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Lo sport non è democratico nè politicamente corretto. Lo sanno bene gli addetti ai lavori: sia atleti, allenatori, manager, dirigenti federali… Da quando la macchina degli sponsor ha iniziato a iniettare liquidità nel sistema si è sempre assistito a una crescita esponenziale di qualità fisica abbinata a meticolosità tecnica per cercare di migliorare sempre di più le prestazioni sportive in ogni disciplina.

Se poi prendiamo in considerazione attività sportive per le quali il peso è la componente fondamentale sul quale gravita tutto il resto si può pensare come può essere condizionante per l’atleta soprattutto a livello emotivo. Sia chiaro, non siamo tutti uguali, non lo saremo mai. Ma è proprio questo il fondamentale della competizione sportiva.

C ‘è chi vince e chi perde.
Chi arriva al traguardo e chi si ferma prima.
Chi vince tutto, chi arriva sempre secondo e chi si ferma a metà strada.

Fin da giovani i ragazzi sono avvicinati alle varie pratiche sportive, ma se chiedete a chi è arrivato a certi livelli e con un certo palmares vi dirà che i sacrifici sono stati immensi (con tanto di rimproveri di allenatori compresi). Il particolare sta che non ci raccontano mai le storie di chi non ce l’ha fatta. Chi ha dovuto abbandonare perché portare avanti scuola e sport a alto livello è quasi sovrumano, chi perché la famiglia non poteva più supportarlo economicamente, altri invece falciati dai continui infortuni.

Sono libere scelte, e sottolineo libere.

Non vi è scritto nella Costituzione che bisogna per forza fare sport e portare al limite psicofisico la propria persona. Si può farlo solo come attività parallela, senza eccessi. Certo l’ambizione di arrivare a certi livelli è comune a molti ed è giusto che ci sia, ma bisognerebbe anche accettare che lo sport per sua natura, come dicevo all’inizio, non è democratico nè politicamente corretto.

È una gara a eliminazione diretta fin da giovani per i quali è sempre richiesto alzare il livello ad ogni tornata, e chi ci arriva è solo un’esigua minoranza che spesso ha sacrificato quasi tutto per quell’unico obiettivo. Avevo un compagno di classe al “Pesenti” che era nella rosa della primavera dell’Atalanta; sapete cosa diceva? “Non è poi così difficile essere selezionati per l’Atalanta. Il difficile è restarci“.

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Autore

Davide Bettinelli

Nato a Trescore nel 1982. Diplomato alla "Pesenti". Occupazione operaio metalmeccanico. Membro del consiglio di fabbrica per la CISL dal 2006 al 2014. Calcio CSI dal 2003 al 2009. 1° posto Endenna gruppo di campionato 2007-2008 Arbitro CSI dal 2009 al 2011. Presidente calcio a 5 CSI dal 2010 al 2013 della Mirafiori. 1° posto gruppo E nella stagione 2011-2012. 1° posto torneo Epifania a Berbenno nel 2011. Tennis a livello amatoriale dal 2013 al 2017. Miglior risultato quarti di finale torneo Quarenga 2016. Iscritto al PD dal 2010

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