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Grave episodio di bullismo in un istituto di San Pellegrino Terme dove si è scoperto che, per un intero anno, un ragazzino di 16 anni di Zogno ha subito le angherie di due compagni di classe. La vicenda è emersa in seguito alla denuncia dei genitori della vittima, insospettiti dal cambio di atteggiamento del loro figlio verso la scuola e si è conclusa con l’arresto dei due ragazzini sulla base di un’ordinanza emessa dal Tribunale dei minori. I due ragazzini sono stati collocati, infatti, in una comunità per minori della zona. Episodi di questo genere sono diventati così comuni che il termine bullismo è entrato a far parte, ormai, del lessico quotidiano. Purtroppo sono sempre più frequenti notizie di cronaca riguardanti il contesto scolastico: ragazzini che per noia picchiano i professori; bambini che prevaricano e maltrattano i loro compagni; ragazzi che rubano motorini e telefoni cellulari ai coetanei.

Da un punto di vista tecnico, però, quando possiamo parlare di bullismo? Devono essere presenti tre aspetti fondamentali:

1) l’intenzionalitàdel comportamento aggressivo;
2) la ripetitività delle azioni aggressive fino a divenire persecutorie (non basta un episodio perché vi sia bullismo);
3) l’asimmetria di potere tra vittima e persecutore. Tutto ciò può essere attuato con tre modalità prevalenti:

  1. azioni fisiche di prevaricazione, le più note all’opinione pubblica; esse possono andare da episodi di aggressione lieve (tirare i capelli o spintonare), all’appropriazione o danneggiamento di oggetti altrui, fino alle forme più gravi di violenza fisica a mano libera o con l’uso di armi;
  1. comportamenti verbali di prevaricazione che comprendono diverse forme di minacce, insulti, prese in giro che possono riguardare temi scolastici, aspetti di personalità, caratteristiche fisiche (anche handicap o colore della pelle) e aspetti relativi alle preferenze sessuali;
  1. comportamenti indiretti di prevaricazione, che costituiscono la modalità più subdola di bullismo, spesso basata sul pettegolezzo, sulla calunnia e miranti ad isolare ed escludere dal gruppo i destinatari.

Tali azioni possono essere messe in atto sia dal singolo che dal gruppo. A questo punto ci domandiamo. “Cosa spinge un ragazzino a mettere in atto questo tipo di comportamento?”

Sicuramente non esiste una risposta unica “pre-confezionata” che vada bene per tutti i casi. Bisogna conoscere l’unicità della storia del ragazzino. Non esiste, inoltre, un’unica causa, poichè il bullismo è un fenomeno multi-fattoriale. Il linea di massima, però, il meccanismo che agisce è di questo tipo: “Mi prendo gioco della tua debolezza per sentirmi forte“. Ci sono, quindi, delle cause di ordine interno alla personalità del bullo e in primis su tutte prevale la scarsa fiducia in sé stessi e uno scarso senso di sé. Nella psicologia del bullo questo senso di insicurezza si traduce nell’usare l’altro, cioè, la vittima, per emergere ed autoaffermarsi. La vittima procura, così, al bullo una forza vicaria che in realtà non possiede. A tali aspetti connessi alla personalità si aggiungono, poi, fattori di natura sociale: la rete amicale e di conoscenze, il contesto familiare, il contesto scolastico. E’ importante comprendere tali dinamiche perché ci possono aiutare sia a riconoscere nei nostri figli alcuni campanelli di allarme, sia perché consentono di andare oltre l’approccio punitivo, verso un approccio educativo volto al potenziamento delle scarse abilità relazionali per evitare che si  sviluppino disturbi della condotta e, nel tempo, disturbi del comportamento antisociale.

Qual è, invece, il “profilo” della vittima? Chi è vittima di bullismo, molto spesso, sembra essere caratterizzato da una personalità che cerca di differenziarsi da quei valori comuni di gruppo a cui tutte le altre persone sono quasi costrette ad aderire. Non un “debole”, insomma. Le conseguenze psicologiche di tale esperienza di continua prevaricazione, però, possono essere molto significative. Le vittime, spesso, intravedono come unica possibilità per sottrarsi al bullismo quella di cambiare scuola, fino ad arrivare, in casi estremi, all’abbandono scolastico. In età adulta, inoltre, possono svilupparsi vissuti di disagio molto importanti. Ecco, dunque, l’importanza di un percorso psicologico che consenta di raggiungere una maggiore consapevolezza delle proprie specificità caratteriali ed integrarle con equilibrio ed armonia all’interno della personalità globale.


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Autore

Silvia Calenda

Psicologa (laurea in Neuroscienze e riabilitazione neuropsicologica a Padova) , psicoterapeuta cognitivo-costruttivista in formazione

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