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Dal pomeriggio di giovedì 17 dicembre, quando è stato inaugurato alla presenza del Sindaco Giorgio Gori e di Roby Facchinetti, l’Albero dei Bauli svetta in tutta la sua bellezza (e soprattutto con tutto il suo significato) anche in Largo Gavazzeni a Bergamo, e li vi resterà fino al 7 gennaio, per ricordare a tutti quanti spettacoli ed eventi abbiamo perso in questo 2020 a causa del Covid, ma soprattutto quante persone non hanno potuto lavorare e soprattutto non sono state aiutate dalle istituzioni in questa grave situazione.
L’Albero dei Bauli è uno dei due alberi che “illuminano” il centro città in questo Natale 2020: a poca distanza l’uno dall’altro, sono entrambi simbolo di questo anno e soprattutto delle gravi difficoltà che l’epidemia ha portato con se. Da una parte infatti troviamo un albero tradizionale, proveniente dalla Valle Seriana, la zona più martoriata dalla prima ondata e dall’altra, poco distante, un albero “diverso” (quello dei bauli appunto) che vuole ricordarci qualcosa di importante che il Covid ci ha tolto: la musica, gli spettacoli, gli eventi, e come questa categoria si stata totalmente dimenticata dalle istituzioni.
L’Albero dei Bauli, così chiamato perchè realizzato proprio con quei “bauli” con cui tutti i lavoratori dello spettacolo hanno quotidianamente a che fare, e “addobbato” con  frasi scritte proprio da alcuni di loro, è stato posizionato in Largo Gavazzeni, nella zona che si trova a fianco del Teatro Donizetti, simbolo privilegiato della Musica per la Nostra Città. Un teatro in fase di ristrutturazione e in cui (con molta probabilità) ciascun bergamasco può dire di aver partecipato almeno una volta nella vita ad uno spettacolo, ad un evento o una manifestazione in cui quei bauli – anche se non lo sapeva – sono stati protagonisti.
Anche se è assurdo solo pensarlo purtroppo in Italia ci sono lavori che sono ancora “invisibili”, che da molti non vengono considerati. Invisibili come lo sono stati tutti gli operatori dello spettacolo che in questi mesi sono stati dimenticati, abbandonati, persone che hanno reso possibile tutti quegli eventi che abbiamo amato e a cui abbiamo partecipato e che in quest’anno sono stati totalmente dimenticati dalle istituzioni.
Ho sottolineato solo dalle istituzioni perché si, si spera solo da loro, perché forse, una cosa buona in questo campo questa maledetta epidemia l’ha fatta: ha reso visibile l’invisibile, e ora anche chi non si era mai reso conto di quanto lavoro ci fosse dietro un singolo spettacolo, di quante persone vi lavorassero per renderlo così come lo possiamo vedere, ora lo ha almeno in parte capito.
Quello che mi auguro io, e che si augurano tutti quelli che come me hanno apprezzato e apprezzeranno quel che significa questo album (e il “movimento dei bauli” in generale) è che quando tutto tornerà alla normalità tutto questo non venga dimenticato. Voglio augurarmi che ad ogni nuovo spettacolo, ad ogni sipario che si aprirà “quando tutto sarà finito” ci sia sempre un applauso per tutti coloro che lavorano con quei bauli, per tutti quelle persone che lavorano a riflettori spenti e che con il loro lavoro (che non voglio volutamente menzionare nel dettaglio per non rischiare di dimenticare qualcuno) ci regalano quei momenti che ora tanto ci mancano.
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