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La lezione può essere un percorso di verità. Fare lezione è un momento privilegiato ed appagante di una vita professionale. Si tratta di lavorare sulle nuove generazioni, condividendo speranze e inquietudini, delusioni e successi.

E’ un compito che viene offuscato dalle problematiche di contorno che occupano le pagine dei giornali e riempiono i documenti ministeriali a proposito di stipendi, concorsi, carenze di personale, supplenze, classi affollate. Della lezione, di ciò che può o deve essere, come condurla e condividerla, si dice poco o niente o si dà tutto per scontato. La lezione è invece il momento centrale della scuola. La scuola è un fatto di tutti, ci tocca tutti, ci coinvolge più o meno direttamente, come operanti o frequentanti, magari di ritorno, come genitori o nonni. Vi siamo passati tutti e capiamo come la lezione può diventare noia e fallimento. La scuola è luogo aperto e chiuso, una finestra sul mondo e una voce che deve far tacere altre voci per creare l’atmosfera di apprendimento.

Lezione, dal latino lègere nel senso di “raccogliere”, le lettere dell’alfabeto si compongono in parole, non a caso ma secondo un criterio, un interesse. Aula è dal greco aulòs, il flauto, e allude alla musica che era tra le attività di base della formazione del cittadino ateniese con la filosofia, la retorica, la ginnastica. Nell’aula risuonavano le vibrazioni del flauto così come si producevano le vibrazioni di un sapere comune tra alunno e maestro.

Fare lezione è un’arte difficile, faticosa, lenta da apprendere e per conseguire successo. Non richiede la stenografia. Ammette il disturbo o essere interrotta con domande forse impertinenti a cui l’insegnante non sempre sa rispondere. Nemmeno Platone aveva pronte risposte su tutto. Il bravo professore impara a guardare il mondo con gli occhi delle nuove generazioni, sa trarre profitto dalle differenze a patto che non resti fermo sul primo sapere e si aggiorni. Quante occasioni per approfittarne! Pavel Florenskij, sapiente monaco ortodosso russo, è l’esempio della lezione. Non semplice trasmissione del manuale. La sua lezione non procedeva in linea retta, rinchiusa in una formula, sorda a sollecitazioni, cieca a possibili deviazioni.

La verità si cerca, non si possiede; si scopre, non è bell’e fatta; s’interroga, non si registra. Non è un tragitto del tram che trascina su binari fissi, dalla stazione di partenza a quella di arrivo in un itinerario sempre uguale e stabilito. Piuttosto è una passeggiata, un cammino dalle soste impreviste, secondo la fatica o le bellezze che si incontrano. E’ una sorta di colloquio, una conversazione tra persone che si capiscono e ascoltano.

Si può ragionare su una poesia, per esempio I Sepolcri di Foscolo. Va collocata nel contesto dell’istituzione dei cimiteri in seguito all’editto napoleonico. Si considera l’influsso della tradizione, quella cristiana nello specifico. C’è il legame che unisce i vivi coi morti. Oppure si ragiona su una tragedia di Sofocle, pensando alla gara poetica che si svolgeva nell’Atene di Pericle. Una giornata in cui il popolo si univa nello spettacolo sospendendo traffici e rivalità, insieme ad applaudire, a ridere – c’era anche l’intermezzo farsesco – e soprattutto a piangere sulle rappresentate disgrazie dei mortali. La gente si riconosceva nelle vicende, approvava o disapprovava, applaudiva e premiava. C’erano i doveri, i divieti, i castighi, l’ordine, le usanze. Seppellire i morti, come nel caso dell’Antigone, era gesto sacro. Senza sepoltura il defunto non trovava pace, condannato a vagare nel regno dei morti senza riferimenti. Per dare sepoltura ai morti – lo vediamo nell’Iliade – la guerra si fermava.

Florenskij fu vittima delle purghe staliniane. Non era un oppositore politico. La sua era lezione di un pensatore libero. Il libero pensiero è pericoloso per il regime che vuole l’uniformità, la pigrizia mentale, la ripetizione dei “luoghi comuni”. Le sue lezioni erano frequentatissime. Parlava a bassa voce, indimenticabile guida spirituale, aperto alle varie branchie del sapere. Mandato nel gulag siberiano studiava il permafrost. Fu fucilato nel 1937.

(Gustavo Zagrebelsky a Noesis 202/23. Sintesi della lezione dal titolo La lezione. Come tradurre la verità all’Auditorium Mascheroni di Bergamo, 11 aprile 2023)

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