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Ci sono sigle, atti amministrativi, documenti pubblici che spesso risultano difficilmente comprensibili da chi non ha un’esperienza tecnica o amministrativa, ma che contengono decisioni importanti per la vita del territorio, dell’ambiente e delle nostre comunità. Il Ptcp, piano urbanistico territoriale di coordinamento provinciale, è uno di questi, ed è stato approvato dal Consiglio Provinciale lo scorso 7 novembre (lo streaming). L’iter è cominciato durante la scorsa amministrazione per essere poi ripubblicato e in parte modificato dall’attuale. Ora, una volta approvato, i Comuni hanno 12 mesi di tempo per adeguare i loro Pgt (Piani di Gestione del Territorio) alle diverse indicazioni contenute nel Ptcp, dalle infrastrutture agli strumenti di tutela dell’ambiente fino alle linee strategiche di sviluppo dell’intera provincia.

Punto forte del Ptcp della Provincia di Bergamo approvato è la conferma di alzare l’asticella del risparmio di suolo dal 20% indicato dalla Regione al 25% deciso dalla Presidenza Rossi, mettendo così un freno agli ambiti di trasformazione residenziali e produttivi non ancora convenzionati. Anche i più scettici sui temi ambientali non sono riusciti a mettere in discussione questa indicazione. Rispetto alle opere strategiche su ferro da realizzare nel medio periodo viene confermata la linea tramviaria per la valle Brembana, mentre per il lungo periodo, laddove i territori si sono mossi insieme, sono state assunte progettualità che vanno a inserirsi nella “cura del ferro” avviata negli anni scorsi, come il ripristino del tracciato del tram tra Ponte S.Pietro e Villa d’Almè.  Non accolta invece la proposta di insistere con Rfi affinché venisse inserita la possibilità di una fermata a Mozzo tra quelle previste sul raddoppio ferroviario tra Ponte S.Pietro e Montello.

Dal punto di vista della tutela del suolo, fondamentale che siano state definite le “aree agricole strategiche” (Aas), zone in cui non si potrà costruire nulla e che sono state oggetto di un vero assalto alla diligenza da parte di chi avrebbe voluto ridimensionarle. Va però detto che una delle Aas previste, forse la più sensibile dal punto di vista politico, quella su cui in questi anni si è tentato di costruire il famoso interporto di Caravaggio poi fermato dall’attuale giunta comunale, è stata definita solo come Sat, ovvero uno “spazio aperto di transizione” su cui il Comune avrà la libertà di intervenire o meno decidendo sulle richieste di chi oggi vorrebbe avviare un insediamento logistico chiamato “Chilometro verde”. Positivo il fatto che un’altra zona di pregio come il Plis del Parco agricolo della Madonna dei Campi sia stato liberato dal tratto di autostrada che lì era prevista.  E proprio in tema di autostrada tra Bergamo e Treviglio, forse si poteva avere più coraggio nel sottolineare il famoso “studio sulla mobilità sostenibile” con alternative all’autostrada redatto dalla Provincia nel 2018 ponendolo con forza come contraltare alle indicazioni contenute nel Ptr (piano territoriale regionale), anziché limitarsi a registrarne l’esistenza.

Tema di dibattito anche il “principio di solidarietà”, ovvero la possibilità di operare perequazioni tra Comuni diversi per compensare spazi edificatori. Il fatto che questo potrà avvenire preferibilmente tra Comuni confinanti ha soddisfatto solo in parte chi aveva lanciato l’allarme su un possibile scambio di metri quadri edificabili tra zone in forte sviluppo come la pianura ed altre più in difficoltà come le valli. Luci e ombre quindi, come in tutte le decisioni, ma avere un Ptcp della Provincia di Bergamo su cui confrontarsi è sicuramente meglio che non averlo.

Oggi la Provincia ha sicuramente uno strumento più forte che la rimette al centro delle scelte e sul piano normativo si è fatto sicuramente un passo avanti. Guardando alle richieste delle imprese della logistica, ad esempio, l’ente provinciale di siederà al tavolo della procedura negoziata di tutti gli interventi dai tre ettari in su e potrà farsi parte attiva nel coordinare le politiche di sviluppo. Ma è difficile coordinare senza una visione dello sviluppo che si vuole perseguire. In questo senso il buco nero del Piano è l’assenza di quell’Agenda Strategica prevista dal nuovo Statuto provinciale e dal Documento Direttore col quale il Ptcp della Provincia di Bergamo è stato avviato. Le indicazioni iniziali prevedevano che il percorso di elaborazione tecnica andasse di pari passo con una esplicitazione dello sviluppo territoriale: l’equilibrio tra insediamenti logistici e agricoltura multifunzionale in pianura, le strategie per il rilancio delle valli, un modello di integrazione per l’area urbana, la condivisione degli obiettivi del Tavolo Ocse per lo sviluppo. E’ sicuramente questa la parte più debole di un piano molto tecnico e poco politico. E se la prossima amministrazione provinciale potrà sicuramente porvi rimedio, forse con una direzione di marcia maggiormente esplicitata avremo un territorio più forte e capace di orientare le ingenti risorse del Piano Marshall regionale non tanto secondo le zone di consenso dei consiglieri regionali, bensì all’interno di un orizzonte più condiviso.

E forse non è un caso che siano stati respinti quasi tutti i contributi di realtà come Legambiente, Confindustria, Coldiretti, Ance, documenti molto diversi fra loro per i contenuti proposti, ma che con le loro osservazioni avevano cercato un approccio più politico e progettuale, presupponendo che visione e strumenti di coordinamento fossero i due binari su cui le norme tecniche del Ptcp della Provincia di Bergamo dovessero viaggiare.

Nei giorni dell’approvazione mi hanno colpito in particolare due dichiarazioni apparse sui quotidiani locali, quelle di Legambiente e quelle degli amministratori provinciali che hanno lavorato sul piano. “Manca una visione strategica di lungo periodo” – hanno dichiarato gli ambientalisti – “Non è più il tempo di visioni a lungo termine” hanno rivendicato gli amministratori provinciali. Al netto delle possibili semplificazioni giornalistiche, ammetto il mio stupore. Comitati e associazioni vengono spesso tacciati di condurre battaglie di piccolo cabotaggio secondo la logica “nimby” (non nel mio giardino), mentre la politica dovrebbe saper offrire “pensieri lunghi” coinvolgendo la propria comunità lungo un’idea di progresso e di futuro.

Non so se si siano invertite le parti, d’altronde è pur vero che il tema della sostenibilità fondamentale per le società moderne è stato imposto alla politica da un movimento di studenti ispirato da una giovane ragazza svedese, mentre nei vertici internazionali si verificavano i fallimenti di possibili strategie. Ad ogni modo, questa pandemia cambia radicalmente previsioni e scenari di sviluppo, non solo dal punto di vista economico, ma anche valoriale. E’ quindi indispensabile che i decisori pubblici che vorranno essere protagonisti non si limitino a definire gli strumenti per esserlo, ma anche le idee sulle quali indirizzare quegli strumenti.

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