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Sedrina rende omaggio a Celeste Luigi Gervasoni, suo partigiano caduto per la libertà nel 1944 a soli 23 anni. Lo fa con una cerimonia organizzata il 2 Giugno, Festa della Repubblica, dall’Associazione Combattenti e Reduci di Sedrina e dal Centro Studi Francesco Cleri.

L’idea commemorativa si è concretizzata con l’inserimento del nome di Celeste Luigi Gervasoni nel Monumento dei Caduti posto in Piazza Carlo Antonio Zanetti. Prima della benedizione del Monumento, la cerimonia inizia con l’Alzabandiera alle 10.15 e prosegue alle 10.30 con la Celebrazione della Santa Messa (in caso di maltempo di celebrerà in chiesa).

La famiglia di Celeste Luigi Gervasoni, proveniente da Zogno, si stabilisce a Sedrina dove, certamente, al momento della sua nascita risiede al civico 99 di via Cassettone. L’atto comunale ci informa che “L’anno millenovecentoventuno, addì cinque di marzo a ore pomeridiane tre e minuti trenta nella Casa Comunale. Avanti a me Volpi Francesco Sindaco ed Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Sedrina è comparso Gervasoni Francesco di anni ventuno, contadino, domiciliato in Sedrina, il quale ha dichiarato che alle ore antimeridiane due e minuti quindici del dì quattro del corrente mese, nella casa posta in Cassettone al numero Novantanove, da Mazzoleni Carolina, casalinga, sua legittima moglie seco lui convivente, è nato un bambino di sesso maschile che egli mi presenta e a cui dà il nome di Celeste Luigi. A quanto sopra e a quest’atto sono stati presenti quali testimoni Genuessi Giacomo, di anni trentasette, operaio, e Vitali Dario, di anni ventitre, contadino entrambi residenti in questo Comune (seguono le firme)

Come asserisce una nipote, la permanenza a Sedrina del nucleo famigliare è breve perché vi rimane […]circa un paio d’anni…(periodo in cui è nato Celestino), per poi trasferirsi prima a Spino al Brembo (circa 10 anni) ed infine a San Pellegrino Terme[…]. Ed è probabilmente da quest’ultima località che Celeste Luigi viene richiamato dal 7 gennaio 1940, ad assolvere al servizio militare. La prima destinazione lo vede impegnato nella Sussistenza per poi passare, come da lui richiesto, nel giugno dello stesso anno all’Arma dei Carabinieri. L’Italia è pienamente coinvolta nelle vicende della seconda Guerra mondiale e Celeste Luigi è coinvolto pienamente partecipando prima alla campagna greco-albanese e, successivamente, a quella più triste del fronte russo.

Chissà se, Celeste Luigi, avrà avuto modo di incontrare lungo queste tristi vicende il coscritto e il vicino di casa natia Battista Gotti o altri sedrinesi impegnati sugli stessi fronti. Rimpatriato nel gennaio del 1943, a causa del congelamento riportato in Russia, viene decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare per il suo comportamento in battaglia. Non ci è dato sapere come è pervenuto fra i partigiani, ma sappiamo solo che ne entra a far parte qualche mese dopo. Attualmente i resti mortali di Celeste Luigi sono tumulati presso il Tempio dei Caduti di San Pellegrino Terme dove sono giunti nel 1994.

La formazione “XXIV MAGGIO”

[…]Sulla nascita della formazione esistono pochi documenti, che presentano inoltre varie contraddizioni: incerta la data di costituzione, che viene collocata tra la fine di maggio e gli inizi di agosto del 1944; incerta la. consistenza del primo nucleo di uomini, da sei e dieci. Vi è invece concordanza sul fatto che quegli uomini erano poco armati e male equipaggiati e sul nome del primo comandante, Giuseppe Baroni “Rossi” […].

