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Il 22 gennaio 1945 la Brigata Nera partì da Piazza Brembana per un’operazione. Il sabato precedente erano appena partiti i militari dell’aviazione venuti per un rastrellamento ai Gemelli e già i partigiani erano scesi all’albergo Branzi. Il pomeriggio giunsero a Branzi. Erano due squadre della Brigata Nera agli ordini dei tenenti Francesco Bulzinetti e Natale Tringali, circa 35 uomini. L’azione era guidata dal tenente Tringali che comandava in assenza di Bondioli. Secondo alcuni sarebbero saliti a Branzi perché erano stati segnalati partigiani di Bartoli, secondo altri per costituire un presidio. A circa 1 Km dal paese corse la voce che c’erano partigiani, allora scesero dal camion e formarono due squadre, comandate rispettivamente dai tenenti Gorrini e Bulzinetti. Pare che si siano portati nella zona di Branzi verso mezzogiorno, ma arrivarono nella piazza del paese verso le 16, circondarono e perquisirono i due alberghi Branzi e Monaci e tutte le persone nelle osterie e poi si dispersero per eseguire un rastrellamento, in particolare verso la montagna.

Al rastrellamento parteciparono una squadra comandata dal tenente Natale Tringali, capo plotone era Carlo Provera, ed era composta da Pietro Ravasio, Giuseppe Sorte, Alfredo Moretti, Giuseppe Franzoni, Luigi Corti, Abramo Giassi, Giuseppe Rizzi. Troviamo poi citati anche Ilario Camozzini, Giuseppe Malanchini, Marino Fabbri, Crespi, Bonini, Bettini, Francesco Capitanio, Pietro Motterlini, Riccardo Pedergnana, Luigi Manenti, Fossati, Primo Turani, oltre a Giuseppe Mosconi, Giovanni Tura, Primo Cattaneo, Domenico Milesi, Luigi Zonca, Luigi Foglia, Colombo, Ambrosioni. Secondo altre voci il Ravasio era agli ordini di Carlo Gorrini e con lui c’erano Luigi Colombo, Ambrosioni, Milesi, Cattaneo, Moretti ed altri. Essi lasciarono un autocarro al ponte della Gardata ed in fila indiana, mitra in mano, salirono a Branzi al follo, circondarono l’Albergo Branzi (dove) il partigiano Paganoni di Lenna fece appena in tempo a nascondersi sotto una botte.

Pare che poi il suo gruppo abbia partecipato allo scontro a fuoco che ne è seguito. Il giovane partigiano Ercole Pedretti “Diavolo della Montagna”, “giovane ardente” si trovava un po’ indisposto a casa sua in via Torre al Forno e cercò di fuggire lungo il Brembo. Con il Pedretti si trovava anche Lino Oberti di Lenna che riuscì a mettersi in salvo. Secondo un’altra versione egli era andato a casa propria nel tentativo di recuperare l’arma e le munizioni che vi aveva nascosto. Pare cercasse scampo verso Valleve. I militi appostati lungo il ponte di Redorta e sulla mulattiera dei prati verso la Montanina lo colsero quando egli dopo il ponte fece per salire nel prato verso la svolta della carrozzabile e dopo uno scambio di fucileria anche essi ebbero un ferito colto con un colpo di mitra alla regione temporale destra del capo con fuoriuscita a rosa dall’altra parte. Il Perdetti fu ucciso nella Val Liffa, presso il ponte di Redorta, sopra a nord-est. Erano le ore 5. Luigi Colombo venne ferito nello scontro con i partigiani.

Secondo altre testimonianze i feriti sarebbero stati due. Abbiamo ulteriori particolari. Lo squadrista Ravasio vide il Gorrini che aveva preso un sentiero verso la montagna, lo seguì, ma scivolò sui ghiaccio e si procurò un piccolo taglio alla mano sinistra, si fece perciò medicare dall’infermiere Manenti in una casa del paese. Sentì una sparatoria dall’alto e dal basso della casa e scese quindi in paese, dopo essere salito ancora un po’, vide, pare sul greto del corso d’acqua, un giovane con una pistola in mano, gli gridò di lasciarla ed intimò l’alt, ma egli la alzò verso di lui. Il Ravasio quindi, che si trovava a circa 12 m, sparò 3 o 4 colpi di mitra, lo colpì e questi cadde nel greto, dove fu raggiunto dagli squadristi. Da una distanza di circa 50 metri accorse anche il Fabbri e nei pressi si trovava il Mosconi. Il luogo, situato fra Branzi e Valleve, era detto Montanina.

