Biondi immobiliare

Mangiare carne senza però uccidere animali. Si può fare? A Singapore sì. Hanno cominciato lo scorso dicembre.

L’idea è venuta a un’azienda statunitense, Eat Just (del suo caso ha scritto l’edizione online del Guardian, al link: https://www.theguardian.com/environment/2020/dec/02/no-kill-lab-grown-meat-to-go-on-sale-for-first-time) che ha cominciato la trafila per chiedere l’autorizzazione del suo prodotto in diversi Stati del mondo, e il primo permesso lo ha ottenuto appunto a Singapore.

In sintesi, invece di allevare polli e poi macellarli, l’azienda effettua delle biopsie su pochi animali per ottenere un po’ della loro carne, poi li lascia vivere. Quella carne viene poi messa in reattori di 1˙200 litri di volume insieme a un brodo vegetale appositamente studiato, e lì iniziano reazioni chimiche che fanno crescere la quantità di carne in maniera esponenziale.

Il prodotto risultante è identico alla carne naturale, ma con alcuni vantaggi: non contiene ossa, né tendini, né cartilagini. Solo fibre muscolari.

A regime il prodotto dovrebbe essere anche più economico rispetto alla carne tradizionale grazie al fatto che i produttori risparmiano sulle spese di allevamento: niente stalle, niente foraggio, niente antibiotici per mantenere sani gli animali, ecc. ecc.

Inoltre nessuna attesa che l’animale nasca e cresca fino a un peso accettabile.

Secondo l’azienda, se prodotti del genere si diffondessero, molti meno animali, forse nessuno, verrebbero uccisi per l’alimentazione umana. Si salverebbero circa 50 miliardi di esseri viventi ogni anno. (Questo dato è tratto dal sito web del World Economic Forum, al link: https://www.weforum.org/agenda/2019/02/chart-of-the-day-this-is-how-many-animals-we-eat-each-year/).

Si tratterebbe soltanto di farci l’abitudine. Gli esseri umani continuerebbero a mangiare carne, ma cambierebbe quasi tutta l’industria dell’allevamento che conosciamo.

Pensavamo fosse futuro, sta già cominciando a diventare presente.

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Autore

Guido Tedoldi

Nato nel 1965 nel milieu operaio della bassa Bergamasca. Ci sono stato fino ai 30 anni d’età, poi ho scelto di scrivere. Nel 2002 sono diventato giornalista iscritto all’Albo dei professionisti. Nel 2006 ho cominciato con i blog, che erano tra gli avamposti del futuro. Ci sono ancora. Venite.

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