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Ci sono pagine significanti, a volte una foto e due parole valgono più di mille commenti e spiegazioni: al Manifesto capita spesso. Tra queste la pagina di apertura del 3 settembre 2015 con la foto di Alan Kurdi, il bambino siriano riverso con la faccia affondata nella battigia turca di una meta turistica per benestanti, che è diventata il simbolo dei tanti migranti in cerca di un pezzo di vita e dignità. “Niente asilo”, c’è tutto.

Un anno fa tra i 94 annegati di Cutro, 34 minori. C’era anche il corpicino di un piccoletto di nemmeno un anno, che nessuno ha reclamato, ed è stato contrassegnato con la sigla KR16M0 e gli è stato dato il nome di Alì. Dopo un anno si è rintracciato il nome, Mohamed, ma fa lo stesso, cambia il nome ma non il senso. La strage di Cutro ha raccontato una notte nera, una strage poco distante dalla costa che si doveva e si poteva evitare: il balletto dei rimpalli lo sta a dimostrare, così come il polverone dei distinguo che si è sollevato sulle acque schiumanti di quel mare. Si sa che la confusione serve per oscurare il responsabile, che nella mischia può essere chiunque, io, tu, e anche le rose, e quindi non lo è nessuno. Nel merito, si sa per certo che Frontex ha segnalato la presenza del barcone in mare, ma da lì in poi è stato un balletto di rimbalzi bizantini sulle modalità, i tempi, i termini, gli accenti, le virgole, i punti e i due punti. Fatto sta che è uscita in mare la Guardia di Finanza, che si occupa di polizia e non è attrezzata per i salvataggi e per mari grossi (infatti è rientrata a terra), mentre è rimasta in porto la Guardia Costiera, che fa capo al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, che invece è attrezzata per operazioni di salvataggio e per i mari più brutti: negli ultimi anni ha salvato migliaia di vite umane, ma evidentemente non è un merito, infatti adesso prima di uscire deve avere ordini certificati con la prova del nove.

Per dire: la Gregoretti, nave della Guardia Costiera famosa per aver preso a bordo, tra gli altri, 165 migranti e scatenato le ire dell’allora ministro dell’interno, la stessa notte della strage di Cutro è stata mandata in una spedizione di contrasto alla pesca illegale, con grande successo. Infatti ha intercettato un peschereccio con a bordo 267 tonni rossi e 6 pesci spada, tutti sequestrati perché di taglia troppo piccola per poter essere pescati. Grande risultato, giusto dare la caccia alla pesca illegale. Del resto, a qualsiasi mercato del pesce e macello di carne, il tonno rosso vale molto di più della carne di migrante colorato che ha la vocazione a partenze irresponsabili. Il tonno ha segnato la storia del Mediterraneo, la linea delle tonnare ne descrive le rotte e l’importanza, sulle imbarcazioni è sempre stato un carico essenziale, non “residuale”. Dio, Patria e famiglia. E tonno, potremmo aggiungere. Dopo la strage a Cutro si presentò, solo e solitario, il Presidente Mattarella, il governo ci andò solo dopo due settimane per farci un Consiglio dei Ministri, ma nessuno fece visita ai parenti perché bisognava rientrare per il karaoke al compleanno di Salvini. A dirla tutta, un eccesso di zero.

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