Secondo un’altra versione, mentre venivano circondati gli alberghi, fu avvistato il partigiano che tentava di allontanarsi e partì all’inseguimento una squadra composta da Giuseppe Franzoni, Pietro Ravasio, Luigi Colombo, Antonio Bulzinetti, Luigi Zonca, Luigi Manenti, che raggiunsero la zona. Zonca fu incaricato di accompagnare a Branzi un prigioniero sprovvisto di documenti. Pare che il Ravasio, tornato all’accampamento, abbia riferito di aver ucciso il partigiano e che per sistemare il “fecciume partigiano” sarebbe bastato un funerale ogni settimana in ogni paese. Pare poi aver detto che l’uomo dopo un primo colpo lo avrebbe fissato senza muoversi e sarebbe stato poi colpito da altri tre colpi. Pare anche che il Ravasio abbia mostrato come trofeo l’orologio del morto. Nel frattempo altri partigiani sparavano sulla pattuglia, che dovette ripiegare. Il vicario che li aveva incontrati andando a trovare una malata alla Gardata e poi al ritorno a San Rocco aveva fatto scuola di canto ai ragazzi presso le Lucie, lasciateveli, andò a vedere che succedeva, la sentinella repubblicana alla Chiesina di San Rocco disse “Andrà dopo a prendere il suo morto nel bosco”. Ma non disse dove e non voleva accompagnarlo per paura. Sotto il grandinare delle pallottole degli ormai sopraggiunti partigiani che sparavano dalla strada per Valleve, i repubblicani spogliato il caduto di scarpe e tolto il mitra stavano lasciando il paese.

Mentre i repubblicani stavano lasciando il paese, il vicario prese l’olio santo e dietro indicazioni chiese un uomo per aiutarlo (la gente in quei casi si asserragliava nelle case), scese nel Brembo dal sentiero per Piazzatorre, ma invano chiamava Ercole, vedendo le impronte nella neve. Ma si fece notte e sopra i partigiani sparavano ancora. I repubblicani erano andati. Il vicario andò a chiamare gente ed al lume di lampade da minatore si trovò il Pedretti in un cespuglio in cui s’era impigliato dopo che l’avevano gettato verso il torrente. Venne portato sulla svolta della strada steso su di uno scaletto e portato al cimitero, nella cella mortuaria. Al “Chi va là” dei sopraggiunti partigiani rispose il vicario che in serata si incontrò con loro disapprovando il loro modo di fare e disse loro di stare alla montagna che se avessero avuto un pane l’avrebbero diviso con loro e non dovevano scendere a compromettere scioccamente tutto dato che le spie non mancavano ed anche sciocche ragazze. Pare che ad informare il Vicario della posizione fosse stato il Ravasio. Il 24 all’ora di fare i funerali nessuno voleva andare in chiesa per paura delle brigate nere che stavano entrando in paese e si sarebbero stabilite all’albergo Monaci in piazza del Centro. Il vicario si fece loro incontro dicendo che il funerale era stabilito, che i partigiani forestieri erano partiti e che i quattro locali non avrebbero fatto azioni. Nella notte aveva comunicato con loro, ma voleva sicurtà delle autorità provinciali. Andò dal capo della Provincia Vecchini e dal Questore Casadei, assai alterati per gli eventi che erano maturati. Poi con quattro partigiani ebbe una sera un abboccamento in luogo deserto sopra il ponte di Valleve, il vicario scrisse che delizia le brigate nere, senza carabinieri e col podestà in soggezione e la gente impaurita. Il Pedretti venne sepolto il 24 gennaio e pare che il Tringali abbia impedito l’uso della cassa[1].

1945, 23 gennaio.  Per tutta la giornata di ieri sono state effettuate sulla nostra provincia, da parte di aerei anglo-americani, azioni di mitragliamento e bombardamento. Tra i diversi centri colpiti sono Treviglio, per due volte, Verdellino, Brivio, Osio, la stradale Bergamo – Brescia. Sono segnalati finora quattro feriti a Brivio ed uno grave a Treviglio[2].

