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Il poeta dialettale Pietro Ruggeri si definiva de Stabel ( Stabello di Zogno), indicando il luogo dove era venuto al mondo ma facendo cadere l’accento sulla prima sillaba stà-bel che in bergamasco significa porcile, reputandosi egli un poeta da strapazzo.

Il paese invece merita l’accentuazione sul bèl, stabèl cioè ben posto, collocato com’è sopra la sponda sinistra del Brembo da cui si ammira Zogno. In realtà lui abitò sempre in Borgo San Leonardo a Bergamo e in Piazza Pontida gli eressero, negli anni ‘30, una statua con fontanella e la dicitura “cantò in rima vernacola l’anima della gente bergamasca”. 

La frazione di Zogno si svolge in lungo come su un terrazzo, ridente specialmente di questa stagione, frutto millenario di scavo del fiume e scivolamento del monte. Lo si raggiungeva un tempo evitando la stretta dei ponti di Sedrina, proprio come oggi preferiscono fare molti ciclisti che vogliono star lontani dalla trafficata provinciale e godersi la discesa che porta al vecchio ponte.

Il Ruggeri era poeta comico. Si dichiarava “figlio del confetino”; il padre vendeva dolciumi. Invitato nei salotti e sempre al centro di allegre brigate, era pronto a raccontare storielle e lanciare frizzi. Tutti volevano ascoltare le sue “poesiole” che andavano a ruba, “Ruger, dam una copia di tò rime”. Tra amici e conoscenti c’erano il maestro Mayr, il nobile Camozzi, i pittori Scuri Carnovali Baschenis, il letterato Cherubini, il bibliotecario Ravelli e lo stesso Donizetti. Aveva preso a modello il poeta meneghino Carlo Porta. Non fu solo un buon mestierante o poeta zeugatù, come si definiva; in certi componimenti seppe toccare le corde dell’animo umano. Anche a Stabello è stato messo un suo busto, davanti all’Asilo e alla scuola elementare dove pochi bimbi fanno chiasso e corrono qua e là. E’ ritratto con il bonario sorriso, giocoso come era nel suo carattere. A pochi passi si può leggere la targa sulla casa dove era nato.

La Chiesa è dedicata a Santo Stefano. All’interno che è un’unica navata ci accoglie la statua del santo che tiene su un piatto tre sassi a ricordo della lapidazione. Sulla volta scene della sua vita.  Il portone d’ingresso  è valorizzato da due eleganti colonne che sorreggono un timpano curvo in marmo di Botticino. La data della costruzione, o meglio rifacimento, è incisa su una pietra lasciata a vista al lato della strada, anno 1625.

Sulla stessa via s’innalza oltre il caseggiato una torre risalente al XII secolo. “Anche la mia casa è antica” mi dice un signore dai capelli bianchi che è andato ad abitare a Villa d’Almé lasciando la casa di famiglia al figlio. “Vecchia quanto? cent’anni?” “Eh! Cinque volte tanto e le lascio immaginare il fastidio di quei muri quando c’è qualcosa da ritoccare”. Mi indica altre costruzioni antiche, il passaggio in un cunicolo sotto le case che poi si allarga in una piazzetta, la casa del parroco che deve pure gestire la parrocchia di Poscante: “ma un tempo qui comandavano i monaci di Astino”. Mi invita a proseguire e arrivare fino a Miragolo da godere con una giornata come questa.

Oltrepassando il vecchio ponte di Zogno si resta sulla stessa sponda del Brembo fino a raggiungere la strada di Endenna, là dove si trova il Convento di Romacolo. Lo si vede meglio dal nuovo ponte. Il Convento è gestito da cent’anni dalle Suore della Carità. E’ sempre stato legato a Endenna da dove si scendeva attraverso la mulattiera, la rìa.  Ha funzionato da Asilo, Oratorio, e pure da Convitto per le donne che lavoravano nel cotonificio di Zogno.  Il primo nucleo del Convento risale a prima del 1471 quando si insediarono i frati di San Bernardino detti anche Zoccolanti, una derivazione dall’Ordine francescano. Dentro sono rimasti degli affreschi. Uno ritrae il Santo senese sul pulpito, il braccio alzato a incoraggiare più che redarguire i fedeli in devoto ascolto.

Sostiamo a Somendenna. La mulattiera arriva davanti alla Chiesa. Sul fianco destro la stele ricorda una   vecchia chiesetta abbattuta. Risale al 1948 “con il contributo degli emigranti del Nord America”, c’è scritto. Vicino un altro cippo ha le fotografie di due compaesani caduti sul fronte russo, uno a Bielovolk (Bielorussia) l’altro a Nikolajewska nella Ritirata. Le brutte cronache di oggi li fanno ritornare vivi. Anche loro vagarono in quelle martoriate terre inconsapevoli vittime di disegni tracciati da altri. A loro saranno tornate care le memorie di questa chiesa, delle case sparse, dei campi e del lavoro che vi si svolgeva, specialmente in questa stagione.

Arriva l’odore d’ erba che vuol essere falciata. Il sole batte e chiama il contadino al taglio. Poi bisognerà spargerlo perché diventi fieno, magari raccoglierlo in fretta se minaccia il temporale. Le nuvole sparse sembrano innocue. Si odono trilli di grilli. Ma non con c’è fienile con le ante aperte. Non si vedono uomini sui prati. L’erba resterà sfiorita? Non c’è falciatore né ragazza o donna con il fazzoletto in testa, il giovane a torso nudo o il cane che abbaia. Come il bosco anche il prato resterà in abbandono?  In cielo uno stridio di falco con ampie volte, un altro lo segue. Si dirigono chissà dove, oltre il versante verde, finché in pochi secondi spariscono.

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Link utili:
Comune di Zogno
Mangiare a Stabello


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