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Altro termine greco per libertà è exousìa o libertà di scelta. Libertà di fare quello che voglio o libertà tenendo conto delle condizioni in cui operare? In tale doppia sfaccettatura si muovono le tradizioni occidentali e orientali. La tradizione cristiana ha accentuato l’aspetto della libertà interiore. Il cristiano non è di questo mondo, capace di vivere non semplicemente in funzione del proprio ambiente: “La verità vi farà liberi” (Lettera di Giacomo). A fronte della tradizione omerica dove si sottolinea che l’eroe è in balia delle decisioni degli dei, la modernità occidentale ha accentuato questo aspetto individuale della libertà.

La tradizione orientale (Tao) ha invece sottolineato la necessità dell’accordo con il mondo di cui si è parte. Nell’insieme l’uomo è libero, microcosmo del macrocosmo. Non c’è nessun io solo (Mugà). Dobbiamo essere capaci di sciogliere l’io, guardarci dentro e agire al di fuori di una volontà di possesso. Considerazioni che ritroviamo anche nel pensiero occidentale, meno marcate: non lo sguardo dal punto di vista del soggetto ma sub specie aeternitatis, in una visione trascendente. Noi siamo scintille del sole di cui siamo parte (Schelling) e chiusi nella nostra singolarità, rischiamo di dimenticare i legami che ci fanno vivere.

L’uccello è libero? Non è vero, dice E. Jabès, è libero il fiore che si apre poco per volta, come il nostro risveglio. Si è liberi accettando il mondo in cui si cresce, imparando a esporci al sole che ci riscalda, senza pretendere di possederlo (Il libro delle interrogazioni). Così i nostri atti hanno un senso. Saggio è chi dice sì a ciò che accade. La colomba che volando avverte l’attrito dell’aria crede che senza di essa sarebbe meglio per lei. Siamo esposti alla vita, come bimbi abbandonati. Non dobbiamo resistere o ritrarci. Semplicemente abbandonandoci acquistiamo senso e armonia, senza pretendere di distinguerci, come l’onda manifesta l’oceano di cui è parte, come il punto manifesta la circonferenza se sta in rapporto al centro. Se vogliamo essere liberi lo siamo secondo l’essere delle cose.

Accettando la vita contribuiamo all’accadere di Dio” (N. Cusano). “Si deve amare la vita con tale generosità, senza calcoli o preferenze, cosicché quasi senza volerlo, ci si trovi a includere in questo amore anche la morte” (Rilke a Margot, 1923). Da questa interrelazione universale nascono diritto e legge. Il bene degli altri condiziona il mio, un’umanità divisa danneggia me individuo. La famiglia, per esempio, accoglie apre e arricchisce l’individuo. La libertà degli altri mi rende più libero.

Siamo l’io relazionato al non-io e oltre c’è lo sfondo in cui si opera.  Ci aggrappiamo a questioni che risultano minuscole rispetto all’infinito che davanti si apre. Noi siamo frammenti di un universo smisurato. Se chiudiamo l’orizzonte non ci diamo all’e-venire del mondo.

Perdersi per ritrovarsi, secondo la parola evangelica, altrimenti “chi ama la propria vita la perderà” (Giovanni 12,20). Ci sentiamo protetti nei nostri dogmatismi, come i muri sembrano rassicurarci o godiamo alla vista del fiume che scorre tranquillo nel suo alveo. Finiamo per essere dei sonnambuli, automi, ingranaggi di un meccanismo governato da altri. Solo uscendo dalla monotonia del quotidiano incontriamo la vita che ci viene incontro inaspettatamente.

Il lavoro filosofico è un esercizio di ascesi, richiede la continua pulizia del linguaggio e fare trasparenza nei nostri atteggiamenti. E’ una libertà più ampia che arriva a dire sì anche al negativo. Sa vedere un significato oltre il dolore: “Riuscire a farsi più ampio da accogliere anche quello che non vorrei” (Nietzsche). Il monaco buddista non impreca a chi lo uccide ma china il capo, come il giunco davanti al vento impetuoso. Non è cedere al fatalismo ma è consapevolezza del reale.

La stessa consapevolezza ispirava i versi di Blake: “Vedere il mondo in un granello di sabbia e un cielo in un fiore selvatico, tenere l’infinito nel cavo della mano e l’eternità in un’ora”. Una goccia di rugiada contiene il riflesso della luna quanto l’oceano.


A cura di Mauro Malighetti (sintesi di una lezione del professor Marcello Ghilardi, Università di Padova, Esporsi alla libertà del 2 febbraio 2021 nell’ambito della programmazione di Noesis).


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