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Quali sono i periodi e gli avvenimenti di riferimento?
Il 1989/91 con la caduta del Muro di Berlino e la fine dell’Unione sovietica e il 2015/16 con l’occupazione della Crimea da parte della Russia, la Brexit e l’elezione di Trump. Nel primo caso si parlò di vittoria delle democrazie, di affermazione della globalizzazione e superamento degli stati nazionali; nel secondo di crisi delle democrazie, di liberalismi illiberali, della nascita dei populismi.

Cosa si intende per “liberalismo illiberale”?
Trump deve il suo successo non alla disponibilità di denaro. La Clinton aveva un budget elettorale superiore al suo. Star televisiva più che imprenditore di successo i suoi elettori appartenevano alla classe operaia che si sentiva rappresentata dal suo modo di fare sfrontato, l’aria di sexappeal. Si è dimostrato disinvolto nei trattati internazionali, fautore di meri interessi americani, sprezzante con l’élite accademica, scettico nei riguardi della Nato e dell’Europa.

Cosa avrebbe fatto Trump se Putin avesse attaccato l’Ucraina?
Putin contava nella rielezione di Trump. Con Trump rieletto sarebbe stato più facile; l’avrebbe fatto un anno o due prima se non ci fosse stato il covid. Distratto dalla scena europea, qualcuno dice che Trump avesse intenzione di togliere quell’art. 5 del Trattato Nato che obbliga l’alleato a intervenire in caso di aggressione. Disinvolto verso le norme pensava di mandare in vacanza un Congresso reticente alle sue proposte.

Com’è la situazione dell’America al suo interno, visto che lei insegna là da molto?
C’è una crescente tensione interna. Qualcuno parla di una nuova guerra civile. La fiducia nelle istituzioni è al minimo storico. Il consenso per il Congresso è del 7% a fronte del 70% per le Forze armate. Con la globalizzazione e l’automazione la classe operaia non si è sentita più rappresentata dai democratici. E’ cresciuta la disoccupazione.  I nuovi lavori sono per la cura di anziani e bambini, a vantaggio delle donne. I maschi si sentono doppiamente frustrati: le ragazze finiscono prima di loro il college e sono più richieste e pagate; vengono declassati sessualmente perché le donne cercano un partner istruito e sono cambiati i  rapporti di genere.

C’è sfiducia nella democrazia?
Erano pochi i membri del parlamento (3%) che una volta licenziati si riciclavano come lobbisti di grandi compagnie. Era per queste un investimento redditizio. Ora siamo arrivati al 50%. Le compagnie li assumono perché rendono, hanno conoscenze e agganci, aiutano a districarsi in normative complicate. Così la fiducia nel Parlamento ne risente. I social non sono perciostesso democrazia. Non è possibile ridurre informazione e consenso tramite Twitter, che è un appello alle emozioni non alla ragionevolezza. Tanto più che chi gestisce la pubblicità è in grado di raccogliere enormi informazioni.

Come vede la Russia di oggi?
La Russia ha uno spirito di revanche per ciò che è accaduto nel 1991. Vuole cambiare l’ordine politico. Altri paesi sarebbero caduti nel mirino (Georgia, Moldavia, Paesi baltici, Finlandia, Svezia) senza la reazione ucraina. L’Ue, così pronta a ricorrere a tribunali o a sanzioni economiche, è debole sul piano decisionale e militare. Aleksander Dugin, ideologo di Putin, parla in termini geopolitici di Impero eurasiatico, con l’Ue sotto il protettorato russo, basta che la Russia faccia una costante propaganda, renda l’Europa sempre più dipendente dalle sue risorse e faccia uso della forza militare. Il declino dell’Occidente è stato costante negli ultimi anni. Nel 2050 tra le 10 grandi economie solo tre saranno occidentali, e l’Italia non sarà tra queste. Per l’Europa, priva di un esercito adeguato, non resta che mantenere un intelligente rapporto con gli Usa. Sperando che non torni Trump.

Cosa dice dello smantellamento dello stato sociale in atto nei nostri paesi?
In Germania, all’indomani del disastro della Seconda Guerra Mondiale, c’è stato un grande dibattito circa l’ordine sociale da introdurre: liberalismo anglosassone o economia pianificata sul modello russo? Si è optato per l’ ”ordoliberalismo”, un’economia di mercato ordinata. Secondo W. Eucken la cornice doveva essere il mercato ma non tutto doveva ridursi al mercato; c’era bisogno di una classe politica che avesse presente il bene comune. Un certo liberalismo lascia invece liberi di fare ciò che si vuole. Se lo stato sociale è diminuito in Europa è per l’incremento del debito pubblico insieme all’inverno demografico. Svantaggiati sono i giovani che dovranno far fronte.

Cosa pensa della disuguaglianza?
Negli Usa c’è una forte disuguaglianza. I College americani sono accessibili ai ricchi. Ma attenzione! In Canada che ha un sistema welfare superiore a quello americano, molti medici generici fuggono e vanno negli Usa perché più pagati e professionalmente soddisfatti, non ridotti a riempire formulari. D’altronde non è concepibile che in Germania un premio Nobel sia costretto a tenere lo stesso numeri di corsi e di ore di insegnamento come chi non ha mai pubblicato un libro e si è appena affacciato all’Università. La meritocrazia ha favorito la rivoluzione industriale. Le differenze permangono nella globalizzazione. Ma evitiamo gli eccessi, le esagerazioni di certi college americani dove si taccia di sessismo l’uso della lingua che usa solo le due forme grammaticali del maschile e del femminile, o spariscono immagini di grandi matematici del passato perché è ritenuto ingiusto che solo due donne vi siano rappresentate. Serpeggia un risentimento verso il bravo. Le dottrine postmoderniste l’hanno favorito sbandierando che non ci sono valori e tutto è soggettivo. Ad un concittadino ateniese che chiedeva il favore di scrivere sul coccio il nome del politico da mandare in esilio, per ostracismo, il giusto Aristide scrupolosamente scrisse il proprio nome, come l’altro voleva. Domandò poi il perché lui ce l’avesse tanto con Aristide. La risposta fu: “Quest’uomo è ritenuto giusto e io non tollero un giusto”.

(riduzione a intervista di Mauro Malighetti)

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