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Platone: la Repubblica. Lezione di Carlo Sini e Florinda Cambria

Florinda Cambria introduce il pensiero che Carlo Sini ha svolto in una serie di testi e articoli su Platone e la politica. Quale la virtù del governante? Trattandosi di beni, chi meglio del filosofo, afferma nella Repubblica, sa vedere il bene? Il testo fondativo della tradizione occidentale così si apre: “Ieri scesi al Pireo con Glaucone, per pregare la dea e insieme vedere la festa, dato che è la prima volta. Mi parve bella anche la processione della gente del posto né meno decorosa quella dei Traci.” Questo inizio fu trovato accanto al letto di morte di Platone e ciò ne sottolinea l’importanza. Si tratta di una discesa (katabasis) nella città della folla chiassosa, al luogo del commercio e degli affari, gli ateniesi mescolati agli stranieri. Tramontato il sole, nella notte i Traci festeggiano la loro dea Bendis con una cavalcata alla luce delle fiaccole. Sembra una sorta di confusione e di caos, nel mescolarsi di ombre e di luci, una folla trascinata nell’euforia, a sottolineare il divino che irrompe nell’umano. Richiama forse la situazione della città, quella di Atene dopo Pericle e la disastrosa Guerra del Peloponneso, una città che vive nell’incertezza e nel pericolo. Platone affronta il tema dellla politica e del governo con questo celebre trattato. Si sviluppa nel ribollire di umori e di passioni, di attese e desideri propri della condizione umana, dice Platone. Il desiderio è una distanza da colmare e l’uomo è fatto di bisogni insoddisfatti. Il suo status di animale parlante lo porta a incarnare un destino di desideri incolmabili. Perciò come governare questi uomini che convivono con i propri desideri? Come arginare l’irruenza notturna di cozzanti differenze?

Platone per bocca di Socrate parlerà di educazione. I cittadini educati sono in grado di vivere in comunità e i loro desideri possono essere governati. Si tratta di costruire una convivenza nella ricerca del bene e non nel saccheggio dei beni, di edificare una politica che sia governo giusto e non arbitrio e violenza. Riproporrà gli stessi temi J.J. Rousseau secoli dopo, di educazione della volontà e del desiderio, quando nello stesso anno 1762 pubblicherà Il Contratto sociale, la sua proposta politica, e l’ ‘Emile, la sua idea educativa.

Carlo Sini apre il suo intervento con il parallelo delllaDivina Commedia vista come dialogo tra morti, di cittadini partecipi e travolti dalla situazione drammatica di una città divisa. Nella Repubblica i dialoganti sono Socrate, Cefalo, Polemarco, Trasimaco. Il potere ad Atene è passato dopo Pericle ad un governo dei Democratici cui sono subentrati gli Oligarchi, il momento terribile dei 30 Tiranni. Una volta cacciati, sono tornati i Democratici che però sono quelli che mettono a morte il maestro, Socrate.

Il tema che gli preme è la giustizia, premessa di ogni pacificazione. Nei giudizi che si ripropongono sul testo viene data enfasi alla condanna della proprietà privata. In realtà la sua attenzione è più sul conflitto degli interessi, ed in questo non ha perso di attualità. Chi governa, afferma Platone, non deve possedere. L’utile proprio gli impedisce di vedere il bene comune. L’uomo è fatto di desideri, i desideri non si possono escludere e chi è al potere li vuole realizzare. Gli interessi nascondono favori, prepotenze, ingiustizie e perciò divisioni. La storia è piena di stasis (guerra), spaccature mai finite. Nell’opera è reiterata l’immagine del tiranno feroce e sospettoso, mai in pace, costretto a guardarsi le spalle, continuo oggetto d’odio. La preoccupazione del politico è mantenere il potere che è costantemente minacciato. Come ne ha avuto prova lo stesso Platone nel suo fallimentare viaggio a Siracusa. Lui vecchio ma ancora speranzoso voleva convincere il Tiranno Dionisio a riformare lo Stato. Anche nella Repubblica Trasimaco sostiene che le leggi sono imposte dal forte e, se si parla di una sconfitta del forte, ciò avverrà nell’al di là, quando i giusti saranno esaltati.

L’estremo messaggio di Platone sono però Le Leggi in cui la negatività della guerra torna nelle sue considerazioni. Il protagonista non è più Socrate, ma Platone stesso, nelle vesti di uno straniero. Bisogna educare i desideri. Abolirli non si può, di desiderio è fatto l’uomo. Già il bambino si esprime in frasi che sono salti tra passato e futuro, tra ieri e l’oggi: “ieri andrò a giocare”. Anche lui preso dai desideri. Gli uomini sono spaccati dall’origine, ricuperano le memorie e inseguono i sogni di quel che potrebbero essere. La politica naviga in mezzo ai desideri, che sono forti e concreti come il nostro corpo. Più che abolire la proprietà si tratta di distribuirla con equità. Platone in Repubblica è tutto concentrato sul giusto e sul bene e sembra escludere l’arte. Non aveva forse detto che gli artisti o i poeti sono degli imbroglioni? Non è più così nelle Leggi. Qui cambia opinione. Parla di educazione, educazione del desiderio, ma questa avviene con l’arte, il teatro, la musica, la danza. Senza armonia non c’è la polis. Trionfano l’imbroglio, il malaffare, la violenza.Dove non c’è armonia di gesti, parole o suoni non c’è nemmeno la politica ma la frode e la violenza. Nella comunità dei diseguali regna la legge dell’egoismo, ognuno per sé. Perciò la prima lezione politica è imparare l’accordo. Anche l’entrata degli alunni in classe deve avvenire con garbo, grazia (karis), in ordine, secondo la legge. Qui è l’origine e il destino dell’uomo nel bene o nel male, nella speranza o nella disperazione.

Liceo Mascheroni, Bergamo (in diretta streaming), 26 aprile 2024

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