Quindi, mi rifaccio al Comitato di Liberazione Nazionale di Serina che, in uno studio, afferma: […]Ai primi di giugno del 1944 la Val Serina, su iniziativa del Comando Divisione Orobica Giustizia e Liberta’, diventa sede di una nuova formazione partigiana: la Brigata “XXIV Maggio”, così chiamata per significare la sua volontà di riscossa contro il tedesco invasore. L’esordio è difficile: sei uomini, armati di due fucili e di una pistola, furono i primi componenti di cui assunse il comando il biondo “Ratti” tenente Giacomo Tiragallo del IV Alpini.. Le casere del Monte Menna furono il primo rifugio di questo piccolo nucleo di partigiani…Lentamente la forza della formazione sale a 12, poi a 20 uomini…Verso la fine di luglio il Comandante giudicò più opportuno e più sicuro spostare i suoi uomini sul Monte Alben ma, l’11 agosto, contro la piccola formazione ci fu un primo rastrellamento…la formazione fu costretta a spostarsi nelle stalle di Corone…a Serina, dalla fine di luglio al 20 agosto, si stabilì un forte distaccamento della Scuola Allievi Militi Forestali di stanza a San Pellegrino…Verso la fine di agosto ritornano sull’Alben…erano una trentina di uomini male equipaggiati, sufficientemente armati…Nell’ottobre si univa alla “XXIV Maggio” il gruppo partigiano “Mario Maini” (ex Bortolo Belotti), composto da circa 40 uomini…Il novembre trova un centinaio di uomini discretamente armati dislocati tutti sull’Alben, eccetto un piccolo gruppo che, per il servizio di rifornimenti, si stabilisce a Cornalba dove si trova anche il magazzino e la infermeria[…].

La formazione è ormai organizzata stabilmente ed è del 28 ottobre la nomina ufficiale di “Ratti” a comandante della “XXIV Maggio”. Mario Invernicci tramite “Zani”, gli scrive: “Ti raccomandiamo nuovamente di attenerti a tutte quelle disposizioni generali impartiteti dal nostro comando”. Pare esistere da parte del comando della Divisione Orobica GL una certa preoccupazione che la brigata agisca in maniera scollegata e autonoma rispetto alle direttive”.

L’APPRODO DI CELESTINO LUIGI ALLA BRIGATA “XXIV Maggio”

Il ritorno di Celeste Luigi dai campi di battaglia coincide con i successivi avvenimenti che vanno dall’Armistizio alla nascita della Repubblica Sociale.

Anche per lui non è possibile stabilire le motivazioni che lo hanno condotto ad avvicinarsi alle formazioni partigiane ma possiamo solo considerare, da una testimonianza raccolta dagli autori BianchiSorelli, l’arrivo di Celeste Luigi in Val Serina e alla sua adesione alla Brigata “XXIV Maggio” presumibilmente possa essere avvenuta poco dopo la sua costituzione. A tal proposito, Spiridione Nozza, il testimone, afferma:[…]Ci siamo spostati in una baita sopra Cornalba. Eravamo sempre in sette, più il Ratti. Dopo di lì viene in contatto con Beppino Biava, con Mancuso  e i fratelli Cornetti che erano giovanissimi, due ragazzi, anche di statura sembravano meno dell’età. A Serina si erano appostati quelli della Guardia forestale che era un bel gruppo, e allora siamo andati alle casere dell’Alben con il Ratti. Siamo arrivati al primo di settembre. E la formazione ha cominciato ad ingrandirsi. Avevamo recuperato qualche arma che ci avevano ceduto gli sbandati di Oltre il Colle e Serina. E infatti avevamo un fucile per uno. E’ arrivato il Tino Gervasoni, e poi un ragazzo della Val Seriana, non ricordo il nome, che faceva da infermiere. Poi è venuto il Tito, cecoslovacco, un vero antifascista, un vero comunista! Io ero sempre con lui e quando gli parlavo in bergamasco si arrabbiava! Era una persona istruita, non come me che non ho fatto scuole. C’era un jugoslavo. Dopo è arrivato un genovese[…]

