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3 luglio 1900. La inaugurazione del Rifugio ai Laghi Gemelli.

(Mi) Permettano i cortesi lettori […] ch’ io mi congratuli anzi tutto… con le mie gambe. Per chi, come me, tutto l’alpinismo pratico l’aveva fatto consistere fino a ieri nell’ascesa del S. Vigilio e della Bastia, e tutt’al più, qualche rara volta, vero colpo di forza, nella salita della Maresana, l’andare e venire in un solo giorno dai Branzi ai Laghi Gemelli è tale avvenimento, che rasenta quasi l’incredibile. Eppure le mie gambe l’hanno compiuto, ed in modo davvero inappuntabile. In quale stato poi oggi si trovino non è necessario ch’ io la dica, essendo questo affare che riguarda me soltanto. Compiuto tale atto di doverosa gratitudine, eccomi senz’altro a dare conto della gita; alla spiccia, s’ intende, ch’oggi sarebbe crudeltà spietatissima il pretendere di più da un uomo dello stato mio. Si è partiti da Bergamo sabato, intorno a mezzodì, con bandeau e giardiniere d’ogni fatta. Il tempo non poteva essere migliore. Qualche nube velava di quando in quando il sole, proteggendo i viaggianti da un abbrustolimento completo. Dopo sette ore buone di viaggio (si fa presto a dirle, ma a farle!) siamo giunti a Branzi, all’Albergo Berera, tutto rimesso a nuovo e per l’occasione anche abbellito di bandiere, che gli davano un aspetto quasi civettuolo in mezzo alle severe rudità della valle, serrata da monti altissimi, sui cui ripidi fianchi l’acque strisciano, saltellano, s’arrabbiano, precipitano in tutta una festa di bianchissima spuma, dai riflessi argentei. – Vede lassù, mi dice un cortese signore della comitiva, indicandomi un vano sulle creste dei monti al disopra delle altissime cascate, noi dobbiamo cacciarci là dentro, donde saliremo ai Laghi Gemelli, a 2000 metri.

Duemila metri! Ebbi un sussulto. Fortunatamente, proprio in quel mentre ci passò dappresso un altro signore della comitiva, dalle forme così maiuscole e piene, da ricordare un poco quelle dei pachidermi. Mi venne il fiato. Nel mio egoismo pensai: – Se costui fa conto di tirare lassù tanta roba, non dovrebbe essere difficile neanche per me il trasportarvi quattro ossa! Alle ore 20 tutti i partecipanti alla gita, in numero di 126, erano arrivati. Vi si notavano varie signore, e non pochi signori ben innanzi negli anni. Subito si sedette a banchetto. Le tavole erano disposte nel cortile esterno dell’albergo Berera, proprio di fronte alle cascate. Sopra la tavola d’onore, posta in capo e di traverso a tre altre parallele, era esposto, fra quattro bandiere, lo stemma del Club Alpino. Siedeva in mezzo il presidente della Sezione di Bergamo del Club medesimo, sig. conte ing. Albani, – che con squisita cortesia faceva anche gli onori di casa, – ed ai suoi lati presero posto le rappresentanze maschili e femminili della Società Escursionisti Milanesi, e delle Sezioni del Club Albino di Cremona, Milano, Brescia e Sondrio. Tutti gli altri s’accomodarono a loro talento, raggruppandosi a seconda delle conoscenze. Servizio magnifico; cordialità la più schietta. Il cortile era illuminato da lampadine elettriche ad incandescenza, la cui luce s’andava afforzando di mano in mano che le tenebre della notte salivano dal basso della valle fin su alle cime più alte, dalle quali poco prima aveva sorriso l’ultimo bacie di sole. Ecco il menu del pranzo, servito, lo ripeto, con grande ordine e senza risparmio né di cibi né di vino.

Lo riporto, perché caratteristico:

  • Barchettine dei Laghi Gemelli al consommé;
  • Fritto all’alta Valle Brembana;
  • Rosbif alle Cascate del Brembo;
  • Polli novelli alla Longo;
  • Insalata di Berera;
  • Mascherpone del Corno Stella;
  • Panettone di Bergamo;
  • Dessert alla CAI;
  • Pasticceria di S. Pellegrino;
  • Caffè alla volata.
  • Vini: Cellatica, Barbera, Nebiolo secco.

