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L’altro giorno Socialbg mi ha chiesto se avevo voglia di fare una recensione al primo sforzo editoriale del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. Giuro che mi sono cimentato con entusiasmo per soddisfare la richiesta, ho aperto il libro e ho letto in un fiato le prime 30 pagine, appuntando alcune impressioni che qui vi riporto. Poi mi sono bloccato, è un limite mio, trovando la lettura veramente indigesta. Non perché sia scritto male o non vengano esposte considerazioni anche interessanti. Fondamentalmente è l’ennesimo libro della sinistra per la sinistra, che parte e ruota intorno a un luogocomunismo che trovo pesante e noioso. Lo stesso disco rotto dalla Bolognina in poi. Quindi informo Socialbg che continuerò la lettura per mantenere l’impegno, ma con tempi consoni alla mia digestione, lasciando ai lettori alcuni appunti volanti, mano a mano, di questa sorta di non-recensione.

A Gori, cui bisogna riconoscere saper essere un ottimo amministratore, è evidente non si possa altrettanto dire sia un buon politico: esce con il solito libro che vuole dare la sua visione per il futuro, partendo parlando al passato dall’esperienza segnante della Covid per Bergamo, in piena seconda ondata. Ora lui precisa, excusatio non petita, che scrive anche se non si candida a nulla, ma la fretta, sempre cattiva consigliera, tradisce un’agenda diversa. Quale forse lo dirà dopo, nel caso ve lo saprò dire. L’esordio è fantastico, con il ricordo della sua fanciullezza e degli anni felici della fine del boom economico contrapposti agli anni ’80 dell’Italia godereccia e spendacciona di Craxi nel G7, quarta economia al mondo. Peccato che per sua stessa ammissione sia stato un convinto elettore di Bettino Craxi, peraltro forse una delle sue scelte politiche più azzeccate. Ma insomma, solo gli stupidi non cambiano idea.

Mi fermo prima del primo capitolo, che parla della Covid naturaliter, per evidenziare un tenerissimo quadrilatero fantasticato dal suo intervistatore, cioè quello che di fatto ha scritto il libro-intervista, il vicedirettore di Fanpage: in un crescendo cronologico da Craxi, Blair, Renzi e Gori accumunati dal fatto di essere 4 grandi leader di una sinistra diversa, di rottura con se stessa. Trovo che faccia già ridere così, un sorriso bonario non cattivo sia chiaro, di tenerezza per questa sinistra morettiana che si parla addosso.

Ora mi fermo, credo ormai abbiate capito cosa mi impedisce di leggere il libro di Giorgio Gori tutto d’un fiato e il mappazzone della covid poi richiede grande predisposizione d’animo per non scarabocchiare ogni parola di commenti sanguigni. Ai miei lettori, arrivato a questo punto, però una cosa posso dire di sicuro: Tony Blair non avrebbe mai scritto l’ennesimo libro laburista per parlare ai laburisti prima di diventare il leader dei laburisti e soprattutto che non lo avrebbe fatto con questo infelice tempismo: ma Gori non si ferma. Spero che, nonostante le mie remore, questa recensione vi spinga ad acquistare comunque il libro e a leggerlo, con la dovuta calma digestiva, non fosse altro come captatio benevolentiae nei confronti di Giorgio Gori che, nella remota ipotesi venga a sapere di questa non-recensione, non abbia a dire: “ma che rompipalle quel Pepito!“.

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