Biondi immobiliare

La bufera scatenata dalle parole del vice ministra all’economia Laura Castelli sui ristoratori (Se non ce la fanno, cambino mestiere) può giusto creare polemica solo in un paese come il nostro.

All’indomani di tutte le vicende accadute dal lockdown ad oggi, con i rigidi regolamenti a cui sono sottoposti i detentori di bar e ristoranti, la frase del ministro pentastellato pare una proposta irricevibile o addirittura offensiva. Anche se dopo l’incipit a gamba tesa le parole del ministro non sembrano cosi brutali.

Questa crisi – ha aggiunto Castelli –  ha spostato domanda e offerta, le persone hanno cambiato il modo di vivere, e bisogna aiutare gli imprenditori dei nuovi business che sono nati in questo periodo. Certo che se una persona decide di non andare più al ristorante bisogna aiutare l’imprenditore a fare un’altra attività e non perdere l’occupazione e va sostenuto anche nella sua creatività, magari ha visto un nuovo business. Io credo che negare che questa crisi abbia cambiato la domanda e l’offerta in termini macro economici sia un errore. Vanno aiutate le imprese, sposteremo le tasse».

Ci risulta che nell’era dell’economia di mercato qualsiasi bar o ristorante debba sottostare alle leggi della domanda e dell’offerta e vedersela con la concorrenza. Regole simili dappertutto: dagli Usa all’odierna Russia passando fino all’Estremo Oriente. Se i clienti non arrivano in una certa quantità si è costretti a chiudere.  Non si capisce come mai una regola economica così universale e chiara a tutti possa essere messa in discussione, seppur citata dopo un periodo di crisi sanitaria che tutti sappiamo.

Tra l’altro una proposta di legge su questo tema che si chiama “flex security” è depositata da anni e ferma nei meandri del Parlamento. Consiste nel copiare il modello scandinavo di welfare: accompagnare il lavoratore che ha perso il posto di lavoro in percorsi formativi nuovi per i quali poi potrà avere accesso a nuova occupazione.

Certo per questo tipo di proposta politica bisogna avere una sinergia e un consenso extra large, mentre invece la struttura arcaica e medievale tendente al protezionismo in cui siamo impelagati preferisce la difesa dello status quo rispetto ad una propensione al rischio di navigare verso l’ignoto. Ergo: ogni tipo di propensione al cambiamento resta al palo.

A difendere l’uscita della ministra (già da condannare senza apello da Meloni e Salvini) c’è lo chef stellato Giorgio Locatelli, già giudice di MasterChef Italia: “Mi piacerebbe non dare ragione alla viceministra Castelli ma c’è unaCosa ha detto di tanto strano la ministra Laura Castelli? buona quantità di verità in quello che dice. Non è un approccio gentile, è un approccio a gamba tsta, ma è reale. I ristoranti sono una rappresentazione della società e ne rispecchiano anche le crisi. A Londra (dove gestisce la sua «Locanda Locatelli») stiamo lavorando abbastanza bene ma i numeri non sono gli stessi ed è obbligatorio cambiare. Chi sta pagando il prezzo più alto sono i ristoranti di classe media, che lavoravano sui grandi numeri in centro, soprattutto a pranzo. Perché gli affitti sono altissimi e il pubblico decimato anche dallo smart working. Chi si ferma è perduto. Questo è un mestiere in continua evoluzione. In Italia tanti ristoranti sono a conduzione familiare e probabilmente questo rende più complicati i cambiamenti. In altri Paesi ci sono ristoranti stellati che si sono riconvertiti in vinerie particolari. Forse la ministra ha usato quelle parole perché scocciata dagli italiani che piagnucolano. Ogni tanto qualcuno che dà una sferzata serve. Così chi è capace è spronato a reinventarsi, che è da sempre una caratteristica importante di un ristoratore che vuole durare“.

In conclusione, i ristoratori o i loro rappresentanti stiano tranquilli: non sarà una frase politicamente scorretta a fare chiudere la loro attività, ma se succederà sarà solo per la legge del mercato. E la proposta politica di cambiare mestiere se alcuni attori di un settore economico sono destinati alla saturazione è un fatto normale nei paesi dell’Europa del Nord che tanto ci sembrano cattivi. Perché non si vide di sussidi, al massimo si può morire.

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Autore

Davide Bettinelli

Nato a Trescore nel 1982. Diplomato alla "Pesenti". Occupazione operaio metalmeccanico. Membro del consiglio di fabbrica per la CISL dal 2006 al 2014. Calcio CSI dal 2003 al 2009. 1° posto Endenna gruppo di campionato 2007-2008 Arbitro CSI dal 2009 al 2011. Presidente calcio a 5 CSI dal 2010 al 2013 della Mirafiori. 1° posto gruppo E nella stagione 2011-2012. 1° posto torneo Epifania a Berbenno nel 2011. Tennis a livello amatoriale dal 2013 al 2017. Miglior risultato quarti di finale torneo Quarenga 2016. Iscritto al PD dal 2010

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