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Ipazia è figura simbolica del libero pensiero che ha pagato con la vita come Socrate e Giordano Bruno. Seguace del padre Teone matematico e appassionata di astronomia, era un’esponente ad Alessandria d’Egitto della Scuola neoplatonica.

Fu aggredita, forse sulla via della scuola dove si stava recando, da un gruppo di incolti monaci venuti da fuori – parabolani (a rischio di vita) venivano detti – e barbaramente trucidata. Il Vescovo Cirillo, futuro Padre della Chiesa, fu ritenuto il mandante. Le cavarono gli occhi colpevole di aver guardato a modo suo il cielo e i suoi resti bruciati perché di lei si cancellasse ogni traccia. Si tratta di capire il perché.

Era anzitutto una donna e per di più colta. Aveva un ruolo di prestigio nella Scuola della città. Era amica del governatore Oreste. Alessandria era un crogiuolo di etnie e di culture, ebrei della diaspora, pagani e cristiani, di classi sociali diverse e contrapposte, poveri e privilegiati, fuggiaschi e gente che veniva dalla campagna. La Scuola alessandrina mescolava il sapere di Pitagora, Platone, Plotino. L’universo disegnato dal Timeo di Platone era un cosmo ordinato, numerabile, armonico. L’Uno lo genera e lo anima, da cui si diparte il molteplice. Ipazia si muoveva in un mondo al maschile in cui faceva testo la visione aristotelica della superiorità dell’uomo sulla donna come forma che determina l’informe materia, atto che rende operante la potenza. Ipazia aveva numerosi seguaci, giovani delle classi colte, era dedita agli studi e alla scienza, enciclopedica, dotata di una dialettica non comune.

Era pagana, con il paganesimo al tramonto. Nella Scuola si propugnava una visione religiosa che si rifaceva al politeismo della religione tradizionale avversata dalla nuova fede cristiana. Con Costantino e ancor più con Teodosio il Cristianesimo si era configurato come religione dell’impero e i pagani ormai in minoranza. Cirillo è teologo e capo religioso. Disprezza i filosofi pagani che a suo parere si contraddicono con tutta la loro sapienza. Mira ad un’egemonia culturale oltre che politica. Ipazia, estranea a certi dibattiti teologici ed ereticali dei cristiani, è interessata alle cose che la circondano, a indagare le forze misteriose e occulte della natura con la curiosità della scienziata e una forma mentis che le deriva dalla matematica e dalla geometria.

Ad Alessandria d’Egitto siamo nella provincia di Roma ma era Costantinopoli che dettava legge. Alessandria era crogiolo di idee e semenzaio di brighe, conflitti e violenze. I monaci che Cirillo manovra erano stati sfiorati dalla cultura greca, ai margini della città ma attivi, solitari e intransigenti. C’era l’ossessione per la salvaguardia dell’ortodossia, preservare l’unità, costringere all’autorità che in quel momento si dimostrava ostile e recalcitrante a cui Ipazia apparteneva.

La morte di Ipazia è testimonianza del fanatismo che la storia ha conosciuto in ogni tempo. Denudata, torturata, accecata, smembrata e bruciata per cancellarne la memoria. L’amore del conoscere che mette in contatto e unisce è negato. Emerge con Ipazia una donna che dice ed è ascoltata. Esploderà questo bisogno secoli dopo, nell’Ottocento e poi nel Novecento con grandi cambiamenti in poco tempo. Ancora le cene di Bergson erano riservate ai maschi. Per arrivare ai nostri giorni con le figure della Montalcini e di Margherita Hack che fanno da testa di ponte a questa marcia al femminile.

Una chiosa a proposito del racconto biblico dei progenitori nel Paradiso terrestre e vale per tutti: c’è la proibizione che è quella di non mangiare dei frutti dell’albero della conoscenza, Eva trasgredisce e spinge Adamo a fare lo stesso. La sua è una sfida. Come Ipazia con Cirillo: per avere una conoscenza che libera c’è un prezzo da pagare.

(Matteo Saudino a Noesis 202/23. Sintesi della lezione dal titoloIpazia e il peccato della conoscenza all’Auditorium Mascheroni di Bergamo, 14 febbraio 2023)

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