L’eccidio di Cornalba del 25 novembre 1944

Il rastrellamento — non imprevedibile — giunge comunque tragicamente imprevisto. Verso le ore sette e trenta di sabato 25 novembre 1944 un reparto della compagnia OP di Bergamo, al comando del tristemente noto capitano Aldo Resmini, inizia un rastrellamento in VaI Serina. La colonna, composta da due camion scoperti e da un’autoblinda (circa 50 uomini), risale la valle e appena prima della frazione di Rosolo incrocia e blocca la corriera di linea Zambla – Bergamo. Mentre si compie la perquisizione dei passeggeri, sopraggiunge la seconda corriera, che abitualmente seguiva la prima di pochi minuti. Vengono fermati, riconosciuti ed uccisi sul posto i partigiani Giuseppe Biava, Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari. La colonna fascista si divide in due gruppi: il primo prosegue lungo la provinciale per Serina, il secondo sale attraverso l’abitato di Passoni. Qui è fermato Giovanni Bianchi (abitante in questa località) e costretto a far da guida ai rastrellatori verso Comalba. E’ chiaro l’intento dei militi di attaccare contemporaneamente da destra e da sinistra chiudendo l’abitato a “sacca”: l’unica via d’uscita è costituita dalle mulattiere che salgono sul monte Alben, che verranno però tenute sotto controllo dalle mitraglie. Frattanto il primo gruppo di fascisti giunge a Senna ed effettua un breve rastrellamento nella zona centrale del paese: molti uomini e giovani del posto si danno alla fuga e riescono con difficoltà a raggiungere i sentieri nei boschi. Qui viene fermato Lorenzo Carrara che è costretto a salire sul camion militare. Il gruppo dei repubblichini prosegue per Cornalba, ma sbaglia direzione e prende per Valpiana, nella zona detta del “ristoro” si accorge dell’errore e inverte la marcia; ciò consente a diversi altri uomini di fuggire. Intanto a Cornalba la notizia del rastrellamento giunge attraverso due fonti: una telefonata alla trattoria “della Serafina” è a viva voce, grazie all’avvistamento dei fratelli Luigi e Carlo Carrara, che, usciti di buon mattino per. andare a caccia, scorgono. la colonna fascista sulla strada di Rosolo dalla zona di San Pantaleone. Il gruppo che sale da Passoni lancia un razzo di segnalazione per dare l’allerta ai camerati provenienti da Senna e immediatamente dopo apre il fuoco con armi leggere. Inizia una fuga precipitosa e disordinata verso le pendici dell’Alben da parte dei partigiani e di giovani di Cornalba. E’ molto probabile che ds parte partigiana non si risponda minimamente al fuoco nemico. Ormai anche il primo gruppo di rastrellatori  provenienti da Senna ha raggiunto il piazzale della chiesa parrocchiale di Cornalba. Partigiani e uomini in fuga, che speravano di trovare via libera sulla sinistra del paese, sono bloccati da un fuoco intensissimo: una mitraglia è piazzata su di un prato, una seconda, ancora più micidiale, sul campanile della chiesa. Sorte non migliore aspetta chi cerca scampo verso la destra dell’abitato: i fascisti, che ormai occupano tutto il paese, piazzano almeno due montai e tirano sui fuggitivi, favoriti anche dal fatto che la vegetazione — siamo alla fine di novembre — è completamente spoglia. Proprio con il mortaio viene colpito mortalmente il comandante “Ratti” e ferito gravemente Gino Cometti (un giovane di Cornalba di appena diciassette anni), che verrà “finito” immediatamente con due colpi di pistola. Intanto, sul lato sinistro dell’abitato, con estrema difficoltà, riparandosi dietro le rocce e sfruttando la nebbia piovigginosa che cala dalla montagna, altri uomini in fuga raggiungono i sentieri alti e corrono disperatamente verso la cima del monte Alben. In questa fuga cadono mortalmente feriti Pietro Cometti (fratello gemello di Gino), Battista Mancuso e Giuseppe Maffi. Mentre ancora si spara in questa zona, non distante dal centro abitato, è catturato il partigiano Franco Cortinovis. Portato nella piazza del paese viene sommariamente interrogato, violentemente malmenato e ucciso sul posto dallo stesso Resmini. Intorno alle ore dieci è dato il “cessate il fuoco”. Inizia ora il rastrellamento nei prati, boschetti e cascine sopra l’abitato: viene subito fatto prigioniero Luigi Maver, che proveniva da Nembro in Valle Seriana. Vengono pure catturati, nascosti in un anfratto di roccia, due giovani di Comalba, Egidio Bianchi e Luigi Carrara; stanno per essere interrogati quando, non lontano, viene fermato Callisto Sguazzi “Peter”. Riconosciuto come partigiano, è immediatamente assassinato da un tenente della OP con due colpi di pistola. Il paese è nel terrore: vengono perquisite varie case, si minacciano distruzioni e stragi, viene fatta saltare la cabina elettrica. Alle dodici la colonna lascia Cornalba con i prigionieri Egidio Bianchi, Giovanni Bianchi e Luigi Maver che si aggiungono a Lorenzo Carrara, catturato in precedenza a Senna. Prima di lasciare la Vai Senna, Resmini si ferma al municipio di Bracca, sito in Algua, e minaccia personalmente il podestà e il curato di Trafficanti, prospettando nuove azioni di rastrellamento. Inizia la pietosa raccolta dei cadaveri a Cornalba e le salme vengono composte nella camera mortuaria del cimitero: è stata vietata ogni cerimonia e imposta la fossa comune. Pur con la paura di nuove azioni contro la popolazione, vengono fatte costruire delle bare e la commozione e la partecipazione nell’omaggio ai caduti è generale. Martedì 28 novembre si svolge la cerimonia funebre, che è controllata e difesa da un gruppo di partigiani in armi. Egidio Bianchi, Giovanni Bianchi, Luigi Maver e Lorenzo Carrara vengono riconosciuti amici e collaboratori dei partigiani, selvaggiamente torturati nella caserma della OP a Bergamo e incarcerati a S. Agata (Lorenzo Carrara morirà, causa le torture subite, due anni dopo).

