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Poesie bizantine di William Butler Yeats. Lezione di Paolo Cesaretti

Nel 1974, nel pieno della contestazione studentesca e di cambiamenti – era l’anno della crisi petrolifera e delle domeniche a piedi –usciva nella Collana Mondadori “Oscar della poesia del Novecento” una raccolta di Poesie di W. B. Yeats (1865-1939), a cura di Roberto Sanesi, un testo che era lontano dai temi dibattuti. Il poeta irlandese fu, almeno per il relatore, una rivelazione e una svolta. Due poesie portano il nome di Bisanzio.

La prima s’intitola Sailing to Bizantium (1928), impropriamente tradotta “viaggio verso Bisanzio” sottolineando lo spostamento ma dimenticando l’attraversamento che l’andare per acqua suppone, con il senso di purificazione e di vita: “Ho preso vela sui mari e sono giunto/ alla sacra città di Bisanzio”. Nello studiatissimo effetto poetico la città viene nominata a metà e alla fine della poesia, nella seconda e quarta strofa. Si passa da un paesaggio naturale – alberi uccelli cascate salmoni – ad uno spazio elitario, chiuso, forma fissata. Si parla di “mosaico d’oro d’una parete”, di “corte di un sonnolente imperatore”, di “signori e dame”. Il cuore è malato di desiderio, l’anima vuole cantare e invoca i maestri di canto: “scendete, roteate in una spirale” , un’immagine che forse richiama i mosaici di Ravenna o Palermo che Yeats aveva visto anni prima in un viaggio in Italia. Non importa l’identificazione, importa ciò che sta dietro. L’oro ha valore simbolico, è segno sacrale, sigillo di immortalità. Il poeta esprime l’ansia di assoluto, di trovare una via oltre il breve raggio dell’esistenza. Dal “paese per i vecchi” “ai monumenti dell’intelletto che non invecchia”, in compagnia dei musici dell’anima”.

Si era anche ricordato di quel che aveva visto a Stoccolma, quando si era recato a ritirare il Nobel assegnatogli per la Letteratura (1923). Fu affascinato da una città invernale e bianca, dalle sue vetrate e dalle sculture, dalle architetture e dalla dorata sala di ricevimento in Municipio. Con il premio rifornì la sua biblioteca di libri e riviste perché di Bisanzio dove mai andò avrebbe comunque molto letto.

Yeats non è fedele all’ordine cronologico, lo piega a servizio della sua poetica. Gli interessano gli effetti estetici e letterari, di una città che è collocata in un tempo ma che è fuori dal tempo.

Raccoglieva, scrupolosamente a suo dire, idee o voci che riceveva tramite “i suoi istruttori”, così amava definirli, la moglie Georgie anzitutto – in verità non unica musa – che di notte sussurrava nei sogni, o le misteriose voci che si facevano sentire nelle sedute spiritiche di moda.

Infatti la Bisanzio della seconda poesia, scritta poco dopo, Byzantium(1930), è una Bisanzio notturna, di “soldataglia dormiente”, di passeggiatrici, di ombre e immagini fluttuanti, di echi di “galli dell’Ade”. Tornano così temi cari a Yeats: l’arte e la natura, il potere della mente e “la furia e il fango delle vene umane” – lo tormentava il deperimento del proprio corpo – il molteplice e l’uno. Risuona nella città il “gong della cattedrale” che più che la piastra metallica tonda rievoca il ligneo semantron usato nei monasteri bizantini per scandire le attività quotidiane e la liturgia delle ore. Si parla di “uccello o oggetto d’oro” – immutabile metallo – “lavorato a mano”, manufatto e non vile materia naturale. Rievoca l’arte e la creazione dell’artista, la lotta per l’unità contro il caos del mondo.

Yeats se avesse potuto spostarsi nel tempo e nello spazio avrebbe scelto un’altra Bisanzio, quella del VI secolo, la Bisanzio di Giustiniano. Non si occupò della Turchia del suo tempo, quella laica e nazionalista di Ataturk. Costantinopoli, l’ultima Bisanzio, era ormai ai margini, sostituita dalla nuova capitale Ankara. Eppure Yeats non era fuori dal suo tempo; si era appassionato e impegnato per il riscatto della sua Irlanda. Ma il cuore batteva per la poesia, fuoco e luce, per il vangelo della bellezza, l’immaginazione creatrice; per la Bisanzio immortale, città sacra, patria a cui ogni uomo anela inconsciamente.

Bergamo Liceo Mascheroni, 6 febbraio 2024

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