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Con questo articolo concludo il parziale resoconto dei documenti raccolti nella pubblicazione Piccole grandi storie della Chiesa di Bergamo, edita dal centro Studi Valle Imagna, curata dall’appassionato studioso di vicende della chiesa di Bergamo, mons. Ermenegildo Camozzi, relativi all’arciprete di Seriate tra il 1848 e il 1849, don Stefano Gatti, facendo seguito a quanto presentato nei precedenti contributi linkati in coda.

In particolare in questa occasione, viene trascritto, in rapida sintesi, una istanza redatta da don Gatti, in data 31 dicembre 1849, rivolta,questa volta, addirittura a papa Pio IX.

Erano anni difficilissimi per il pontefice; papa Pio IX, Giovanni Battista Mastai Ferretti, era stato eletto nel 1846. Dopo i primissimi mesi, in cui per alcuni suoi gesti, si conquistò una larga popolarità tra gli Italiani, le sue scelte, a partire dal 1848, si scontrarono aspramente con le idee dei suoi contemporanei favorevoli alla formazione dello stato unitario. Verso la fine di quell’anno Pio IX si vide costretto ad abbondare Roma per rifugiarsi a Gaeta nel Regno delle Due Sicilie; a Roma fu costituita la Repubblica Romana.

Nella lettera di don Gatti si ha un’eco precisa di tutto ciò: “Fino dal giorno tre febbraio 1848 a Vostra Santità feci appello del decreto vescovile 18 gennaio …  dopo la notizia datami da sua eminenza il card. Mai d’essere stato diretto da Gaeta alla Congregazione del Sacro Concilio, non sapendo più nulla ad onta di varie mie indagini, temendo che sia perito tra gli sconvolgimenti della rivoluzione, ne umilio un altro per la via ordinaria del metropolitano arcivescovo di Milano“.

Sia permesso ricordare che in quell’anno era arcivescovo di Milano, Carlo Bartolomeo Romilli, bergamasco che era stato parroco di Trescore, successivamente, vescovo di Cremona e, appunto, dal 1847 arcivescovo di Milano dove morì nel maggio del 1859.  Il cardinale Mai, di cui si fa cenno, non può che essere il famoso Angelo Maj, cardinale bergamasco, nato nel 1782, teologo, filologo, direttore della Biblioteca Vaticana, morto nel 1854.

Nella sua presa di posizione il parroco ribadiva la sua  contrarietà alla decisione del vescovo rimarcando il suo comportamento sostanzialmente corretto accusando la curia di eccessività severità: Ammesso che io abbia mancanze non essendo da calcolarsi perché leggere  … a meno che non si vogliano sottoporre alla tortura  e privare del beneficio tutti i parroci, perché tutti anche i parroci o più o meno incorrono in mancanze di mente e di cuore“.

Respingeva le accuse di avidità: “Frequente volte eseguivo funerali per carità … pei i matrimoni nei quali oltre la cera occorrente che somministravo, celebravo anche la messa, mi contentavo d’un mezzo crocione d’argento,mentre prima del mio ingresso in questa parrocchia,si pagava anche il doppio … Ho speso dalle otto alle dieci mille lire in restauri della casa e migliorie dei prodotti per cui il prodotto del beneficio si è portato dalle due mille alle cinque mille lire austriache”.

Il crocione d’argento era un moneta assai pregiata, coniata in quel periodo. Per quanto riguarda le accuse di alcuni Seriatesi affermava che ” … erano state avanzate da persone cattive ed animate da parziale inimicizia contro di me … Fu allo scoppio della rivoluzione,che per non aver io predicato all’armi contro i Tedeschi, come volevano i miei persecutori, quei capi di rivolta nel mese di marzo 1848,riassunsero contro di me la persecuzione“.

A questo punto descriva l’aggressione subita,il suo imposto allontanamento da Seriate e,quindi, la sua istanza per un rientro nella parrocchia di cui solo lui era il legittimo parroco. Citava a questo proposito precise normative del  manuale di diritto canonico austriaco e dello jus canonico

Concludeva dichiarando che ” … il decreto del vescovo  … era ingiusto …  anticanonico. Perché mi priva del diritto di rientrare nella mia parrocchia; di mettere io il vicario; perché mi priva del godimento e della amministrazione del beneficio“.

La pubblicazione in questione si ferma a questo punto; precisa, però, che la vertenza continuò con lettere di Gritti Morlacchi, vescovo di Bergamo, alla Congregazione del Concilio (12 giugno 1850 e 12 novembre 1851), di Gatti alla stessa Congregazione (1 marzo 1852), di Gritti Morlacchi a Pio IX (22 marzo 1852). Da altre fonti sappiamo che negli anni successivi don Gatti rientrò a Seriate; nel 1854, per esempio, negli atti della visita pastorale del vescovo Pier Luigi Speranza che, nel 1853 era stato nominato vescovo di Bergamo da papa Pio IX, viene indicato come parroco di Seriate.

Nel 1859, però, a seguito della Seconda Guerra d’Indipendenza con la sconfitta degli Austriaci e la costituzione dello Stato italiano a don Gatti, con decreto del Prefetto dello stesso anno, fu proibito di restare nella nostra città. L’anno dopo si dimise anche da parroco. Si era, nel frattempo, ritirato in città dove mori nel 1862. Suo successore fu nominato don Marco Travaini (1860.1890).

Indubbiamente i documenti ripresi nella ricerca edita dal Centro Studi Valle Imagna, pur nella loro parziale completezza, offrono uno spaccato della complessità di quel periodo (1848 -184 ) difficile e contradditorio offrendoci uno racconto limitato alla comunità di Seriate ma certamente significativo. Mi sia permesso anche aggiungere che le note scritte in questi post si sono riferite ad alcuni aspetti essenziali. Non hanno, per esempio, toccato alcune questioni: quelle economiche, in particolare. Infatti, don Gatti e il vescovo Gritti Morlacchi nei loro scritti più volte accennano ai compensi dovuti al parroco e al suo vicario. Per uno studioso di storia di diritto canonico e dei relativi impegni finanziari, questi documenti offrono informazioni importanti. Rimando, pertanto, il lettore interessato a questi aspetti alla lettura integrale della pubblicazione a cui si fa riferimento in queste occasioni.

Così, come non è stato, se non in minima parte, accennato alla complessa questione del rapporto tra Chiesa e Stato che segnò profondamente il XIX secolo evidenziando diversità fondamentali tra il periodo austriaco da quello del nuovo stato italiano. Infatti, con il governo di Vienna tali rapporti era definiti in base ad un Concordato; con il nuovo stato, invece, i rapporti furono subito difficili e controversi. Gli effetti di tale situazione si fecero sentire fin dal 1859 a Bergamo per i drammatici e anche violenti scontri tra liberali e il clero, l’associazionismo cattolico, lo stesso vescovo Speranza. A Seriate, con il nuovo parroco la situazione si rasserenò. Ercole Piccinelli divenne sindaco del paese

I parte: Quando spararono alla testa al parroco di Seriate don Stefano Gatti – PRIMA PARTE
II parte: Quando spararono alla testa al parroco di Seriate don Stefano Gatti – SECONDA PARTE

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Autore

Mario Fiorendi

Studioso di storia locale in particolare del movimento cattolico bergamasco tra fino 800 e inizio 900. Tra le sue pubblicazioni: - "Vincenzo Bombardieri. Una storia civile"; "100 anni fa. Una storia ancora viva. Lo sciopero di Ranica"; un contributo al volume "Alle radici del movimento sociale cattolico a bergamasco".

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