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La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris è una donna nera figlia di  immigrati. Troppo moderata per alcuni, simbolo di cambiamento per  altri. Di sicuro avrà un ruolo centrale nei prossimi quattro anni. “La Harris – scrive Arwa Mahdawi su The Guardianha passato  la vita a infrangere barriere e a essere “la prima”: la prima procuratrice distrettuale di San  Francisco e poi la prima procuratrice generale della California; la prima donna di origini indiane a essere eletta al senato e ora la prima donna a occupare la carica di vicepresidente degli Stati Uniti. Se Joe Biden deciderà di fare solo un mandato da presidente (come sembra probabile visto che tra quattro anni avrà quasi 82 anni), Harris potrebbe cercare di prendere il suo posto e diventare così la prima donna nera presidente degli Stati Uniti“.

Kamala Harris ha una personalità forte che sorreggerà eventuali note d’insicurezza del suo Presidente Joe Biden, fornendo quella decisionalità che a lei appartiene. Siamo di fronte a un duo che rispecchia il pensiero di Jung: animus Harris e anima Biden. Vale a dire che il presidente spicca per la sensibilità affettiva, mentre la vicepresidente denota una spiccata volontà e determinazione. Ella appare dotata di senso estetico in un pensiero concreto che mira ad ottenere sempre e comunque dei risultati tangibili. In ciò è sostenta da una buona energia vitale che le permette di sopportare bene frustrazioni e stress (vedi pressione marcata con chiaroscuri evidenti).

A tutto ciò va aggiunta un’animosità pulsionale la spinge ad osare e non permettere che nulla si frapponga tra lei e i suoi obiettivi. Kamala Harris è certamente donna in carriera cui non manca una evidente leadership che la porterà anche in futuro a puntare in alto. Non è persona facile da accontentare per cui sfrutta al massimo le abilità politiche e sociali, di cui è peraltro ben fornita, mirando sempre all’eccellenza per sé e per la sua parte politica.


a cura della dr.ssa Evi Crotti (psicopedagogista e scrittrice, esperta di grafologia)

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