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“E’ proprio della filosofia provare meraviglia, né altro inizio ha la filosofia. Chi disse che Iride fu generato da Taumante non sbagliò la genealogia” (Platone, Teeteto).

Taumante (da thauma) è demone dell’abisso tenebroso e Iride è personificazione del radioso arcobaleno, come a dire che il bello ha un risvolto sconvolgente e dà una sensazione di vertigine. Stendhal la provò e descrisse questa esperienza nel tour che fece in Italia, da allora detta sindrome di Stendhal.

Meraviglia è anche dubbio: sarà o non sarà? Il dubbio muoveva Socrate a fermare tizio o caio per strada e chiedere: cos’è il bene? il giusto? Come dire: è qualcosa che conosco ma non mi è chiaro. E non barava.

Il filosofo è diverso dallo scienziato. Lo scienziato vuol sapere di più di ciò che già sa. Il filosofo dubita di ciò che sa.

La cosa, ciò che noi vediamo, è apparenza, diceva Kant, fenomeno. La verità della cosa sta oltre e ci è interdetta. Il filosofo vuol sapere l’essenza della cosa, il noumeno. Siccome la verità è totalità, occorre conoscere tutte le condizioni in cui quella cosa si pone perciò non la conosceremo mai. La totalità non è quantificabile e non si abbraccia mai. Vedo la cosa determinata ma il tutto non è determinato.

Il dubbio si ripropone. Il mondo che ci viene incontro, che si manifesta è comunque filtrato dall’IO, è un dato che l’io pensa. Il mondo offre la materia e l’IO gli dà la forma. I sensi ci mettono in contatto con la realtà e il pensiero dà la forma. Fichte, correggendo Kant, sottolineava che non solo la forma dipende dall’IO, pure la materia rientra nel pensiero, nulla è al di fuori dell’Io, la materia o non-IO è comunque riconosciuto dall’IO.

A Fichte però si potrebbe obbiettare che lui parla di assoluta estraneità (non-io) che l’io (il pensiero) riconosce; e comunque deve ammettere che qualcosa ci viene dato: altrimenti a chi darebbe forma l’IO? A nulla?

Si parla di materia: cos’è la materia? È qualcosa che ci viene incontro a cui do forma e chiamo finestra, tavolo, libro, filosofia. La finestra come finestra è perché la penso io. O forse qualcosa c’è anche se non lo penso: tant’è vero che posso sbatterci contro. Oggi i filosofi dibattono.

Come ragionavano i primi filosofi?   Empedocle parlava di quattro elementi: terra, fuoco, aria, acqua che sono mossi da due forze, amore e odio. Le cose sono frutto di amore che poi si disgregano. Non era stravagante quel discorso se anche Goethe nei suoi racconti, forse influenzato dalle nuove scoperte sull’elettricità e sui legami chimici, parla di “affinità elettive”. I suoi personaggi stanno in tensione tra attrazione e repulsione.

Ci sono le cose, la materia, ma ci vuole movimento, il movimento è vita, il cadavere non si muove. Non convince la visione platonica dell’iperuranio o mondo delle idee identiche e immutabili. Che noia! Quanto è più interessante l’Inferno di Dante, dove si scontrano passioni, rispetto alla visione statica del Paradiso, dove Angeli e Santi stanno in contemplazione della maestà divina. Appassiona e meraviglia l’uomo nelle multiformi sfumature, di delinquente e di santo.

Ancora sulla materia. Si dice identica nel vivente. Eppure ogni cosa è diversa, le forme sono diverse. Si dice che se non uguali le cose sono simili, qualcosa le rende simili. Bisognerebbe definire il qualcosa che diciamo simile. Di fatto, ciò che incontro sono forme determinate, uniche, diverse. Ogni foglia è unica, non esiste un’altra foglia identica. L’identità è metamorfica, oltre la forma, non si incontra nella forma. Leibniz parlava di identità degli indiscernibili. L’identità è materia, non è forma ma è oltre la forma, semmai si tras-forma.

Un riferimento al racconto biblico della Genesi può aiutare. “Guai a chi mangia del frutto dell’albero!” dice Dio all’uomo e alla donna. L’uomo pecca perché osa conoscere il bene e il male. Il bene e il male in sé non si distinguono, non si possono conoscere. Il bene e il male assoluto esistono nelle azioni delle persone. Anche la più buona delle azioni può avere implicazioni negative. Gli opposti esistono in relazione, come calda è questa stanza per me che vengo da fuori. La vita è polarità.

Ecco su che cosa ragiona, s’interroga e si meraviglia la filosofia. Il dubbio che l’ha fatta nascere, l’accompagna. La verità, la mia verità è costretta a confrontarsi e a rimettersi in gioco. Altrimenti non è verità.


Sintesi di Mauro Malighetti della lezione del filosofo Massimo Donà al filandone di Martinengo (10 dicembre 2021) nell’ambito della programmazione di Noesis


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