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Il 5 febbraio di 25 anni fa ci lasciava il maestro Gianandrea Gavazzeni. Aveva 86 anni e fino all’ultimo, pur minato da un tumore allo stomaco da qualche anno, era rimasto in attività. Un mese prima era salito sul podio per l’ultima volta nel teatro di Lugo di Romagna. Uomo di grande cultura e forte personalità si era imposto fin da giovane nel mondo della musica italiana e poi sempre più anche nella cultura del nostro Paese come saggista, scrittore, critico musicale. I suoi saggi coprono tutto lo spettro del dibattito culturale: dalla musica alla letteratura, alla pittura. I suoi libri indagano gli aspetti più evolutivi e meno biografici dei grandi e meno grandi compositori, dei movimenti artistici e anche degli ambienti sociali e storici. Per questo il suo pensiero era sempre molto apprezzato (e richiesto) non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dai grandi giornali, dalle riviste specialistiche e dalle televisioni.

Gianandrea Gavazzeni divenne pertanto una figura di riferimento nel Novecento italiano. La sua vocazione alla musica scaturì sin dall’età di 4 anni quando il padre, deputato al Parlamento, lo portò nel suo palco del teatro DONIZETTI per assistere ad un’opera di Wagner. Ma i suoi esordi avvennero come pianista, dopo il diploma al conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Quindi si diede anche alla composizione, essendo stato allievo di un grande della musica italiana: Ildebrando Pizzetti. Compose opere sinfoniche e da camera non scevre da stilemi popolareschi (vedi ad esempio “Coro di bevitori di grappa” dove la bergamaschità è ineludibile) e di stampo pizzettiano.

Ben presto però si tuffò nella direzione d’orchestra imponendosi come uno dei maggiori cultori del melodramma italiano ed europeo. Fino ad essere nominato direttore musicale del teatro alla Scala di Milano. Grazie a lui ebbe inizio anche la rinascita donizettiana e fu il più autorevole sostenitore del melodramma naturalista e dell’Ottocento italiano con studi anche sulla musica russa dell’ottocento, Musorgskij in particolare. La sua fama di direttore si espanse presto in tutta Europa, dirigendo nei massimi teatri, da Vienna a Parigi. Storica è rimasta una sua tournée in Russia con la compagnia della Scala. Nonostante tutto questo Bergamo non ha restituito (ancora) al grande maestro tutto il valore, il merito e il riconoscimento che si deve a un concittadino di tanto prestigio musicale e culturale.

L’unica importante iniziativa nel suo nome è l’orchestra Gianandrea Gavazzeni di Bergamo fondata dal maestro Antonio Brena al quale abbiamo posto alcune domande:

Maestro Brena ci vuole spiegare il motivo di questa giovane orchestra intitolata a Gianandrea Gavazzeni?

Avendo personalmente conosciuto e frequentato il maestro Gianandrea Gavazzeni ho sentito l’urgenza artistica di testimoniare musicalmente la sua opera e la sua figura. Non per ambizione personale, ma per lo stupore, dopo 25 anni dalla sua morte, che praticamente nessuno a Bergamo si ricordasse di lui. Così sulla fine del 2017 ho fondato questa orchestra convinto che la città in qualche modo avrebbe colto il segnale.

E’ stato così? Anche se a giudicare da quanto è avvenuto non si direbbe.

Ha proprio ragione. Purtroppo il Comune di Bergamo nonostante le nostre richieste non si è mosso. Nemmeno nell’offrire una sede per le prove dell’Orchestra. Questo nonostante il nostro scopo fosse quello di offrire ai giovani neodiplomati del conservatorio una concreta opportunità di esercitare la propria professione artistica e musicale. Gli unici Enti a sostenerci sono stati, da subito, il Ducato di piazza Pontida nella persona del duca Mario Morotti “Smiciatot 1” e poi dell’Università di Bergamo con il rettore Remo Morzenti Pellegrini. Ultimamente anche l’Asst Bergamo Est. Poi purtroppo ci si è messa anche la pandemia, così dopo nemmeno 2 anni di attività ci siamo fermati per 13 mesi. 

Quindi futuro incerto e problematico?

Non c’è dubbio. Ma la cosa che più demoralizza è vedere una città così vivace e piena di risorse e talenti come Bergamo, non fare niente o quasi per una vera politica della musica. Non a caso uso il termine politica. È vero c’è il teatro DONIZETTI e il festival Donizetti. Vanno valorizzati ci mancherebbe altro. Però non può esaurirsi tutto lì, in mero spettacolo e grandi eventi. Non si può trascurare l’humus vitale che consente la musica dal basso, l’educazione musicale, la formazione, la diffusione capillare di un valore essenziale come l’arte, la musica, la bellezza. Questo humus lo si coltiva soprattutto offrendo a tutti coloro che scelgono la musica come proprio futuro (e rincuora vedere che anche i millennial di oggi scelgono di studiare violino, pianoforte ecc.ecc) non occasioni da spettatori in teatro, ma da protagonisti. Per questo una città come Bergamo non può non avere un orchestra attiva e regolare. È una scelta politica. Come si curano gli acquedotti e le strade per il benessere del corpo, SI DEVE curare il benessere del pensiero e dello spirito con la cultura. Investendo soldi, tanti soldi anche per un ‘orchestra.

Il suo è un appello?

Una città veramente civile non avrebbe bisogno di questi appelli. Piuttosto un appello lo rivolgo non solo agli enti pubblici, ma anche ai privati, agli sponsor affinché sostengano l’orchestra Gavazzeni anche nel ricordo dell’illustre Maestro. Un appello va anche ai privato cittadini particolarmente benestanti affinché lascino una donazione o anche una piccola eredità per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’Orchestra Gavazzeni.

 

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