Il rastrellamento del 1° dicembre 1944

La cronaca viene affidata nuovamente al Comitato di Liberazione Nazionale di Serina.

La Brigata “XXIV Maggio” che privata dei suoi ufficiali si era disunita; i superstiti dell’eccidio di Cornalba vengono invitati a raggiungere la frazione di Zorzone, nel comune di Oltre il Colle e[…]in questa delicata fase di spostamento, il 1° dicembre si ebbe un nuovo grande rastrellamento per opera dei militi della Guardia forestale di San Pellegrino, evidentemente bene informati sulla situazione della Brigata partigiana. Sui divisero in due gruppi e, di buon mattino,uno si portò a Dossena e si distese sulle alture che dominano Serina da ovest, il secondo raggiunse il paese con autocarri salendo da Ambria per la strada provinciale. Fortunatamente i “rastrellatori”, che avevano raggiunto il paese, furono avvistati da tre partigiani che si trovavano in una stalla sulla strada per Dossena ed aprirono il fuoco ferendo un milite e dando l’allarme a tutto il paese, poi tentarono di mettersi in salvo ma uno di essi, preso tra due fuochi, cadeva combattendo nei pressi di Dossena (passo della Crocetta). Finita la sparatoria gli ufficiali interrogarono varie persone del paese, chiesero conto di due membri del C.L.N., ad uno dei quali perquisirono la casa. Salirono poi sull’Alben dove alcuni partigiani stavano raccogliendo i loro ultimi bagagli per trasferirsi a Zorzone: quattro di essi rimasero uccisi, uno ferito, altri poterono salvarsi[…][1].

