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La prima settimana dopo l’illuminazione Buddha rimase a meditare sotto “l’albero del fico sacro”, una pianta molto diffusa nel subcontinente indiano. Nelle tre settimane successive passò a meditare sotto altri tre alberi: un “ficus indica”, un “mucilinda” e, infine, sotto un rājāyatana.

Un giorno, mentre meditava sotto il primo albero, Buddha venne avvicinato da un bramano, che lo interrogò sulla natura dell’essere  “brāhmaṇa”. Egli rispose che tale è colui che ha raggiunto il più alto livello di purificazione della mente e dell’anima, attraverso la pratica della meditazione e delle virtù morali. Questo è considerato un titolo onorifico e non è strettamente legato alla casta dei brāhmaṇa nell’induismo. L’importanza del titolo di brāhmaṇa nel buddismo è più legata ai valori morali e spirituali della persona, piuttosto che alla sua origine o al suo status sociale.

Durante la meditazione sotto il secondo albero scoppiò un violento temporale che durò sette giorni, ma uno spirito serpente del luogo protesse il Buddha dalle intemperie. Sotto l’ultimo albero il Buddha sperimentò la gioia derivante dalla liberazione dalle rinascite. In quei giorni il Buddha venne raggiunto da due mercanti: Tapussa e Bhallika, che presero rifugio dal maestro diventando i suoi due primi discepoli laici.

Nei giorni successivi Buddha si interrogò se fosse opportuno diffondere la dottrina o se fosse stato meglio conservarla per sé, essendo essa di difficile comprensione e quindi adatta solo a pochi saggi.

Brahma, il “Signore del Mondo”, ossia quella divinità predisposta a creare il mondo materiale, giunse di fronte al Buddha, si inginocchiò e lo implorò di diffondere la sua dottrina “per aprire i cancelli dell’immortalità” e permettere al mondo di udire il Dharma. Così Buddha si convinse a diffondere la sua dottrina, e lo avrebbe voluto fare per tutti, tranne per i suoi antichi maestri, da lui ritenuti “morti” ossia incapaci di riceverla.

Quando Buddha tornò a Sarnath, ritrovò i suoi cinque discepoli che erano ancora intenzionati ad ignorarlo, ma cambiarono idea quando videro il suo aspetto radioso. Quando seppero che aveva conseguito il Perfetto Risveglio lo accolsero come maestro e gli chiesero di condividere con loro quanto aveva appreso.

Le prime parole che pronunciò Buddha erano di condanna delle due vie estreme dell’esistenza: il totale appagamento dei sensi, volgare e dannoso, e l’estremo opposto, l’automortificazione, dolorosa, dannosa e inutile. La scelta migliore è la “Via di mezzo” *** apportatrice di chiara visione e di conoscenza” che “conduce alla calma, alla conoscenza trascendente, al risveglio, e al nirvana.

Buddha passò poi a illustrare il concetto dell’“Ottuplice pensiero” e quello delle “Quattro nobili verità”, ossia i principi cardine del buddismo.

In merito alle quattro nobili verità il Buddha proclama che ciascuna di esse è stata da lui riconosciuta, compresa e visualizzata. In questo modo è giunto al “supremo perfetto risveglio” che costituisce il momento culminante della vita del Buddha in cui ha raggiunto la piena comprensione della natura della realtà e ha scoperto la via per superare la sofferenza.

A quel punto, uno dei discepoli esclamò “Tutto quello che nasce è destinato a perire!” e a quelle parole il sistema dei diecimila mondi ebbe un sussulto, e la ruota del Dharma era stata avviata.

Il primo discepolo ad essere ordinato fu Añña Kondañña, a lui viene rivolta quella che diverrà la formula tradizionale di ordinazione buddista “Ehi Bhikkhu!” (“Vieni monaco!“). Nasce anche il primo Sangha, la comunità delle quattro assemblee, quella dei monaci, delle laiche, dei laici, e dei buddisti.


*** Il concetto di “Via di mezzo” nel buddismo si riferisce, quindi, alla ricerca di un equilibrio tra due estremi. In particolare, il Buddha insegnò che la via di mezzo è il percorso che evita sia l'indulgenza in piaceri sensoriali e nella vita mondana, sia il rigore dell'ascetismo. La via di mezzo si basa sulla comprensione della natura interconnessa di tutte le cose e sulla saggezza che nasce dall'osservazione attenta della realtà. Essa incoraggia a cercare un equilibrio tra le diverse aree della vita: tra il lavoro e il riposo, tra l'attaccamento e la non-attaccamento, tra l'arricchimento e la generosità. Questa via di mezzo è considerata il percorso migliore per raggiungere la liberazione spirituale e la saggezza suprema, nota come illuminazione. La pratica buddista quindi incoraggia ad abbracciare questo approccio, cercando di evitare i due estremi, lavorando con impegno verso il proprio benessere interiore e il benessere degli altri.

Lezione 1: Un corso di filosofia orientale proposto da socialbg
Lezione 2: Siddharta Gautama fugge da casa per la ricerca della verita
Lezione 3: Illuminazione del Buddha e le quattro nobili verità
Lezione 4: L’ottuplice sentiero verso la liberazione

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Autore

Enrico Valente

Enrico Valente è nato a Torino nel 1978 dove si laurea in giurisprudenza nel 2004. Da oltre vent'anni si dedica allo studio e alla ricerca filosofica e da alcuni anni affianca la passione per la scrittura alla traduzione di saggi e romanzi. Con ”L'arte di cambiare, da bisogno a desiderio dell'altro” la sua opera di esordio, vince nel 2021 il primo premio al Concorso nazionale di filosofia ”Le figure del pensiero”, nello stesso anno riceve per la medesima opera la menzione d'onore al Premio di arti letterarie metropoli di Torino e arriva finalista al concorso di Città di Castello. Attualmente è impegnato alla preparazione di una collana intitolata ”Incontri filosofici” dedicata ai grandi protagonisti della filosofia che sta ricevendo un notevole riscontro da parte del pubblico ed è in corso di traduzione all'estero. Il suo primo numero “Il mio primo Platone” è arrivato finalista al concorso nazionale di filosofia di Certaldo (FI) 2022.

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