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E’ stato pubblicato qualche mese fa l’opera Piccole grandi storie della chiesa di Bergamo, curata da monsignor Ermenegildo Camozzi ed edita dal Centro Studi Valle Imagna. Sono raccolti documenti presenti nell’archivio segreto del Vaticano a partire dal 1850 fino al 1922.

Di ogni parrocchia della Diocesi di Bergamo sono presentati i documenti che venivano inviati dal parroco alla Curia e quindi a Roma con istanze di vario tipo: economiche, finanziarie, edilizie, pastorali. La lettura attenza dell’opera dà la sensazione di essere di fronte ad un mosaico particolareggiato. Esce la fotografia di una Diocesi pulsante di vita; vescovi, sacerdoti, addetti agli uffici di Curia, parroci, coadiutori, religiosi, popolo di Dio si stagliavano nettamente come protagonisti di tante piccole storie con al fondo l’idea, la voglia dii riprendersi il loro posto sullo scenario della storia.

Ma il tutto assume ancor più significato pensando allo scenario storico di quegli anni tra la metà dell’Ottocento e i primi decenni del secolo corso. Dalla fine del Settecento, infatti, si può dire, che non ci furono tregue nei mutamenti formidabili che investirono i nostri antenati di quegli anni. La diffusione dei principi dell’89, l’affermazione delle truppe di Napoleone, il ritorno degli austriaci, la formazione dello Stato italiano furono avvenimenti epocali. I documenti contenuti nel libro, in verità, si riferiscono ad anni precedenti al 1861; subiscono, però pesantemente le conseguenze –positive e negative – degli avvenimenti successi negli anni precedenti.

In queste temperie la Chiesa patì momenti tra i più drammatici della sua millenaria storia. La Terra di Bergamo, che visse un Settecento tutto sommato tranquillo, fu travolta anch’essa, forse più in città che nelle valli. Con la nascita del Regno d’Italia si aprì per tutti una fase nuova. Questa raccolta ci mette in presa diretta con questa realtà nei suoi aspetti positivi (il forte radicamento della chiesa nel territorio) ma anche negli aspetti negativi. Colpisce la durezza della condizioni di vita, di tutti: i laici, religiosi, sacerdoti. Ci sono pagine e pagine che ci raccontano la povertà, la miseria, la meschinità di parroci, coadiutori, di canonici e di religiosi.

Le cosiddette leggi eversive avevano spogliato le parrocchie: non c’erano più rendite. Le risorse principali, quasi uniche, erano le elemosine di una popolazione anch’essa costretta in miseria dalle crisi economiche dovute alle guerre, alle carestie, alle epidemie, alle malattie. Però ciò non si traduceva in resa, si continuava ad operare nel sociale, tra i poveri; si continuava a costruire, arredare, ammodernare le chiese, i locali parrocchiali e i luoghi per la catechesi. Si guardava ai bisogni della gente e, soprattutto, delle giovani generazioni. Si costruirono asili, si aprirono scuole, scuole serali, scuole professionali, si fondarono casse rurali, cooperative, organismi di partecipazione come i consigli pastorali.

Da altri studi, infatti, non si possono non riprender gli sforzi per le formidabili realizzazioni che in Diocesi, sopratutto a partire dal 1880, vennero realizzate a Bergamo. Viene spontaneo chiedersi come riuscirono queste persone a raggiungere tali risultati. Le risposte possono essere diverse. E’ importante sottolineare ed evidenziare come la raccolta di queste piccole storie (prese singolarmente potevano contare in misura molto limitata) fu in grado di dare risposte importanti. Un tema emerge, pertanto, con chiarezza da questi documenti: gli uomini e le donne, i sacerdoti, i religiosi di quel periodo seppero fare i conti con le regole della finanza moderna. Tutti quei risparmi, offerti generosamente da tanti fedeli, furono raccolti, valorizzati, ben custoditi; si trasformarono in ricchezza per la chiesa e per le sue opere sociali. Un tema che certamente merita ulteriori approfondimenti.

Possiamo cioè dire che in questo operare la Chiesa, i suoi uomini, i suoi sacerdoti, colsero le esigenze di non accettare passivamente la realtà storica. Si trattava di reagire, di ritrovare un nuovo protagonismo. Certo il non expedit restava una barriera che impediva l’avventurarsi in nuove sfide. Ma non ci si sottraeva a cercare, a trovare nuove linee d’azione sul piano pastorale, sul piano sociale, sul piano religioso, su quello educativo. Si instauravano, nel contempo, nuovi rapporti tra vescovo e sacerdoti, tra sacerdoti e laici e con il contesto della realtà della Diocesi. Non ci sottraeva alla fatica di porsi al servizio dello sviluppo. Certo, con uno stile lontano dalla cultura illuministica imperante con la quale il dialogo era sempre faticoso, controverso, a volte persecutorio.

In conclusione, mi permetto di esprimere una mia riflessione personale: questi tre tomi non possono mancare nelle biblioteche dei nostri centri culturali. Soprattutto ritengo che d’ora in avanti, in qualsiasi studio sulle storia della Chiesa e del Movimento cattolico bergamasco nell’Ottocento non possa che fare precisi riferimenti a questi documenti, vere e proprie voci del tempo.

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Autore

Mario Fiorendi

Studioso di storia locale in particolare del movimento cattolico bergamasco tra fino 800 e inizio 900. Tra le sue pubblicazioni: - "Vincenzo Bombardieri. Una storia civile"; "100 anni fa. Una storia ancora viva. Lo sciopero di Ranica"; un contributo al volume "Alle radici del movimento sociale cattolico a bergamasco".

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