A chi ci capisse poco in questi qualificativi dei piatti, non posso che consigliare una scappata fino a Branzi, dall’ottimo Berera, a farne una prova. Li troverà certo squisiti, e potrà farne una scorpacciata senza paura, in caso d’indigestione avendo subito pronto il medico nella persona dello stesso albergatore, essendo egli anche dottore io medicina. Al brindisi parlò dapprima il presidente, signor conte Albani, indi alcuni rappresentanti del di fuori, scambiandosi cordiali complimenti ed inneggiando alla forte poesia dei monti. Dopo s’improvvisarono da alcuni quattro salti in famiglia, ed altri s’indugiarono in amichevoli parlare, finché venne la mezzanotte, alla quale ora anche i più resistenti andarono a godersi il letto, ebbe la sollecitudine dell’amico avvocato Costa aveva saputo procurare a tutti nonostante un così straordinario concorso. Alle 3 e mezza del mattino si era già in chiesa per la Messa, alla quale, lo dico con piacere, assistettero molti, ed alle 4 s’imprese la salita. E qui mi si permetta l’ambizioncella di registrare, a mio onore, che facevo parte dell’avanguardia, la quale però ebbe la, chiamerò, disdetta, di giungere ultima al Rifugio. Sicuro! Ad un maledetto bivio smarrimmo le indicazioni del sentiero, segnate in rosso, e, portati dalla grande aspirazione verso l’alto, salimmo tanto su, che un bel momento ci trovammo il Rifugio dietro le spalle e più in basso.

Ormai non ei restava più che di prenderlo alla schiena; ma, purtroppo, a quell’ ora era già stato espugnato di fronte da tutti gli altri! Il Rifugio è ampio, solido, fatto senza economia, avendo costato quattromila lire circa. È costituito dalla cucina, da una saletta da pranzo e da due dormitori, tutti foderati di legno, ed aventi lungo le pareti, disposti l’uno sopra l’altro come nei bastimenti, ben 18 letti. Esso era inghirlandato di fiori alpini, così freschi e belli, ed accanto aveva due alti tronchi di pini con bandiere. Alle nove ebbe luogo la cerimonia dell’inaugurazione, presenti duecento persone circa, molte essendo venute per altre vallate attigue. Le signore Carolina Gelmini ed Antonietta Pesenti fracassarono contro la parete di fronte del Rifugio una bottiglia di champagne, precedentemente appesavi con una funicella, e che scoppiò come una fucilata, tra gli applausi degli astanti. Prese quindi la parola il Presidente della Sezione di Bergamo del Club Alpino, conte Albani, che salutò e ringraziò tutti gli intervenuti, dilungandosi poscia ad illustrare i vantaggi del nuovo Rifugio. Pronunciarono dopo poche parole anche il sig. Abbiati di Sondrio ed il cav. Mars di Perugia, tutti applauditissimi.

Finita così la cerimonia della inaugurazione si prese d’assalto la dispensa, dove in tanti cestelli si distribuirono le colazioni, davvero abbondanti ed ottime. Il quadro di tanta gente pranzante all’aperto fra quelle cime, asilo di camosci era il più gaio che si possa immaginare! Com’ è facile indovinare, non mancarono le macchine fotografiche, e pose se ne fecero parecchie, senza contare quelle di sorpresa. Termina anche la refezione, i gitanti si divisero in moltissimi gruppi, spargendosi un po’ dappertutto. Meta generale erano i laghi Gemelli, nascosti poco dietro il Rifugio. Per verità più che di laghi Gemelli si tratta d’un bel laghetto unico, con un poco d’appendice, adagiantesi in un bacino di creste, che ha tutta l’aria d’un cratere spento. Quanta calma solennità emana da quel luogo grandiosamente agreste! Si direbbe il regno del silenzio e del mistero. Dopo una partita alle pallottole di neve, divertimento non tanto facile a prendersi il 1° luglio e col bel sole d’ieri, riprendemmo la discesa, ed alle ore 16 la carrozza ci trasportava alla volta di Bergamo. A S. Pellegrino si fece da molti una sosta all’albergo dell’Aurora, posto in luogo amenissimo, appena al di là del Ponte sul Brembo, condotto dall’egregio sig. Mazzotti, il quale tiene una rinomata pasticceria anche a Bergamo, in piazza Pontida. Vi trovammo un servizio proprio squisito. Quest’anno all’albergo in discorso fu aggiunto un nuovo, ampio salone, assai elegante, tutto aria e luce. I forestieri cominciano appena adesso a capitare a San Pellegrino e si spera…nel caldo. Prima di mettere termine a questa mia, duolmi di dover accennare ad alcuni accidenti

disgraziati, che però fortunatamente non ebbero delle conseguenze gravi. Il sig. ing. Fuzier, il quale ebbe tanta parte nell’ottima riuscita della passeggiata, attraversando sabato sera con un suo cognato il paese di Branzi, cadde da un’altezza d’un paio di metri, in un luogo che pare fatto apposta per ammazzare la gente non pratica del sito, e si lussò un braccio. Anche il cognato ebbe a riportare qualche lesione, però, non grave. Così pure, discendendo il dott. Pellegrini dai Laghi Gemelli, non so per quale accidente, cadde a terra, ferendosi alla faccia, anche lui, grazie a Dio, senza gravità. A tutti e tre l’augurio cordiale d’un, pronto e perfetto ristabilimento.

E con ciò… vado s riposare.


Il sito internet del rifugio… oggi

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