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“C’è qualcosa di davvero speciale in una donna che domina in mondo di uomini. Ci vuole una certa grazia, forza, intelligenza, impavidità e coraggio per non accettare mai un ‘no’ come risposta.”
Rihanna

Si avvicinano sempre più le elezioni amministrative che, nel prossimo autunno, si svolgeranno in diverse importanti città italiane e, guardando i nomi dei candidati sindaco, viene da porsi un quesito: come mai questa carica, anche a livello lessicale, viene associata istintivamente al genere maschile? Vedendo i risultati di una ricerca condotta dall’Agenzia Dire a Tecnè su “Donne e media: la sottile linea rossa della discriminazione di genere” possiamo iniziare a trovare qualche dato utile per rispondere a questo quesito anche se, purtroppo, tale studio ci restituisce un’immagine della nostra nazione tutt’altro che rosea per le aspirazioni femminili.

Nello specifico risulta che in Italia sono ancora le donne/mamme (con una percentuale dell’81,9%) ad occuparsi principalmente della famiglia contro un 6,8% di popolazione maschile che si dedica alle faccende domestiche. Nelle coppie di lavoratori full time con figli, il lavoro in casa è per il 65,1% a carico della donna e solo per il 34,9% riguarda gli uomini. Se, poi, facciamo un focus sull’impegno politico emerge un ulteriore dato interessante. Mentre in Finlandia eleggono la prima premier donna e mamma di appena 34 anni, qui in Italia, secondo il campione intervistato, le donne dovrebbero rimanere a casa e prendersi cura della famiglia, senza lavorare (dichiarazione rilasciata con rapporto di uno su cinque). 

Ecco, dunque, che la citazione della cantante Rihanna potrebbe sembrare utopistica se ci si fermasse ad osservare solo la lista dei nomi dei candidati sindaci mentre, a mio avviso, può riservare degli spunti interessanti andando ad approfondire alcune candidature a consigliere comunale come, ad esempio, nel caso di Giulia Pastorella capolista della lista Riformisti – Lavoriamo per Milano con Sala che si presenterà alle elezioni amministrative questo autunno.

Grazia, forza, intelligenza: in quali di queste caratteristiche ti senti maggiormente descritta per argomentare il tuo impegno politico?

Mi viene da sorridere perché una delle cose che più fa rammaricare mia madre è proprio di non essere riuscita a trasmettermi il dono della grazia femminile! Ciò non toglie che mi sia mai sentita meno donna o meno capace di trasmettere le mie idee – in politica come nell’ambito lavorativo. Leggevo diverse interviste alle nostre atlete che andranno a fare le olimpiadi competendo in sport non graziosi e dicevano lo stesso: essere donna è molto più che essere aggraziata – e la forza veniva fuori come caratteristica ricorrente. Penso abbiamo molto da imparare da loro!

Le altre due caratteristiche, invece, rappresentano una bella dicotomia. Sai come si dice no? La potenza è nulla senza il controllo, beh ecco, la forza serve a poco se non si usa l’intelligenza per indirizzarla.

C’è forza nella mia voglia di lottare per cambiare le cose e costruire un Paese migliore da lasciare a mia figlia, ma c’è anche (spero!) intelligenza quando provo a dare un senso e a trasmettere le idee in cui credo, a elaborare proposte, ad argomentarle contro gli avversari politici e con chi si ostina a cercare soluzioni semplici a problemi complessi.

Forza e intelligenza sono entrambe caratteristiche in cui mi rivedo.

Impavidità e coraggio sono tratti fondamentali per innovare: quali sono le novità che vorresti introdurre nella politica italiana?

Se posso permettermi, non servono solo impavidità e coraggio per innovare. Serve anche una comprensione dettagliata dei fenomeni di innovazione e della tecnologia che abbiamo a disposizione. Bisogna essere in grado di muoversi negli ecosistemi che se ne occupano e capire in che modo i clienti, o cittadini quando si parla di politica, potranno beneficiarne. Per innovare in altre parole non basta avere una visione: bisogna che questa visione sia poi messa a terra e condivisa per evitare che lasci le persone indietro – come è venuto fin troppo spesso nel processo di digitalizzazione della nostra società.

Questo è particolarmente vero quando si parla di innovazione in un luogo come Milano, che già è molto avanti rispetto alle altre metropoli italiane. In un contesto di questo genere, dove molte esigenze sono già state intercettate, c’è il rischio di lavorare a progetti inutili o a duplicazioni dell’esistente.

Secondo me quello che serve veramente è la capacità di guardarsi attorno e migliorare. Quelli bravi spesso non inventano niente di nuovo, trovano modi migliori di fare le cose che già esistono, magari applicando modelli di business esistenti a contesti completamente diversi. In politica dovremmo cercare di fare la stessa cosa, ovvero migliorare ciò che abbiamo intorno e adattare le migliori soluzioni già testate.

Torniamo a Milano, in vista delle elezioni di ottobre ho iniziato a raccogliere una lista di proposte ispirata a progetti che altre città italiane ed europee hanno già realizzato. Si tratta di cose che credo servano a rendere la nostra città ancora più vivibile e moderna e che con qualche aggiustamento possiamo mettere in campo da subito.

Apertura mentale e concretezza meneghina: questa è la ricetta dell’innovazione in politica.

Nel 2016 Forbes ti ha selezionata come una dei 30 più̀ influenti under 30 in Europa per Law & Policy: essere consapevoli del proprio valore in che modo può essere una opportunità per la comunità in cui si vive e ci si impegna?

Più che essere consapevoli del proprio valore, credo che la chiave sia essere consapevoli delle opportunità offerte al momento giusto e di averle sapute cogliere. Con il mio impegno per la comunità vorrei contributore a far sì che queste opportunità non siano casuali o appannaggio di pochi, ma possano venire estese a tutti coloro che se le meritano.

Nel caso specifico del riconoscimento di Forbes, per esempio, mi arrivò perché l’azienda per cui lavoravo allora a Londra non ebbe timore a mettere nelle mani di una ragazza non ancora trentenne la responsabilità della gestione delle relazioni istituzionali di UK, Benelux e Nord Europa. Quante aziende in Italia – e persino a Milano – avrebbero avuto lo stesso coraggio?

A settembre uscirà il mio primo libro dedicato al tema della fuga di giovani talenti dall’Italia per mancanza di opportunità, che si traduce anche nella mancanza di attrattività del nostro paese per gli stranieri. Lì ho parlato proprio di questi problemi e delle loro possibili soluzioni. Che poi se ci pensi bene sono tutte cose che permetterebbero all’Italia anche di sfornare ancor più talenti under 30 da mettere nelle liste di Forbes!

Leggi anche: Elezioni 2021 Urgnano, intervista al candidato sindaco Simone Bonfadini

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Autore

Alessandro Grazioli

Marito e papà di 4 bambini, laureato in Giurisprudenza presso l’Università Statale di Milano, Business Unit Eticapro, Consigliere Comunale, scrittore di libri per l'infanzia, divulgatore e influencer sociale su Socialbg

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