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Greci e Romani sono sempre stati nell’animo dell’Occidente. Gli umanisti raccolti attorno a Pomponio Leto festeggiavano la nascita di Roma il 21 aprile. Gli illuministi vedevano negli antichi i maestri di libertà. All’inizio dell’Ottocento i marmi del Partenone arrivarono a Londra tra l’entusiasmo generale. Si diceva: “senza gli impareggiabili Greci saremmo rimasti selvaggi”. Il naturalista esploratore tedesco Alexander von Humboldt si dichiarava fortunato a discendere da popoli tanto vicini al divino. Per la morte di Byron, in un epitaffio si auspicò che il poeta inglese fosse sepolto nel Partenone, riconsacrando così la terra greca profanata dal dominio turco. Col Nazismo si favoleggiò dei Greci capostipiti della razza pura ariano germanica.

Che dire del mito di Roma nella nostra recente storia? Si decise di celebrare la memoria dei caduti di Dogali per la guerra d’Etiopia (1886) con un obelisco romano. Nel fascismo si moltiplicarono nomi richiamanti la romanità: fasci, manipoli, centurie, saluto alla romana, mare nostrum, dux, l’impero, la missione di Roma. Il fascino di Roma non sembra neppure tramontato oggi se il giornalista del Corriere Cazzullo ha dato alle stampe un libro dal titolo Quando eravamo padroni del mondo. E forse soggiace sotto le indicazioni del Ministro dell’Istruzione che  parla della necessità di ricuperare la storia antica. Ma l’antropologo Viveiros de Castro ammonisce: “ogni orgoglio presuppone una vergogna”.

Solo noi conosciamo la storia? Solo i greci sono popoli scrittori di storia? Agli occidentali è appannaggio la storia come storia dell’umanità? Pure i cinesi hanno le loro cronache medievali, e gli arabi scrivono di storia universale.

Ombre si stendono sui nostri antichi. La civiltà greca è cresciuta sulla schiavitù. Più tolleranti i Romani che davano la possibilità agli schiavi di affrancarsi. I liberti potevano parlare anche in tribunale a nome del padrone. Nella Satira VII Orazio cede la parola al suo liberto salvo minacciarlo quando si sente criticare per le contraddizioni della sua vita: “se non la smetti ti rispedisco nei campi”.

In contesto anglosassone si è parlato di decolonizing classics. Si sono sottolineati i contenuti di intolleranza. Alcuni esponenti sono giunti al punto di censurati del tutto. Invece l’approccio deve essere critico; va evitato il loro uso ideologico. I classici aiutano a capire la nostra vita e i giovani ne possono trarre giovamento per le loro problematiche.

Il politeismo è stato screditato a vantaggio del monoteismo. L’Occidente ha abbracciato il Cristianesimo, per antonomasia la religione della verità. La religione romana era più tollerante, non escludeva le altre divinità, non contrapponeva i nostri agli dei degli altri.  “Se si parte dal principio che gli dèi sono molti, viene meno il motivo per affermare che quelli degli altri sono falsi dèi o demoni” (M. Bettini, Elogio del politeismo 2014). Con la religione romana convivevano la religione italica e quella greca, i manes parentali e le divinità siriane o egiziane.

La democrazia non nasce e cresce solo in Grecia. L’assemblea è una pratica che si ritrova in varie civiltà. Inoltre in Grecia non è come la conosciamo oggi. Alle assemblee di Atene ci andavano solo i maschi figli di cittadini ateniesi. Diverso era l’atteggiamento nei riguardi dell’uomo e della donna: all’uomo ci si rivolgeva con l’appellativo “ateniese”, con la persona dell’altro sesso bastava la parola “donna”.

Per chi non era di Atene non c’era speranza di ottenere la cittadinanza. Nelle loro storie mitologiche gli ateniesi si ritenevano spuntati dalla terra che abitavano. Anche qui, i Romani erano più aperti. Nel mito fondatore Romolo fa venire gente di ogni dove a scavare la fossa limite della città (moenia signet aratro) dove poi ciascuno getterà la propria zolla di terra presa da casa. Forse l’errore di Atene è stato quello di non aver saputo trattare con gli stranieri.

Sintesi della relazione di Maurizio Bettini
NOI E GLI ANTICHI
Bergamo, Auditorium Liceo Mascheroni, 1 aprile 2025 
all'interno del Programma Noesis 2024/2025

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