Il protagonista di questa triste vicenda, colui che ha sacrificato la propria vita per salvare i compagni è proprio Celeste Luigi Gervasoni. La conferma ci giunge da questo scritto: […]Sabato 1 dicembre 1944, quindi, esattamente una settimana dopo i fatti di Cornalba, si ebbe una nuova azione di rastrellamento in Serina, ad opera dei militi della Guardia forestale che provenivano dalla Caserma di San Pellegrino Terme. In un primo conflitto a fuoco sulla strada che conduce al Comune di Dossena, nei pressi del Passo Crocetta, venne mortalmente ferito il partigiano Celestino Gervasoni. Un altro gruppo di militi, partendo dall’abitato di Serina, prese la direzione dell’Alben sorprendendo in una baita alcuni partigiani che si stavano preparando a lasciare la zona per raggiungere il resto dei superstiti della brigata. Nell’imboscata morirono tre partigiani di nazionalità russa, “Carlo”, “Michele” e “Angelo”, e un giovanissimo partigiano di appena diciassette anni, Mario Ghirlandetti. Un altro partigiano russo,“Scialico” ferito ad una gamba veniva catturato e portato a Serina. Qui, aiutato da alcune persone del paese, trovava rifugio in una abitazione privata fino alla primavera del 1945 e ai giorni della Liberazione[…]

Ci ha raccontato di alcuni partigiani uccisi…

I tragici eventi di Cornalba furono propagandati con enfasi da parte dei fascisti tanto che, testimonia Giuseppe Giupponi, […]A scuola a San Pellegrino, dove frequentavo senza molto entusiasmo la 1a Liceo, ci fa lezione di religione il cappellano militare della forestale repubblichina. Nessuno gli sta attento, nemmeno Comper, che è uno dei pochi che ci dà dentro a studiare. L’Arrigoni se ne va via perché lui dice di essere ateo. Paffutello, sempre in divisa di ufficiale, stamane ci ha raccontato dei rastrellamenti in corso in Val Serina dove c’è una Brigata di Giustizia e Libertà, la 24 Maggio. Ci ha raccontato di alcuni partigiani uccisi a Cornalba, (pare che ci siano anche dei Russi ed il comandante Ratti). I compagni di classe ogni tanto guardavano verso di me, commossi, facendomi capire la loro solidarietà[…]

1946, 4 ottobre – CORTE D’ASSISE: La condanna di due rastrellatori

Nell’immediato dopoguerra si celebrarono numerosi processi che hanno visto imputate molte persone che si erano distinte per la loro partecipazione al regime fascista e per il loro contributo effettivo all’organizzazione e alla realizzazione delle attività persecutorie compiute a danno della popolazione.

Fra questi, si tenne anche quello relativo alle spie che contribuirono, con le loro delazioni, ai fascisti di operare contro i partigiani in diverse località della bergamasca e, fra queste, quelle che condussero ai terribili fatti di Cornalba.

Questa è stata la conclusione: Nell’ultima udienza  fuori programma,  che  non risultava a ruolo,  è stata ieri tenuta dalla Corte, presieduta dal dott. Artina per esaminare la posizione di quattro rastrellatori che avevano agito nella zona di Cornalba, V. Taleggio, Olmo, Gandino e Villa d’Ogna, imputati di saccheggi e di devastazioni. Essi sono: Fiammarelli Giuseppe, Trapletti Alessandro, Parimbelli Battista e Assolari Luigi, che all’interrogatorio si mantengono sulle negative. I testi invece sono concordi  nel precisare fatti e circostanze. Il P.M. chiede la condanna a varie pene per tre imputati, mentre chiede l’assoluzione per il Fiammarelli. Sentita la difesa, la Corte pronuncia sentenza di condanna ad anni cinque e mesi 4 (condonati a 5 anni) per il Fiammarelli e ad anni venticinque (ridotti a 16 e 8 mesi per condono) per l’Assolari. Manda assolti per insufficienza di prove e per intervenuta amnistia, tanto il Trapletti che il Parimbelli.

La locandina
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