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Quello delle scommesse è un settore economico di enorme valore. In tutto il mondo. A quanti soldi corrisponda quell’«enorme valore», però, non lo sa nessuno.

Un calcolo di massima sulle scommesse in Italia e nel mondo lo ha tentato la Wla, ovvero la World Lottery Association (che ha un sito web al link: https://www.world-lotteries.org) la quale ha contezza di sistemi legali con un fatturato di oltre 80 miliardi di dollari americani (è la stessa cifra se calcolata in euro).

Sistemi legali sono quelli i cui organizzatori fanno le cose in regola con la legge, pagano le tasse e magari devolvono una parte dei proventi per iniziative di pubblica utilità – tipo il finanziamento dei musei, come avviene in Italia, o la diffusione della pratica dello sport, come avviene in Gran Bretagna.

Il sospetto, però, è che molta parte del fatturato delle scommesse sia illegale. Ovvero organizzato da individui che agiscono al di fuori della legge, evitano di pagare le tasse e magari ci caricano sopra anche un po’ di violenza.

Quanto guadagnano questi loschi individui? La Wla sospetta che si mettano in tasca 340 miliardi, ovvero 4 volte i guadagni degli operatori legali. Cioè, forse. Quei miliardi illegali potrebbero pure essere 5 volte tanti, cioè 1700. Ogni anno.

Questi calcoli li ha fatto l’Agimeg, agenzia di stampa specializzata nel settore dei giochi (un articolo dedicato è online al link: https://www.agimeg.it/world-lottery-association-allarme-gioco-illegale-mercato-nero-vale-non-meno-340-miliardi/).

L’Agimeg s’è presa la briga di calcolare anche quanto valore abbia il settore delle scommesse in Italia. Più di 20 miliardi. Questo è infatti il valore del gioco legale nel nostro Paese, i cui operatori pagano le tasse.

Ma forse si dovrebbero aggiungere almeno altri 20 miliardi illegali. Cioè, forse. Siccome sono illegali… non ci sono fatture o documenti contabili che ne stabiliscano l’entità. Le scommesse illegali potrebbero essere molte molte di più.

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Autore

Guido Tedoldi

Nato nel 1965 nel milieu operaio della bassa Bergamasca. Ci sono stato fino ai 30 anni d’età, poi ho scelto di scrivere. Nel 2002 sono diventato giornalista iscritto all’Albo dei professionisti. Nel 2006 ho cominciato con i blog, che erano tra gli avamposti del futuro. Ci sono ancora. Venite.

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