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Sabato 18 novembre 2023, nell’antica e bella chiesa affrescata di San Bartolomeo di Albino (risalente al XV secolo), abbiamo tessuto le lodi di Monsignor Ermenegildo Camozzi. L’occasione ci è stata offerta dall’attivissima Biblioteca comunale, nel corso della presentazione dell’ultima opera di Don Gildo, Piccole-grandi storie della Chiesa di Bergamo, coedita nel 2021 da Centro Studi Valle Imagna e Fondazione per la storia economica e sociale di Bergamo.

L’evento ci ha consentito di ritornare su uno dei periodi forse più floridi e interessanti della storia recente della Chiesa di Bergamo, quello del cattolicesimo sociale, che ha caratterizzato la vita del clero diocesano e del popolo dalla fine dell’Ottocento sino a tutta la prima metà del secolo scorso. In realtà quel processo è continuato anche dopo e ancora oggi viviamo la parte terminale della lunga onda di attenzioni della Chiesa diocesana alle questioni sociali e ai grandi fenomeni che hanno caratterizzato il diciannovesimo e il ventesimo secolo.

Mentre il dr. Mario Fiorendi e il prof. Giuseppe De Luca hanno messo in luce alcuni aspetti salienti della ricerca, io ho avuto il piacere di onorare la figura di mons. Ermenegildo Camozzi, cittadino di questa terra sulle sponde del Serio, grazie al quale abbiamo potuto pubblicare e divulgare in questi anni diverse ricerche di interesse storico. Ricordo, per citare solo quelli pubblicati dal Centro Studi Valle Imagna, i seguenti volumi:

  • Una diocesi smarrita (episcopato di Luigi Marelli), 2014
  • Il caso Mattiussi (al centro del quale è posta la grande disquisizione sul modernismo), 2015
  • Prete soldato (diario e memorie di Don Giuseppe Canova, cappellano militare del V Rgt. Alpini, Btg. Valcamonica), 2016
  • Piccole grandi storie della chiesa di Bergamo, 2021.

Don Gildo ci ha consegnato anche un altro lavoro in attesa di essere pubblicato, l’epistolario di Don Angelo Berzi, un sacerdote bergamasco che ha insegnato patristica nel Seminario di Brescia assumendo anche posizioni teologiche contrastanti con la Chiesa, per le quali è stato esautorato dall’insegnamento.

Delle tre dimensioni personali di monsignor Camozzi, quella connessa al suo servizio presso la diplomazia vaticana (che lo ha trattenuto alcuni decenni presso la Curia romana), quella relativa al suo ministero sacerdotale e l’ultima più centrata sui suoi interessi storici-letterari, ho potuto apprezzare in modo particolare le ultime due, in relazione alla frequentazione nel corso di questi ultimi vent’anni, da quando cioè ci siamo incrociati sui medesimi obiettivi di ricerca.

Sul piano pastorale, mi sono sempre lasciato catturare dal suo sorriso dolce e affabile, calato sotto profondi occhi azzurri abituati a traguardare gli orizzonti della storia e dello spirito. Quell’inconfondibile sorriso mi ha contagiato e accolto tutte le volte che, per diversi anni, lo incontravo, assorto in preghiera nella chiesa del Santuario della Madonna della Gamba, a Desenzano al Serio; poi nel bar adiacente al Santuario medesimo e quindi, negli ultimi tempi, quando la salute incominciava a vacillare, nell’abitazione attigua del Rettore del Santuario. Si correggevano bozze, ci si scambiava pareri e opinioni, fogli di carta scritti, riscritti e corretti, sino a concludere le diverse operazioni editoriali.

Don Gildo ha fatto della storia della Chiesa di Bergamo la sua missione di vita, rendendo un grande servizio alla conoscenza: nonostante abbia vissuto per molto tempo nella Capitale, in realtà non si è mai staccato dalla sua Chiesa-madre diocesana, che ha continuato a studiare e mettere al centro di continue attenzioni, trasferendo sin quassù, a Bergamo, una mole incredibile di informazioni giacenti presso l’Archivio Segreto Vaticano. Basti pensare alla monumentale ricerca concernente le Visite ad limina dei Vescovi di Bergamo, confluita in tre ponderosi volumi. Un giorno mi ha confidato che, nonostante abbia vissuto alcuni decenni nella Capitale, non conosce affatto Roma, i suoi monumenti e i luoghi della vita sociale, per non averla frequentata.

Sul piano storico-letterario, Don Gildo ha trascorso gran parte della sua esistenza nelle biblioteche, negli archivi, leggendo, studiando e trascrivendo documenti. Concedetemi un’affermazione affettuosa: ha agito come una sorta di “topo da biblioteca”, avendo da sempre frequentato l’idea dei luoghi dedicati alla cultura. Per essi ha vissuto. In modo particolare il suo contributo si è concentrato nella continua ricerca e offerta di fonti documentali. Don Gildo non si è mai preoccupato di fare lo storico, bensì di raccogliere e di offrire agli storici fonti documentali di prim’ordine, utili per ampliare spazi di valutazione e di conoscenza. Migliaia di pagine di documenti trascritti, commentati, postillati, validati, argomentati. Ritornando all’analogia con il topo da biblioteca, intento a rosicchiare libri, in fondo anche Don Gildo è stato un divoratore di cultura e di archivi, affamato di sapere e di conoscenza, per il quale la soddisfazione giungeva alla conclusione della ricerca. Tendenzialmente egli non si occupava della sua divulgazione, che avrebbe lasciato volentieri ad altri.

Don Gildo è sempre stato un po’ schivo alle apparizioni pubbliche, anzi bisognava sempre trascinarlo ai convegni per la presentazione dei suoi libri, sollecitandolo più volte affinché intervenisse. L’umiltà ha sempre preceduto la sua fama e tanto lavoro silenzioso. In qualche misura, egli fa parte di quella schiera di sacerdoti e letterati che, soprattutto nel diciannovesimo secolo, pur pubblicando studi e ricerche, omettevano di stampare il proprio nome, rifuggendo da ogni forma di orgoglio personale: sarebbe stato qualcun altro che, in seguito, avrebbe attribuito l’opera al suo legittimo autore.

La tenacia del ricercatore, la motivazione e la curiosità nei confronti della conoscenza senza limiti, la passione viscerale verso la sua Chiesa, hanno spinto il prelato studioso a realizzare e concludere positivamente molte ricerche e altrettanti traguardi editoriali, che oggi la comunità religiosa, quella scientifica e la popolazione tutta gli riconoscono.

Un’ultima chiosa personale. Attualmente Don Gildo è inserito in una struttura di accoglienza. La salute purtroppo non lo sta assistendo. Alcuni giorni fa, quando sono andato a trovarlo, mi ha riconosciuto subito, a prima vista e ricordava ancora bene quello stracchino della Valle Imagna che regolarmente gli portavo durante i nostri incontri quindicinali presso il Santuario della Gamba, che probabilmente lo riportavano direttamente ai sapori e agli ambienti della sua infanzia…

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Autore

Antonio Carminati

Direttore del Centro Studi Valle Imagna

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