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Cividate al Piano è un nome romano. Viene da civitas, sorto come castro romano. Lo si riconosce nelle vie a reticolo del vecchio borgo. Il cardo, la via principale che da nord andava a sud, passava probabilmente davanti alla Chiesa Parrocchiale, dedicata a San Nicola.

Cividate al Piano fu ampliata in epoca barocca fino a inglobare due cappelle precedenti, poste agli angoli opposti, quella di San Luigi e di S. Rocco. Allora si operava per ampliamenti e ammodernamenti. Questa ha una netta impronta barocca nella facciata con il portale e basamento in marmo di Zandobbio. Di gusto neoclassico è l’altare in marmo intarsiato. Altri affreschi della volta sono del Novecento.

Anticamente c’era una chiesa fuori dal centro, dedicata a San Martino. Nicola e Martino due santi, vescovi e capi di comunità, vissero nello stesso secolo (IV d. C.) uno in Asia Minore (l’odierna Turchia) l’altro in Gallia (Francia), quando il Cristianesimo si era affermato ma era lacerato da contrasti ed eresie. Furono celebrati nelle rappresentazioni pittoriche come esempi di carità, quel taglio del mantello condiviso col povero e i tre sacchetti d’oro, in forma di palle, date a ragazze senza dote e perciò predestinate allo sfruttamento.

Poco distante dalla chiesa è il Castello, un rialzo sulla sponda di destra dell’Oglio. In epoca comunale era un presidio conteso nella lotta tra Guelfi e Ghibellini, tra Bresciani e Bergamaschi, a motivo dell’acqua e per il controllo delle vie di comunicazione. Si ricorda qui la battaglia di Malamorte, disastrosa per i bergamaschi.

Si veniva da un periodo di pace. La Lega Lombarda contro il Barbarossa aveva messo d’accordo le città lombarde, salvo Cremona. Avevano giurato a Pontida contro il nemico teutonico. Le vecchie rivalità poi riaffiorarono. Lo scontro si svolse nel luglio del 1191. I bergamaschi approntarono un ponte di barche sull’Oglio e l’attraversarono. Si diressero a Palazzolo e spalleggiati dai cremonesi sembravano avere la meglio. I bresciani temporeggiavano in attesa di rinforzi da Milano. I bergamaschi si erano dati al saccheggio di campi e cascinali e qualche agglomerato di case. Furono però sorpresi da un frastuono di voci e di trombe provenienti da sud. La cavalleria bresciana uscita da Rudiano aveva lanciato la carica. Ci fu scompiglio e panico. Gli attaccanti bergamaschi temettero di essere presi alle spalle da bresciani e milanesi congiunti. Indietreggiarono cercando una via di fuga verso il ponte che divenne una trappola. Si accalcarono attorno. Il ponte di barche non resse. Molti appesantiti dalle armature trovarono la morte nel fiume, una “mala morte”. I bergamaschi dovettero cedere diversi presidi della zona.

L’imperatore Enrico VI impose finalmente un accordo tra le due parti. Ci vollero altri duecento anni per spegnere le rivalità che davano luogo spesso a crudeltà e torture su donne e bambini. Arrivò da ultimo Venezia e fu pace.

Notevole è il Palazzo Balestra, di antica famiglia mercantile. La stessa cui apparteneva il pittore veronese Il Balestra autore tra l’altro di una Fuga in Egitto conservata nella Basilica di Gandino. Il palazzo è attuale sede della Sala Consiliare o Sala Rosa, dove si conservano un camino marmoreo e eleganti stucchi di decorazione.

Nella visita guidata siamo passati sulla sponda dove in un ampio prato guadagnato al fiume sorge il Santuario della Beata Vergine dei Campiveri. Era un Oratorio per i morti di peste. E’ rimasto il dipinto dell’Addolorata, incastonata in un’ancona lignea dorata. L’attuale costruzione è del 1893. Si ricorda un miracolo, un trasudamento dell’immagine sacra. Il percorso a piedi ci ha portato in un’oasi che fa riposare il cuore: qualche panchina, un prato, l’ombra di salici e pioppi, tanto verde e l’acqua dell’Oglio che scorre.

Da piccolo borgo Cividate nel dopoguerra ha subito una crescita disordinata, come tanti altri centri della Pianura.


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