trovare online al link: https://link.springer.com/article/10.1057/s11369-022-00271-6) c’è il contrasto evidente, e da risolvere, tra il concetto di ricchezza che hanno i «mercati» e quello che ne hanno le persone comuni. Solo per fare un esempio: se un’azienda va in crisi, i mercati richiedono che licenzi molti dipendenti, i quali sono considerati costi fissi su cui si può risparmiare; dal punto di vista di quei lavoratori, però, il licenziamento è un incubo.

In sintesi, l’ultimo decennio visto dal punto di vista dei ricchi è stato positivo. Hanno aumentato i loro investimenti e hanno guadagnato talmente tanto da non riuscire a spenderlo.

Dal punto di vista dei poveri, o anche soltanto delle persone che vivono del loro lavoro e della loro pensione, l’ultimo decennio è stato drammatico. La ricchezza del mondo non riesce a produrre benessere per chi quel mondo lo abita.

Autore

Guido Tedoldi

Nato nel 1965 nel milieu operaio della bassa Bergamasca. Ci sono stato fino ai 30 anni d’età, poi ho scelto di scrivere. Nel 2002 sono diventato giornalista iscritto all’Albo dei professionisti. Nel 2006 ho cominciato con i blog, che erano tra gli avamposti del futuro. Ci sono ancora. Venite.

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