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Quella Coppa Italia è l’orgoglio ma anche il cruccio degli atalantini. Perché è l’unico trofeo messo in bacheca in 116 anni di storia. Anche nelle gloriose stagioni gasperiniane, impreziosite da memorabili avventure in Champions League (e non solo), nell’albo d’oro delle vittorie quella del 1963 resta insuperata e solitaria. E per i bergamaschi è diventata leggenda.

Ma ormai pochi, per mere ragioni anagrafiche, possono avere memoria di quella straordinaria stagione che si concluse a San Siro con la tripletta di Angelo Domenghini al Torino (finì 3-1). A rinfrescare i ricordi di chi c’era e a colmare il vuoto di tutti gli altri pensa Stefano Serpellini con il suo “L’anno della Coppa. 1963: L’Atalanta, Papa Giovanni e una vittoria senza festa” (Bolis edizioni).

L’inviato de L’eco di Bergamo, uno dei migliori cronisti della sua (nostra) generazione, ci accompagna in un viaggio che intreccia la cavalcata dei nerazzurri verso la vittoria della Coppa con il dramma della malattia, che lo condurrà alla morte per triste coincidenza nelle stesse ore, di Papa Giovanni XXIII, forse il figlio più eccellente della terra bergamasca.

Serpellini racconta il segreto di quella squadra così tanto diversa da quelle di oggi. Un nucleo di giocatori bergamaschi (da Gigi Pizzaballa ad Angelo Domenghini, da Franco Nodari ad Alfredo Pesenti) arricchito dalla classe e dall’esperienza, per citare i più importanti, di Umberto Colombo, di Mario Mereghetti, di Luciano Magistrelli e Flemming Nielsen.

Il tutto sotto la sapiente regia di due dirigenti che sono diventati autentici miti nell’immaginario di chi “va all’Atalanta”: il presidente, “il senatore Turani”, e il dirigente-factotum, “l’ingegner Tentorio”. Due figure che hanno forgiato una società all’insegna di valori profondi che le hanno consentito, al di là della vittoria della Coppa, di diventare la regina delle provinciali. Non bisogna dimenticarlo mai: nei successi di oggi ci sono le radici di ieri.

A tutti i protagonisti Serpellini riserva un ritratto ad hoc. Scava nella loro storia, alcuni li va a trovare e li fa diventare testimoni (Pesenti torna a parlare dopo cinquant’anni di silenzio), racconta aneddoti e svela retroscena inediti. È un lavoro certosino che corre parallelo con la parabola discendente del Papa Buono. Anche questa rivissuta con la perizia del cronista che mescola fatti ed emozioni in pagine che si leggono con crescente partecipazione.

“L’anno della Coppa”, che vanta la prefazione di Gigi Riva, fuoriclasse del giornalismo, è a suo modo un piccolo libro di storia. La storia di una squadra che è tanta parte di una terra che spesso vi si è specchiata ed identificata (con qualche esagerazione). È assolutamente consigliato agli atalantini di ogni generazione. Ma è una lettura adatta anche per chi voglia capire perché i bergamaschi sono tanto orgogliosi della “loro” società di calcio e del “loro” Papa.

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