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Tiene banco la richiesta di un allentamento delle misure da zona rossa almeno per la provincia di Bergamo. I numeri però, ad una lettura oggettiva e spassionata, sono contrastanti. D’altronde siamo a gennaio, il periodo più favorevole per la diffusione di virus con un comportamento influenzale come quello della Covid. È vero che il numero di contagi per abitanti è basso, anzi bassissimo, nell’ordine di 60 per 100 mila persone. Un numero così confortante che ci porta a dire che qui seconda e terza ondata non sono mai davvero arrivate.

Lo stesso non si può dire per l’epidemia, cioé la capacità del virus di propagarsi. L’indice di trasmissione, il famigerato Rt, è a 1,2, dopo aver raggiunto settimana scorsa il picco di 1,5 in città. Va meglio in provincia ma con indici sempre superiori a 1. Questi numeri misurano la velocità di propagazione del contagio e, al di là della classificazione al limite tra da zona arancione e rossa secondo la strategia del governo, denotano la pericolosità della malattia.

Insomma nessuno sa se la miccia possa riaccendersi da un momento all’altro, ma, le condizioni perché questo avvenga, ci sono tutte. Forse piuttosto che impuntarsi sui numeri, destinati si spera a non peggiorare ma neanche migliorare per la stagione invernale, bisognerebbe riflettere sulle differenze nelle limitazioni. La differenza sostanziale tra arancione e rosso è la chiusura dei negozi. Siamo davvero sicuri faccia tutta questa differenza e ne giusitifichi la serrata?

A parere del Pepito che vi scrive no, consentire di tenere aperti i negozi nel rispetto delle rigide regole sanitarie non aiuta il virus e non allenta l’attenzione nei comportamenti dei cittadini. Piuttosto hanno creato delle regole e dei protocolli per l’applicazione dei divieti, ora disattenderli causa responsabilità: anche in piena crisi vince la burocrazia. Il CTS da conventicola di scienziati sta diventando a sua volta una burocrazia in cui gli scienziati diventano a loro volta dei burocrati.

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