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Nella fase preparatoria di quest’articolo ho voluto fare un esperimento postando sul mio profilo Facebook un’immagine per vedere quale potesse essere il riscontro. A corredo dell’immagine non ho messo alcuna spiegazione o motivazione in quanto, già di per sè, esplicativa. Si trattava di un uomo, in una chiesa, intento a pregare… nulla di particolare; eppure, le visualizzazioni sono state tante perché gli utenti hanno riconosciuto che, quella persona, non era uno qualunque bensì il noto attore Kevin Costner.

L’idea di fare questo test di riconoscimento mi è venuta dopo aver incontrato, il 4 giugno 2021 presso la sede di Russia Cristiana a Seriate, Padre Francesco Braschi al fine di poterlo intervistare visto il recente lancio del suo nuovo libro dal titolo “I Sacramenti – segni evidenti della fede e dell’amore gratuito di Dio” – edizioni San Paolo.

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Ero mosso da una domanda su quale potesse essere il senso di un nuovo libro su un tema così noto. Sono rimasto profondamente colpito dalle risposte fornite dall’autore perché, in sintesi, hanno rappresentato un ribaltamento del punto di vista con cui solitamente siamo abituati a rapportarci a questi segni sacri. Infatti, non si tratta né di rituali utili per colmare vere o presunte incapacità personali di gente con poca autostima, come una buona parte della attuale letteratura formativa porta a pensare, ma neppure di momenti scaramantici per richiedere la protezione ad una generica divinità al fine di non incontrare ostacoli nella realizzazione dei propri progetti, anche positivi, di vita.

Al centro di tutto c’è, invece, una relazione tra due persone la cui efficacia non si può misurare con i criteri con cui possiamo valutare, ad esempio, una rendita finanziaria; ma si può scoprire solamente in base alla disponibilità che viene riconosciuta a Chi dona questi gesti.

A livello statistico, ad esempio, non c’è una grande differenza tra le separazioni che avvengono tra le persone che si sposano in chiesa e quelle che si sposano in Comune. Allora, la domanda che sorge è: qual è la differenza dello sposarsi in chiesa se tanto, poi, si può arrivare al divorzio con le stesse possibilità di chi ha contratto il matrimonio civilmente? La risposta di Padre Braschi a questo quesito è molto chiara: si può correre lo stesso rischio se il matrimonio in Chiesa viene richiesto e vissuto come un rito scaramantico nel quale gli sposi, in totale buona fede, chiedono ad un “Buon Dio” una pacca sulla spalla perché, in fondo, una benedizione non fa mai male.

Una concezione del sacramento in stile “noi speriamo che ce la caviamo” (parafrasando un libro di tanti anni fa) è, a dir dell’autore, sostanzialmente falsa perché non supporta la vita e, in ultimo, non aiuta. Invece il presupposto di partenza per iniziare a comprendere il senso del sacramento del matrimonio è molto diverso perché parte dall’assunto che i promessi sposi, riconoscendo l’amore che hanno l’uno per l’altro sperimentano, al contempo, anche una sproporzione rispetto al desiderio di felicità che caratterizza i loro cuori. Una situazione talmente misteriosa ma concreta che li porta, quindi, a domandare a Dio di accompagnarli in questo cammino aiutandoli a scoprire, giorno dopo giorno, qual è il vero bene per l’altro.

Durante il viaggio matrimoniale la compagnia divina non si manifesterà, precisa sempre l’autore, tramite giochi di prestigio ma tramite una presenza misteriosa che troverà la sua espressione fisica anche attraverso alcuni sacramenti come l’Eucarestia e la confessione.  “Se da una lampada stacchiamo il filo perché, ad esempio, esteticamente non ci piace; allora non sorprendiamo, poi, se l’efficacia dell’illuminazione della stessa viene meno”. Un legame, quindi, da mantenere nel tempo perché non venga meno l’efficacia.

Analoghe considerazioni valgono anche per la preghiera cristiana che è qualcosa, quindi, di diverso rispetto ad una generica, seppur lodevole, forma di meditazione spirituale. Infatti, anche in questo caso, se viene meno la logica della relazione difficilmente si potrà cogliere la differenza tra le due modalità mentre se, ad esempio, l’Eucarestia non viene vista come una cosa ma come una Presenza fisica allora tutto potrà assumere una luce e una prospettiva diversa. Se ci pensiamo bene quando un bambino viene al mondo ha bisogno di tutto e la sua libertà, nel crescere, è possibile solo se un altro spende la sua libertà per aiutarlo a diventare grande anche banalmente, pensando ai primi anni di vita, aiutandolo nella soddisfazione delle esigenze più materiali (mangiare, bere et…).

Chi è Dio e cosa sono i sacramenti lo possiamo, quindi, iniziare a capire nel momento in cui iniziamo a ragionare nell’ottica di incontro tra libertà dove non siamo noi a creare delle belle idee ma siamo dinnanzi ad una presenza misteriosa ma, per questo, non certamente meno vera di quella di 2.000 anni fa. Vivere questa relazione per poter gustare la Bellezza che c’è in tutte le relazioni che caratterizzano la nostra vita uscendo così da quella logica che, promuovendo una dinamica di libertà analoga a quella “dell’aspirapolvere o del buco nero”, ci porta paradossalmente ad aspirare/fagocitare tutto e tutti in cerca di una soddisfazione che, puntualmente, ci lascerà invece solo più ingolfati e vuoti allo stesso tempo.

Anche l’adorazione eucaristica diventa, infine, quel momento in cui noi guardiamo Dio. Allo stesso tempo, Lui entra in dialogo con noi in modo personale poiché Dio non è indifferente chi gli sta davanti in quanto né riconosce la nostra unicità. Afferma Padre Braschi, “Gesù non ci guarda all’ingrosso, ma guarda ciascuno di noi nella sua storia e con la propria specificità”. Pertanto, così come noi, guardando la foto di Kevin Costner mentre prega, abbiamo riconosciuto la specificità e unicità di questo noto personaggio; analogamente Gesù fa con noi attraverso i Sacramenti con i quali, riconoscendo la nostra unicità, ci viene incontro aiutandoci a scoprire il nostro vero volto in cui anche le eventuali ferite non sono errori che deturpano il quadro della nostra esistenza ma sono elementi essenziali per il completamento dell’opera d’arte che è la nostra vita.

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Autore

Alessandro Grazioli

Marito e papà di 4 bambini, laureato in Giurisprudenza presso l’Università Statale di Milano, Business Unit Eticapro, Consigliere Comunale, scrittore di libri per l'infanzia, divulgatore e influencer sociale su Socialbg

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