Biondi immobiliare

Premessa: appartengo anch’io al mondo della cultura e dello spettacolo. Ma non mi schiero con i tanti colleghi che in queste ore appaiono sugli schermi di tutte le televisioni nazionali (e locali) a difendere la scrupolosa osservanza delle regole (anti virus) del loro settore e pertanto protestare contro le nuove restrizioni governative. Con ciò allineandosi con tutti gli altri esponenti di altre categorie ugualmente penalizzate: ristoratori, baristi, gestori di palestre e impianti sportivi. Tutti a protestare, lamentarsi e vantare (presunte) incolumità e sicurezze. E dichiarare presunti fallimenti economici e chiusure definitive. Senza menzionare che ci saranno risarcimenti immediati e che già molti rimborsi (così come un gran numero di casse integrazione erogate al personale dipendente) sono stati riscossi nei mesi bui precedenti. Senza menzionare che sia lo Stato sia l’Europa hanno stanziato centinaia di miliardi che prima o poi serviranno a sollevare dai debiti gli interessati. E soprattutto senza sottolineare che queste nuove restrizioni avranno durata limitata. Sempre che tutti però le rispettino integralmente. O tutti, anche individualmente, facciamo la nostra parte o altrimenti non ce ne liberiamo più. Del covid!

È così difficile capire e accettare di fermarsi due, tre settimane per poter ripartire poi in sicurezza piuttosto che dover poi chiudere davvero tutto per mesi come già successo in primavera?
Possibile che ce ne siamo dimenticati così presto? In realtà la gente comune, che è maggioranza silenziosa e, tra l’altro, la più corretta e ubbidiente alle normative, mantiene comportamenti dettati da preoccupazione e soprattutto paura. Lo si è constatato con la recente riapertura di cinema e teatri rimasti deserti o semivuoti, come hanno ampiamente documentati diversi servizi giornalistici. Ecco perché non mi allineo alla protesta (pur giustificata) dei miei colleghi del settore culturale. Perché appare strumentale e persino strumentalizza.

Ecco perché non mi associo a registi, musicisti, attori, teatranti che stavolta, a mio modesto avviso, hanno perso un occasione per stare zitti e, semmai, cogliere l’occasione per offrire concreta collaborazione e soprattutto fare (una volta tanto) proposte concrete onde uscire quanto prima da questa emergenza infinita. Emergenza infinita  solo dovuta ai nostri errori, o meglio, di chi tra noi se ne frega. Occasione persa perché in una situazione come questa mi sono parsi difensori donchisciotteschi della categoria. Ma vogliamo capire che siamo di fronte a una pandemia? Cioè (non bisognerebbe nemmeno ripeterlo tra persone intelligenti) una malattia che si espande a macchia d’olio senza tener conto di confini, barriere più o meno distanziate, età, sesso e neppure categorie che osservano scrupolosamente (come dichiarano sempre in TV) ristoratori, gestori e artisti vari.

Perché non accettare un sacrificio (certo costoso, oneroso e doloroso sotto ogni punto di vista) ma limitato a qualche settimana per poi garantirci un futuro prossimo tranquillo e più sicuro? Possibile che il recente passato non ci abbia insegnato niente come l’estate vissuta in (pressoché) totale delirio edonistico? Delirio che proprio in queste settimane stiamo pagando in tutta Italia. Amara riflessione: manca a tutti noi una cosa semplicissima e elementare: il buonsenso.  Quanto sarebbe utile.  Per farci pensare e capire che di fronte a mali estremi, diceva il vecchio saggio, estremi rimedi.  Non basterebbe questo a sconsigliare ogni protesta, ogni demagogica polemica, ogni narcisistica difesa del proprio (esclusivo e comodo) “particulare”?
Se pandemia è allora non c’è bisogno (non ci sarebbe bisogno) che medici e professori sanitari di ogni categoria facciano appello all’osservanza delle regole sanitarie da parte di tutti. Qualsiasi persona comune, purché intelligente, suggerirebbe una soluzione semplicissima: isolamento. Cioè stare in casa il più possibile (tutti e su tutto il territorio) per evitare di contagiarsi e soprattutto di contagiare. Visto che il nemico (covid) è invisibile, sconosciuto (anche ai medici fino ad ora) e subdolo. E soprattutto perché è sempre lì in agguato per colpire. Cioè entrare in un organismo umano.
Ps : perché non chiudere anche i luoghi di culto? Anche in questo caso occorre spostarsi e creare riunione di persone. Come nei cineteatro e sale da concerto. Che però sono state vietate fino al 24 novembre. Verrebbe da dire con Toto’: siamo uomini o… Capocovid?
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