Il presidio di Branzi.
Teodoro Francescani lascia scritto che nel 1945, il 24 gennaio La Repubblica Sociale Italiana stabilisce un presidio a Branzi composto da elementi della Brigata Nera[3] tesi sostenuta da Bottani, Giupponi e Riceputi[4] e da Vajana Alfonso il quale testimonia che nel 1945, il 24 gennaio arrivarono a Branzi i nazi-fascisti, vi posero un forte presidio e bloccarono il fondo valle[5]. Sempre più dettagliato è Gabriele Medolago il quale sostiene che nel 1945, il 24 gennaio a Branzi, dopo i fatti del 22 gennaio Bondioli decise di collocare all’albergo Monaci un presidio della Brigata Nera. Esso fu costituito il 24 gennaio da due squadre agli ordini dei tenenti Bulzinetti e Gorrini Carlo con l’intenzione di bloccare il fondovalle e di contrastare meglio i partigiani operando molti rastrellamenti, fermi ed arresti. I partigiani ai Gemelli furono oggetto di rappresaglie nei mesi di gennaio-febbraio-marzo, in cui i rastrellamenti a ritmo accelerato suscitarono nella popolazione “panico e sdegno”. Furono due volte perquisite minutamente tutte le case[6]. Il presidio viene abbandonato il 2 marzo 1945 verso le 18[7].

Il processo a carico di 13 rastrellatori dell’Alta Valle Brembana.
In conseguenza ai fatti narrati da Gabriele  Medolago alcuni elementi della Repubblica Sociale Italiana, finito il conflitto, vennero arrestati e processati. Alcuni di loro vennero assolti altri vennero condannati a pene detentive esemplari. Grazie a questa sentenza possiamo conoscere alcuni dei rastrellatori che seminarono il terrore in Valle Brembana.     Ha avuto finalmente termine ieri sera il processo a carico dei 13 rastrellatori dell’Alta V. Brembana. Tre giorni sono stati impegnati per interrogare gli imputati di cui 4 erano latitanti, per sentire una settantina di testi, parte d’accusa e parti indotti dalla difesa, per la requisitoria del P.M. e per la difesa di ben sette avvocati. Ieri mattina, dopo l’arringa dell’ultimo difensore Avv. Monelli di Milano per il principale imputato Bulzinetti Francesco, l’udienza è stata rimessa al pomeriggio. Alle ore 15 la Corte si è ritirata in Camera di Consiglio e ne usciva soltanto alle ore 19,30 per leggere la sentenza. L’aula nonostante la tarda ora e per quanto molta parte del pubblico l’avesse in precedenza abbandonata, si era gremita nuovamente. Erano presenti soprattutto molti valligiani brembani, specie di Piazza, Olmo, Carona, Averara dei paesi cioè, che sono stati teatro degli eccidi compiuti dagli imputati. Quando la Corte entrò nell’aula il brusio del pubblico cessò e un grande silenzio accolse la lettura dei verdetti. Assolti per insufficienza di prove o per amnistia Sandro Sonetti di Santo, di anni 25, da S. Martino de Calvi; Pianetti Gino di Giacomo di anni 20, da Olmo; Riboldi Giuseppe fu Emilio di anni 41, da Bergamo; Turani Primo fu Serafino, da Bergamo, di anni 33; Provera Carlo di Pietro da Verona di anni 38; Celeri Giosuè di Marco da Bergamo di anni 47; Palanchini Giuseppe di Maurilio di Bergamo di anni 34; Ambrosioni Colombo di Bernardo, di San Martino de Calvi di anni 26. Sono state invece pronunciate le seguenti condanne: Bulzinetti Francesco di Luigi, da Pesaro ad anni 25 e mesi 4 di reclusione, ridotti per condono ad anni 17  mesi 4 e giorni 20; Motterlini Pietro fu Giuseppe di Cividate al Piano ad anni 27 mesi 4 e 5000 lire di multa; Bulzinetti Antonio di Luigi da Pesaro ad anni 25 e mesi 4 ridotti per amnistia a 16 anni, 10 mesi e 20 giorni; Ravasio Pietro di Angelo da Osio  Sopra a 16 anni, e 20 giorni; Gorrini Carlo di Luigi [8] da Bergamo ad anni 5 e 3000 lire di multa pena interamente condonata. Presidente Comm. Artina.


[1] Gabriele Medolago: Roncobello nella grande storia pagina pagina 66.
[2] L’Eco di Bergamo.
[3]  T. Francesconi: Repubblica Sociale Italiana e guerra civile nella Bergamasca 1943-1945 pagina142.
[4] Bottani, Giupponi, Riceputi: La Resistenza in Valle Brembana pagina 204.
[5] Alfonso Vajana: Bergamo nel ventennio della Resistenza pagina 117.
[6] Gabriele Medolago: Roncobello nella grande storia pagina 66.
[7] Gabriele Medolago: Lenna e le sue contrade pagina 156.
[8] Eco di Bergamo 8 aprile 1938: Apprendiamo con piacere che il Caposquadra il signor Carlo Gorrini di Luigi di Bergamo da un anno e mezzo combattente tra i legionari in Spagna è stata concessa di questi giorni al Croce di Merito di Guerra. 

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