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La comunicazione ha sempre avuto un particolare rilievo nel contesto politico. Nel 2010 uscì nei cinema un bellissimo film dal titolo “Il Discorso del Re” il quale raccontava quanto Albert di Windsor, Duca di York (Colin Firth), avesse dovuto affrontare: una corona non voluta (dopo la rinuncia del fratello Edoardo VIII che preferì abdicare per sposare la divorziata Wallis Simpson), la Seconda Guerra mondiale e, argomento della pellicola, una balbuzie imbarazzante per colui che doveva rivolgersi all’Impero Britannico in giorni di grande tribolazione.

Ai tempi la radio era il principale mezzo di comunicazione di massa e le prove che i sudditi di sua Maestà avrebbero dovuto di lì a poco affrontare nella guerra contro la Germania di Hitler richiedevano una presenza pubblica e una voce forte e sicura, un aspetto che mancava al giovane successore al trono, alla disperata ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo. Raccontando un insolito, ma indimenticabile rapporto di amicizia tra un re e il più improbabile dei collaboratori, si giungerà al momento clou della pellicola che porterà il sovrano inglese ad assumersi le proprie responsabilità di fronte al popolo nel momento della prova.

Oggi il rapporto tra politica e comunicazione ha raggiunto livelli di interdipendenza impensabili sino a un secolo fa. Con la conquista da parte della politica del palcoscenico dei mass media, e soprattutto dei social, è difficile immaginare una politica non mediatica. Spesso la natura dello spazio pubblico si trasforma, però, da luogo del dialogo a luogo del consumo dei più svariati commenti che, di fatto, finiscono solo per creare una grande babele di opinioni in cui diventa un’impresa ardua cogliere il punto delle questioni.

La prova che attende il nostro paese è grande e, a differenza di quanto narrato nel film sopra indicato, più che della performance di un solo uomo al comando quello di abbiamo bisogno, a mio avviso, è di una leadership condivisa che possa trovare, quello si, in una persona il suo garante istituzionale.

Ecco, dunque, che la scelta di Mario Draghi è politicamente corretta perché l’ex presidente della Bce è l’unica personalità che può permettere all’Italia di rientrare nella partita internazionale proponendo una strada che, verosimilmente, sarà in linea a quanto espresso nel suo discorso al Meeting di Rimini 2020.

La comunicazione politica è interdisciplinare: vi confluiscono infatti scienza politica, sociologia della comunicazione, psicologia sociale, scienze del linguaggio. Tuttavia, mai come oggi, è importante aver chiaro che i testi di legge non sono semplici post, che i decreti hanno una valenza superiore ai tweet e che una riforma non può essere una storia su Instagram. Per questo che, sono fiducioso, che l’avvento dell’era Draghi darà nuovo lustro anche a questi temi mediatici.

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Autore

Alessandro Grazioli

Marito e papà di 4 bambini, laureato in Giurisprudenza presso l’Università Statale di Milano, Business Unit Eticapro, Consigliere Comunale, scrittore di libri per l'infanzia, divulgatore e influencer sociale su Socialbg

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