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Si cominia la corsa natalizia verso le bellezze del Salento raggiungendo il centro di Bari attraverso il nuovo ponte Adriatico, sotto una ipsilon capovolta da cui si diramano 30 cavi d’acciaio. Un’opera che proietta Bari nel futuro e fa dimenticare i guai della periferia. Dritti sul lungomare superando il porto e il Castello Svevo. Davanti all’ex Teatro Margherita ci sono scolaresche in attesa di entrare per la mostra Real Bodies, “un viaggio nel corpo umano”. Un corpo scorticato, spolpato, smembrato, sezionato tra il gusto per l’horror e l’esaltazione del corpo atletico. Tanto si fa per avvicinare la gente e i giovani alla scienza, purché non rimanga spettacolo.

Passiamo davanti alla Pinacoteca per la quale non c’è la stessa passione. C’ero stato il giorno prima ed ero solo. Ci sono grandi pittori, i rappresentanti delle varie scuole meridionali e in particolare locale, dal Seicento ai recenti Piccinni, De Nittis e Alfredo Bortoluzzi cui è dedicata un’estemporanea. Il padre era mosaicista, la madre stilista, Bortoluzzi fu oltre che pittore coreografo, scenografo, ballerino. Si formò e affermò a contatto con gli artisti del Bauhaus nella Germania nazista e alla fine costretto a riparare come altri in Francia. Le sue pitture rivelano composizioni geometriche, armoniche, tra l’essenzialità nordica e la linearità mediterranea. All’uscita il custode mi ha invitato a scendere dallo “scalone”, sfarzoso, monumentale, secondo il gusto dell’epoca fascista, decorato di marmi preziosi, con vetrate a colori e la possente cancellata in ferro battuto. Oggi il mare è piatto e il cielo si sposa felicemente. Ci sono canoisti e quelli che in piedi si trascinano sulla tavola mentre sul lungomare si corre o cammina invitati dalla giornata di sole.

Si supera Punta Perotti rimasta famosa per l’abbattimento dei palazzi ecomostri in diretta Tv, vicenda non ancora conclusa tra risarcimenti danni e ricorsi alla Corte europea. Ora è area verde, con parchi e impianti sportivi. La città sparisce, o si è spostata con altrettante brutture altrove?

Evitando la trafficata e incidentata Statale 100 raggiungiamo Mola. Passiamo davanti alla pescheria semideserta al momento. Arriveranno i pescherecci nel primo pomeriggio e inizierà la compravendita di gamberi triglie seppie polipi merluzzi. Si viene da fuori. I più esigenti lo comprano qui, uno dei porti di pesca più importanti della Puglia, attivo e fiorente già con le  Crociate.

Pozzo Faceto. Forse non vi dice niente. Quattro case poco distanti dal mare. Magari ci sarà stata una torre, come le molte che si incontrano sulla costa. La sua particolarità è legata all’acqua, sempre cercata e mai bastante in questa regione dove le piogge son sempre desiderate. Il pozzo diventato monumento è al centro del borghetto, un cubo incavato di chianca, la roccia gialla tipica delle costruzioni, in parte due pilastri, e sopra la trave con la catena e il secchio. Poi la piazza e sul fondo la chiesa che è Santuario della Madonna, a cui fu attribuita dai contadini del Quattrocento la grazia dell’acqua ritrovata.

Dietro si è in campagna, il prato di verde acceso, come in attesa della primavera, gli alberi di ulivo, le orecchie dei cactus mediterranei, qualche fico o mandorlo. Una signora minuta e gentile che esce dalla sua casa risponde alle nostre curiosità. Lei e il cane, il marito morto da poco. “Siamo sempre stati qua. “Paura? di che?” “L’aria sana?” “Hai voglia. Salite su quel gradino e vedete il mare.” “Gli animali? Li tenevamo quando c’era mio marito”. “Ma che bello!” “Proseguite e vedrete le grotte”. Sembra lo scivolo di un garage. Si aprono spaccature, piccoli passaggi che si allargano, delle mangiatoie, pilastrini di sostegno. Più avanti il largo muro a secco nasconde una, due, più grotte. Saranno servite per riparo, per mettere, per stare, abitare, a volte nascondere, rinfrescare o raffreddare, incontrarsi o anche pregare. Ci sono i segni della paglia adatta alla grotta di Betlemme.

Passiamo per Egnazia, l’antica città prima messapica poi greca e romana. Transitiamo al limite del vecchio  centro e il porto. Lo dicono i cartelli ma bisogna farci caso. Città millenaria, sopravvissuta fino all’epoca bizantina. Era sulla via Traiana. Il museo è assolutamente da visitare. Il prezzo del biglietto? Il costo di un cappuccino. Meriterebbe una giornata apposta.

Il viaggio termina a Torre Canne con un’insenatura che allarga il cuore. Un leggero adagiarsi delle onde sulla spiaggia e poche persone a passeggiare sulla spiaggia, i gabbiani e qualche barchetta a custodirlo. Che tranquillità! Poca avvedutezza, verrebbe da pensare, avere tante strutture per vacanzieri operanti quattro mesi l’anno. Mi permetto di dirlo ad un signore che sta trafficando attorno alla siepe. Mi risponde: “E’ così”.

Link utili:
Comune di Bari
Mangiare nel Salento


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Fonte immagine di copertina: Depositphotos

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