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Negli anni successivi al raggiungimento della completa Illuminazione Buddha si dedicò alla diffusione di ciò che aveva appreso. Si spostò nella pianura del Gange, una penisola alluvionale che si estende lungo il fiume. Accolse nuovi monaci, fondò comunità monastiche pronte ad accogliere chiunque, indipendentemente dalla religione di provenienza o dalla casta alla quale appartenevano. Fondò anche il primo ordine monastico femminile della storia.

Dalle fonti che ci sono giunte è stato possibile ricostruire, con una discreta accuratezza, gli spostamenti del Buddha. Tali spostamenti hanno avuto luogo principalmente nel cosiddetto periodo dei Vassa, o periodo delle piogge, che si ripresenta ciclicamente. Il Vassa è molto importante all’interno del calendario buddhista, in quel periodo i monaci e le monache dedicano la maggior parte del loro tempo alla meditazione e allo studio dei testi sacri.

Questo periodo inizia al plenilunio di luglio e dura per circa tre mesi. Durante il Vassa, i monaci si stabiliscono in un monastero o in un tempio, dove dedicano la maggior parte del loro tempo a meditare, a osservare i precetti buddhisti, a studiare i testi sacri e a praticare altre attività spirituali. Inoltre, in tale stagione, i monaci sono tenuti a rispettare alcune regole speciali per dimostrare la loro dedizione alla vita monastica e alla pratica del Dharma.

Ad esempio, non possono viaggiare molto lontano dal loro monastero, né possono accettare inviti da membri del pubblico, a meno che sia strettamente necessario per la loro sopravvivenza. I monaci non possono nemmeno tagliare i capelli o le unghie, né possono indossare abiti nuovi o eleganti. Tali precetti sono necessari affinché il periodo del Vassa sia dedicato esclusivamente alla riflessione e al rinnovamento spirituale.

Intanto, durante continui spostamenti, le conversioni si succedono, sia da parte di religiosi che di laici, sia di rappresentanti delle caste più nobili che di quelle più umili, a testimonianza della totale apertura della filosofia buddista. Così il Buddha tornò nella sua città natale, Kapilvastu, dove fece visita a suo padre Suddhodana e a sua moglie Yasodharā, convertendoli. Ordinò anche suo fratellastro Nanda suo figlio Rāhula.

Lasciata la regione, il Buddha si diresse nel regno di Kosala dove incontrò più volte il re al quale parlò della sua nuova filosofia. In quel periodo ebbe in dono, dal facoltoso mercante Sudatta Anāthapiṇḍika che aveva precedente convertito, un appezzamento di terreno nella periferia meridionale della città. Buddha lo utilizzò per le riunioni del sangha (la comunità delle quattro assemblee dei monaci buddisti). Il luogo divenne anche uno dei principali luoghi di sosta del Buddha e grande centro di diffusione del Dharma, noto come il monastero Jetavana (il “Parco di Jeta”*). Anche nella regione di Kosala il Buddha riuscì a convertire molte persone. Dagli elenchi dei convertiti emerge come l’origine castale dei monaci e dei laici fosse in prevalenza brahmanica e mercantile, con minoranze tra la casta guerriera, cui apparteneva lo stesso Buddha, e le classi inferiori.

Nei suoi successivi spostamenti Buddha si trasferì nella regione di Rajgir. Lì ebbe in dono, o meglio la sangha ebbe in dono, il monastero di Jīvakarana. Il benefattore si chiamava  Jīvaka Komārabhacca, era il medico del re e stimava così tanto il Buddha che lo pregò di soggiornare vicino alla sua dimora.

Fu in quella sede che il Buddha espose il Jīvaka Sutta**, in esso si fa divieto ai monaci di nutrirsi di carne se l’animale è stato ucciso al solo scopo di fornire della carne da mangiare, e parimenti fa divieto ai laici di uccidere animali con lo scopo di alimentare i monaci.


* Il Jetavana è un monastero che fu fondato dal re di Shravasti, Prasenjit, per il Buddha durante il VI secolo a.C. e diventò uno dei suoi luoghi preferiti. Secondo la tradizione buddista, il Buddha trascorse 24 anni della sua vita a Jetavana perché era stato donato appositamente per la sua residenza dai discepoli devoti Jeta e Anathapindika. Jetavana è uno dei siti religiosi più sacri per i buddisti e gli spiritualisti in tutto il mondo e attira un gran numero di pellegrini e visitatori ogni anno.
** Il Jīvaka Sutta è un testo del canone buddhista Pali che narra di un giovane medico di nome Jīvaka, che chiede al Buddha quale sia il modo migliore per curare i malati. Il Buddha risponde che il modo migliore è quello di curare sia la mente che il corpo, utilizzando una combinazione di pratiche mediche e pratiche spirituali. Il sutta mette in evidenza l'importanza della cura della mente nel processo di guarigione del corpo, e incoraggia i medici a non limitarsi a curare solo i sintomi fisici dei malati, ma a prendersi cura di loro a livello spirituale ed emotivo. Il Jīvaka Sutta è stato influente nella storia del buddismo, poiché ha contribuito a fondare la tradizione medica buddhista e a promuovere l'integrazione della medicina e della spiritualità nel trattamento dei malati.

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Autore

Enrico Valente

Enrico Valente è nato a Torino nel 1978 dove si laurea in giurisprudenza nel 2004. Da oltre vent'anni si dedica allo studio e alla ricerca filosofica e da alcuni anni affianca la passione per la scrittura alla traduzione di saggi e romanzi. Con ”L'arte di cambiare, da bisogno a desiderio dell'altro” la sua opera di esordio, vince nel 2021 il primo premio al Concorso nazionale di filosofia ”Le figure del pensiero”, nello stesso anno riceve per la medesima opera la menzione d'onore al Premio di arti letterarie metropoli di Torino e arriva finalista al concorso di Città di Castello. Attualmente è impegnato alla preparazione di una collana intitolata ”Incontri filosofici” dedicata ai grandi protagonisti della filosofia che sta ricevendo un notevole riscontro da parte del pubblico ed è in corso di traduzione all'estero. Il suo primo numero “Il mio primo Platone” è arrivato finalista al concorso nazionale di filosofia di Certaldo (FI) 2022.

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