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Attorno al XIII secolo cominciò a svilupparsi, nell’Europa cristiana, il senso del rispetto dovuto alle donne e così, ogni cavaliere, prese pertanto a fare come proprio punto di valore quello di difendere la “sua donzella” e, di conseguenza, si implementò anche la devozione alla Vergine Maria perché, tra tutte le donne, era quella più bella. Non sorprende, quindi, che lo stesso Dante Alighieri, di cui quest’anno ricorre il VII Centenario della morte, manifesti questa devozione verginale verso la sua amata Beatrice dedicandole dei fiori letterari che le hanno donato sia l’immortalità, grazie alla “Vita Nova”, e sia il Paradiso attraverso i canti della Divina Commedia.

Amore, femminilità, maternità e devozione alla Vergine Maria sono pertanto i temi esistenziali dominanti del mese di Maggio e per, approfondire i quali,  quest’anno ricorriamo ai versi della  Commedia dantesca vista l’importante ricorrenza sopra indicata. Il 9 Maggio sarà la Festa della Mamma e chiediamo, pertanto, a Miriam Nembrini di aiutarci a fare questo viaggio visto che la parola mamma compare quattro volte nella Divina Commedia con un’intensità di significato sempre crescente.

Nell’Inferno leggiamo: “ché non è impresa da pigliare a gabbo/ discriver fondo a tutto l’universo,/né da lingua che chiami mamma o babbo.” (Inf. XXII, 7-9) e, in questi versi, la parola “mamma” serve solo a descrivere il linguaggio dei bambini, senza aver nessun coinvolgimento affettivo (siamo infatti nel cerchio dei traditori). Autorevoli interpreti motivano questa scelta del poeta argomentandola con il fatto che, molto probabilmente, Dante ritiene che l’Inferno non sia degno di una figura così importante. Avvolte, però, la maternità è un’esperienza drammatica perché si sperimenta il “tradimento” di un desiderio incompiuto: nella sua esperienza cosa ha significato vivere questa circostanza?
Per rispondere a questa domanda devo riandare a molti anni fa, quando giovani sposi desideravamo tanto un figlio, che però non arrivava. Io sentivo proprio un tradimento rispetto a questo desiderio di compimento così naturale e così giusto. E la domanda che ponevo era:”Perchè a me? perché  questa impossibilità di fronte a tante donne che i figli li sopprimono addirittura?” . Il sacerdote che ci aveva sposati mi disse che era una domanda mal posta, poneva lo sguardo su un fallimento ed una mancanza. La domanda giusta era:”Signore, cosa mi stai preparando ?” certa di un bene possibile, da scoprire nel tempo.  Negli anni seguenti proprio quell’esperienza di sterilità mi fece mettere a fuoco che un figlio non è un diritto, ma un dono e mi aiutò ad avere uno sguardo pieno di gratitudine per la figlia adottiva e per i figli naturali che arrivarono.

Nel Purgatorio troviamo invece: “la qual mamma / fummi, e fummi nutrice poetando” (Purg. XXI, 97-98).
La “mamma”, quindi, come generatrice a cui bisogna essere riconoscenti perché ci ha resi quello che siamo: lei a chi è grata per essere oggi mamma e nonna?  Innanzitutto ( da credente) al buon Dio che mi ha regalato  quattro figli e, ad oggi, dieci bellissimi nipoti. A mio marito con il quale ho condiviso un progetto di famiglia spalancato alla vita ed  alla fecondità in tutti i sensi .Ai miei figli perché, in un contesto sociale in cui sembra non essere possibile né la speranza né il sacrificio, si dimostrano coraggiosi  e  sereni. Non ultima però a mia madre, madre di dieci figli, donna non particolarmente istruita ma di grande saggezza e fede. Lei per prima mi ha fatto vedere cosa significa essere madre. Quando la penso, rivado al dialogo che nel film omonimo Marcellino ha con Gesù. Alla richiesta del bambino: ”Le mamme che fanno?” Lui risponde: ”Danno tutto, sempre, se stesse, la vita e la luce degli occhi”. E quando il bambino chiede: ”Anche brutte?” Lui replica; ”Brutte no, Marcellino. Le mamme non diventano mai brutte”

E come fantolin che ‘nver’ la mamma/tende le braccia, poi che ‘l latte prese,/per l’animo che ‘nfin di fuor s’infiamma” (Par. XXIII, 121-123): nel Paradiso, luogo in cui la figura della madre è celebrata ai massimi livelli,  Dante è guidato da Beatrice e di fronte a lui ci sono tutti i beati come piccole luci ma, la luce più splendente,  è la Madonna. Che importanza ha nella sua vita la “Mamma celeste”?
Da piccola, durante la Messa di Prima Comunione toccò proprio a me recitare l’atto di consacrazione a Maria. Questo, fin dagli anni dell’infanzia, me l’ha fatta sentire vicina.Durante l’adolescenza mi sono allontanata da lei, l’ho risentita presente nella mia vita quando riscoprendo la fede nell’incontro con GS , sono stata invitata a recitare ogni giorno l’Angelus. Così Maria è tornata nell’orizzonte delle mie giornate come strada per conoscere ed amare Gesù. La prima gravidanza , con una sterilità accertata del 90% è accaduta per una grazia della Madonna di Mediugorie. Anni dopo sono guarita improvvisamente da una grave malattia per intercessione della Madonna di Lourdes. Cosa dire? che i miracoli succedono, quelli più grandi e quelli nascosti nelle pieghe di ogni giornata. Guardare e pregare Maria diventa strada al proprio compimento. 

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Autore

Alessandro Grazioli

Marito e papà di 4 bambini, laureato in Giurisprudenza presso l’Università Statale di Milano, Business Unit Eticapro, Consigliere Comunale, scrittore di libri per l'infanzia, divulgatore e influencer sociale su Socialbg

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